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03 Ott, 2017

3 ottobre 2013, la tragedia rimossa dall’odio

Filippo Miraglia, Il Manifesto

Tre ottobre 2013, al largo dell’isola di Lampedusa morirono in un naufragio 368 persone.

Quella data, il 3 ottobre, è stata dichiarata, con una legge approvata dal Parlamento, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Si trattò di una vera tragedia, documentata da immagini strazianti, come la lunga fila di bare nell’aeroporto dell’isola, che fece in pochi minuti il giro del mondo.

Il governo italiano dopo poche settimane attivò, per la prima volta, un programma pubblico di ricerca e salvataggio, Mare Nostrum, che consentì a decine di migliaia di persone di salvarsi.

Poi, come, sempre, le diffuse tendenze razziste del nostro Paese, e del vecchio continente, hanno avuto il sopravvento, nel dibattito pubblico e nell’orientamento dei governi.

Chiuso Mare Nostrum, prende definitivamente il sopravvento il punto di vista dei predicatori d’odio.

Ogni tanto qualche barlume di umanità davanti ai morti. Come davanti alle immagini del corpo del bambino siriano, Aylan, sulla spiaggia di Bodrum. Ma si tratta, quasi sempre, di parole e impegni di circostanza, di lacrime di coccodrillo.

Le politiche sull’immigrazione sono andate e continuano ad andare sempre nella stessa direzione: chiudere, fermare, controllare, respingere. La criminalizzazione dell’immigrazione e della solidarietà è proceduta a grandi passi, per dare solide basi di consenso alle scelte dei governi e dell’Ue.

In questi anni le frontiere sono state ulteriormente blindate. Sono andate avanti con grande impegno le iniziative volte a esternalizzare le frontiere, scaricando su altri governi e Paesi l’onere di fermare i flussi e di respingere.

Ricorrendo ad uso distorto e strumentale delle risorse per la cooperazione allo sviluppo. Prima la Turchia di Erdogan e poi la Libia di Serraj. Con grande dispiegamento di diplomazia e di denari pubblici.

La memoria delle vittime dell’immigrazione non sembra aver scalfito il cinismo di chi continua a considerare questo tema un’arma di distrazione di massa (le destre xenofobe e razziste) e di chi invece è convinto che per sottrarre un argomento alle destre bisogna giocare d’anticipo e, parafrasando il comico, non lasciare il razzismo ai razzisti.

Il 3 ottobre è una giornata di lutto.Per quei 368 esseri umani sterminati dalle politiche di gestione delle frontiere e per le migliaia che sono morte dopo quel giorno: 15.289 persone, secondo i dati ufficiali forniti dall’Unhcr. Più di 10 morti al giorno.

Gran parte di queste persone non ha un nome e mai avrà una degna sepoltura. I loro corpi non saranno restituiti alle famiglie. Una giornata nella quale non è accettabile esprimere solidarietà senza denunciare le politiche che hanno prodotto e continuano a produrre la strage che avviene davanti ai nostri occhi.

Non c’è spazio per una neutralità che non condanni le cause della strage.

Per fermarla bisogna far cambiare le politiche dell’Ue e dei governi europei, a partire dal nostro, e mettere in campo politiche e leggi alternative, che consentano alle persone che sono obbligate o vogliono partire di rivolgersi agli stati e non ai trafficanti

In Italia e in Europa c’è una parte consistente dell’opinione pubblica, non solo gli antirazzisti, che pensano che le vite delle persone e i loro diritti vengano prima degli interessi elettorali dei partiti.

Questa parte sana della società oggi non ha spazio e non le viene data, se non raramente, la parola.

Molto più spazio e visibilità è dato a chi predica l’odio, a chi criminalizza l’immigrazione e la solidarietà.

Il prossimo 21 ottobre è stata lanciata una manifestazione nazionale contro il razzismo. Una grande occasione per riprendersi le piazze e dar voce a chi non vuole arrendersi alle stragi e alla cancellazione dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione.

* vicepresidente nazionale Arc

14 Mar, 2014

Cie: le ragioni di una mozione, i doveri di un’istituzione

Venerdì 28 marzo, ore 9.30-13.30
Sala Tevere – Regione Lazio
Via Cristoforo Colombo, 212

Cie: le ragioni di una mozione, i doveri di un’istituzione
Cronache e prospettive dal Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria

A partire da una mozione presentata al Consiglio Regionale del Lazio per sollecitare al Governo la chiusura del Centro di espulsione di Ponte Galeria e chiedere, nel frattempo, il monitoraggio e il controllo delle condizioni delle persone trattenute, alla luce dalle esperienze di associazioni e istituzioni che operano nel settore, una discussione per evidenziarne criticità e individuare tipologie di interventi attuabili.

