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Questa mattina sono stata in visita al Cie di Ponte Galeria, dove ieri nove ragazzi si sono cuciti la bocca per protestare contro lo stato detentivo in cui si trovano senza aver commesso alcun reato. Ho parlato con alcuni di loro e mi hanno chiesto un’unica cosa: di poter uscire, di tornare ad essere liberi.

In particolare, mi sono trattenuta con Kerim, 26 anni, arrivato dalla Libia dopo aver pagato 4000 euro quel viaggio della speranza che ormai abbiamo imparato a conoscere anche troppo bene. Anche Kerim, un mese fa, è sbarcato a Lampedusa. Ha iniziato a lavorare, poi, per effetto di una delle peggiori leggi di questo Paese, la Bossi-Fini, si è ritrovato rinchiuso dentro la “nostra Lampedusa”, a Ponte Galeria.

Lo stato detentivo dei reclusi nel Cie, la condizione di totale isolamento e la negazione dei diritti umani, è palese: per raggiungere le gabbie attraverso le quali sono riuscita a parlare con i ragazzi, ho dovuto oltrepassare diverse porte chiuse come i cancelli delle carceri, gli stessi detenuti possono sì muoversi dentro le diverse aree del Centro ma lo fanno sempre all’interno di altissime recinzioni invalicabili.

Da ieri, oltre ai nove ragazzi con le bocche cucite, tutti i reclusi nordafricani, dei 61 trattenuti nell’area riservata agli uomini nel Cie, sono anche in sciopero della fame e alcuni di loro stanno anche saltando le terapie mediche. A detta dello stesso direttore del Centro, Vincenzo Lutrelli, la situazione stavolta è seria, i giovani immigrati  sembrano intenzionati ad andare avanti fino a che non otterranno risposte.

Per questo, ribadendo la necessità di un’immediata cancellazione della legge Bossi-Fini, chiedo nel frattempo un intervento immediato del governo sull’emergenza Ponte Galeria, per porre fine a una situazione disumana. Come consigliera regionale presenterò a breve una mozione che impegni in questo senso la giunta regionale e garantisca un impegno per il monitoraggio e la trasparenza di tutto ciò che accade all’interno del Cie.

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