Ore 9.30 – Saluti del Vicepresidente della Giunta Regionale, Massimiliano Smeriglio

Intervengono
Alberto Barbieri, Medu (Medici per i Diritti Umani)
Valentina Calderone, Associazione “A Buon Diritto”
Francesca De Masi, Associazione “Be Free”
Gabriella Guido, Campagna LasciateCIEntrare
Igiaba Scego, scrittrice e giornalista

Ore 11.30 – Coffe break

Serena Lauri, avvocata
Stefania Ragusa, Direttrice di Corriere delle Migrazioni
Fabio Ciconte, Terra! Onlus

Ore 12.30 – Dibattito

Ore 13.00 – Conclusioni di Marta Bonafoni, Consigliera Regionale e promotrice della mozione

Coordina i lavori
Stefano Galieni

27 Gen, 2014

Subito in Consiglio Regionale la mozione per la chiusura dei CIE

La notizia della nuova protesta partita nel Cie di Ponte Galeria, dove 13 persone provenienti da Lampedusa si sono cucite le labbra, mi addolora ma non mi sorprende. Gia’ sul finire dell’anno scorso avevamo avvertito di come la protesta sarebbe potuta riprendere da un momento all’altro, in assenza di novita’ per la condizione dei detenuti nel Cie.

Cosi’ e’ accaduto: a quanto apprendiamo infatti 7 dei ragazzi che si sono cuciti la bocca oggi sono gli stessi che hanno messo in scena la protesta che si e’ tenuta pochi giorni prima di Natale.
E’ una volta di piu’ grave che, per ottenere di nuovo attenzione, dei ragazzi rinchiusi all’interno di quella struttura debbano esternare una richiesta d’aiuto attraverso gesti clamorosi come il cucirsi le labbra e rifiutare il cibo. E dover tornare a farlo per chiederci di intervenire subito.

Nel mio sopralluogo di dicembre scorso ho constatato che in quel luogo le condizioni di vita sono inumane e ho subito presentato una mozione, sottoscritta dalla maggioranza tutta. Nel documento si chiede al Governo la radicale modifica delle norme su l’immigrazione con il definitivo superamento della legge Bossi-Fini, e per quanto riguarda “La Lampedusa della Regione Lazio” di operare un monitoraggio per garantire ai migranti trattenuti condizioni di dignità, di rispetto del diritto alla difesa legale e alla salute ma anche l’impiego di risorse per evitare ulteriori motivi di sofferenza.

Inoltre, si chiede formalmente al Governo, visti i costi esosi e l’inadeguatezza dell’edificio che ospita il Cie, la chiusura del centro di Ponte Galeria. Il Parlamento ora deve provvedere con urgenza ad approvare le norme necessarie affinchè si possa mettere la parola fine a situazioni drammatiche che fanno notizia ma poi restano tali. La politica non può più permettersi lentezze e negligenza di fronte alla vita e alla dignita’ delle persone, di tutte le persone.

Per questo mi auguro che la mozione che ho presentato possa essere discussa e approvata quanto prima dal Consiglio regionale del Lazio.

23 Gen, 2014

Mai più CIE. Assemblea Pubblica

Mercoledì 5 febbraio, ore 17.00
Nuovo Cinema Palazzo
Piazza dei Sannitit – Roma

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Mai più CIE

In vista dell’appuntamento di sabato 15 febbario – che chiederà a gran voce la chiusura del CIE di Ponte Galeria e di tutti gli altri Centri, dove migliaia di persone vengono detenute senza aver commesso alcun reato e dove i diritti fondamentali vengono quotidianamente calpestati – mercoledì 5 febbraio alle 17:00 ospiteremo un’assemblea pubblica per costruire insieme la manifestazione.
Di seguito l’appello delle Reti Antirazziste e dei Movimenti per il diritto all’abitare.

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Mai più CIE – Diritti e accoglienza per tutti
Sabato 15 febbraio 2014 corteo al Centro d’Identificazione ed Espulsione di Roma-Ponte Galeria

Dopo le mobilitazioni dell’autunno per casa e reddito, la Roma Meticcia è tornata in piazza il 18 dicembre. Un corteo numeroso e determinato ha attraversato le strade della capitale nella “giornata internazionale dei migranti” per chiedere una legge organica che garantisca il diritto d’asilo, la chiusura dei CIE, un’accoglienza dignitosa contro il business delle cooperative a partire dal diritto all’abitare e l’abrogazione di tutti i provvedimenti legislativi in materia di immigrazione che minano la libertà e il diritto di scelta delle persone a muoversi e risiedere dove meglio credono. La mobilità transnazionale dei migranti sfida infatti le politiche neoliberali di austerity e confinamento, ponendo il tema della costruzione di un nuovo modello sociale, di una diversa modalità di vita in comune, che forza gli angusti confini degli stati nazionali ed al tempo stesso le retoriche bipartisan dell’accoglienza e del multiculturalismo.

Mentre da piazza del Popolo qualche “forcone” rivendicava una “soluzione italiana” alla crisi, noi affermavamo con determinazione che “le lotte contro l’austerità non hanno frontiere”. Pochi giorni dopo in diversi nodi decisivi del sistema di governo dei flussi migratori esplodevano proteste auto-organizzate. A Mineo, nel CARA più grande d’Italia, i richiedenti asilo riprendevano la mobilitazione contro le condizioni di vita indegne e i tempi di attesa infiniti. A Lampedusa, i migranti intrappolati sull’isola e trattati come animali nel Centro di Prima Accoglienza chiedevano dignità e il trasferimento immediato. A Ponte Galeria, numerosi reclusi si cucivano la bocca e iniziavano uno sciopero della fame contro una detenzione ingiusta e illegittima e per la liberazione di tutti i migranti imprigionati nei Centri di Identificazione ed Espulsione.

Anche nel dibattito politico le questioni connesse con le migrazioni e con il carattere meticcio della nostra società sono all’ordine del giorno dall’inizio dell’autunno appena trascorso. Da una parte, la Lega Nord e le formazioni neofasciste continuano a usare il colore della pelle di un ministro per promuovere una campagna razzista e dare visibilità alle posizioni anti-immigrati. Dall’altra, dopo ogni nuova strage in mare o “scandalo” sulla gestione dei CIE, i partiti di governo si lanciano in false dichiarazioni d’intenti, senza avere in realtà intenzione di modificare le politiche di controllo dell’immigrazione, se non in senso peggiorativo o per operazioni di facciata. La questione del reato di clandestinità e l’emendamento ipocrita appena approvato al Senato sulla materia ne sono l’ultima dimostrazione.

In questo contesto, crediamo necessario mobilitarci per rivendicare dal basso una radicale trasformazione delle leggi che governano la vita di migliaia di cittadini migranti. In continuità con le proteste degli ultimi mesi dentro e fuori i CIE, chiediamo l’immediata chiusura di questi lager, dove migliaia di persone vengono detenute senza aver commesso alcun reato, dove i diritti fondamentali vengono calpestati quotidianamente. I CIE costituiscono uno degli ingranaggi del sistema di governo dei flussi migratori, che rende la popolazione migrante illegale e ricattabile, ai fini dello sfruttamento nel/del lavoro e nella/della vita e della collocazione in un ruolo subalterno nella società. I CIE hanno un costo umano e un costo economico – di soldi pubblici – che non abbiamo più intenzione di pagare.

Al momento, oltre la metà dei CIE italiani sono stati chiusi grazie alle rivolte e alle proteste che li hanno interessati. È arrivato il momento di chiudere anche Ponte Galeria! Proprio oggi i cittadini migranti detenuti in quel luogo si sono cuciti nuovamente la bocca, ricominciando lo sciopero della fame: perché le promesse fatte dai rappresentanti delle istituzioni dopo la protesta di dicembre non sono state mantenute, perché i CIE non si possono riformare ma vanno chiusi per sempre. Vogliamo sostenere questa mobilitazione, aprendo una campagna condivisa e includente per mettere fine all’orrore di Ponte Galeria. Vogliamo farlo con i migranti auto-organizzati delle occupazioni, i movimenti per il diritto all’abitare, le reti e le associazioni anti-razziste, le comunità straniere e tutti coloro che credono che non debba esserci alcuno spazio per i CIE e per le leggi discriminatorie.

Vogliamo avviare questa campagna nel mese di febbraio, anche verso un 1 marzo di mobilitazione meticcia che non lasceremo alle passerelle dei politici, recuperandone il significato originario della partecipazione e della pratica dei diritti messa in atto dai migranti.

Invitiamo tutti e tutte a partecipare a un’assemblea pubblica mercoledì 5 febbraio alle ore 17.00 al Nuovo Cinema Palazzo, per discutere insieme della campagna che ci porterà il 15 febbraio in corteo a Ponte Galeria per dire “mai più CIE” e “diritti e accoglienza x tutti”.

Reti antirazziste
Movimenti per il diritto all’abitare

#NOcie #FacciamoliUscire #RomaMeticcia

Mercoledì 5 febbraio h. 17:00
Assemblea pubblica
Nuovo Cinema Palazzo

Sabato 15 febbraio h.15:00
CORTEO AL CENTRO D’IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE DI ROMA
#MAIPIUCIE chiudiamo Ponte Galeria

27 Dic, 2013

Lettera di Natale dal Cie di Ponte Galeria

Quando arrivo a Ponte Galeria alle 5 del pomeriggio del giorno di Natale la conta della protesta è così aggiornata: nel reparto maschile ci sono ancora 4 ragazzi con le bocche cucite, in 16 hanno passato l’ultima notte fuori coi materassi e le coperte e un freddo micidiale, in 24 ancora rifiutano il cibo (cioè saltano colazione, pranzo e cena).

L’eco dello svuotamento del centro di Lampedusa e’ ancora fortissima nonché viziata da un fraintendimento: se hanno liberato loro perché non anche noi? Se lo chiedevano gli “ospiti” del centro romano e così erano pronti anche ad arrampicarsi sui tetti per ottenere lo stesso risultato… Salvo poi accettare la spiegazione: sono stati trasferiti, non liberati.

La libertà non abita le leggi italiane sull’immigrazione.

Al Cie si vede che è Natale perché c’è meno gente, meno personale ad accoglierti all’ingresso.
L’attesa ai cancelli, i primi di una lunghissima serie che fanno di quel posto un luogo di indiscutibile detenzione, dura un po’ più dell’altra volta. Ma sono sempre tutti gentilissimi, disponibili a ogni domanda.

In infermeria un ragazzo straniero si sta facendo visitare dietro il paravento: nessun problema grave e non è uno delle bocche cucite. È proprio davanti alla sala del medico che compare don Emanuele.
“Viene qui spesso?” “Non quanto vorrei, ma tutte le volte che posso. Teniamola viva questa cosa”, mi dice quel prete dallo sguardo mite e chiaro, “questo è un posto assurdo”, aggiunge.

Gli fa eco il più giovane e gentile dei ragazzi di Auxilium che già domenica scorsa mi ha accompagnata in giro per il centro, dice “è così… Anch’io quando mi chiedono che lavoro faccio alla fine rispondo il secondino, vado in giro tutto il giorno con tutte queste chiavi, apro e chiudo cancelli”.

Don Emanuele ha appena finito di celebrare una funzione religiosa nella cappella del reparto maschile del Cie: non proprio una Messa, un momento di parola e di ascolto che ha visto insieme cristiani e musulmani. Li ho trovati stanchi ma sereni mi dice e aggiunge: innocenti. Non per la legge che li ha richiusi la’ penso io.
Don Emanuele ha anche chiesto loro di allentare la tortura che si stanno infliggendo: la vostra protesta sta avendo riscontri perché è pacifica, spiega, ma scucitevi le bocche, fatelo oggi che è Natale.

E ce la fa don Emanuele a smuoverli. Arriva uno dei mediatori del Cie a dircelo, è trafelato, quasi gioioso: hanno smesso, si sono scuciti, per rispetto della vostra religione mi spiegano poi gli stessi migranti. Ma è una sospensione, non un’interruzione, pronti a ricominciare se non arriveranno risposte vere dal governo (presumibilmente, massimo due mesi di permanenza nei Cie con valore retroattivo).

La notizia ci mette di buonumore tutti.
Don Emanuele chiede della carta e una penna: vuole andare a scrivere, con i ragazzi.

Lo raggiungiamo nella sala mensa del reparto maschile: tavoli chiari come quelli delle mense degli uffici, tutti gli ospiti del centro hanno gli occhi stravolti dalla stanchezza, un paio dormono accasciati sul tavolo.
Don Emanuele scrive sotto dettato, una lettera a Papa Francesco.

Qualcuno gli detta i suoi pensieri direttamente in italiano, più spesso c’è bisogno dell’aiuto del mediatore, in fondo alla sala il piccolo rinfresco di Natale preparato dal personale del Cie ( spumante, coca cola, panettone) può aspettare.

Oggi all’Angelus Bergoglio ha parlato dei migranti di Lampedusa, dal Cie di Ponte Galeria hanno parole per lui.

“Santo Padre”, comincia la lettera.
E poi giù un collage di pensieri e richieste che messe una dopo l’altra fanno una lettera spietata, per noi, per colpa delle nostre leggi.

Tu che hai scelto il nome del Santo dei poveri, tu che ti sei voluto chiamare Francesco, noi siamo i nuovi poveri.
Alla legge non chiediamo altro che tempi umani, non vogliamo buttare la nostra vita.
Ci siamo scuciti la bocca ma è solo una pausa, per rispetto della vostra religione, siamo pronti a cucirci di nuovo, anche le palpebre (qui don Emanuele fa fatica a scrivere alla lettera ciò che vogliono i migranti).
La nostra sofferenza è arrivata all’osso, non siamo carne da macello.
Siamo venuti in Italia col miraggio di una vita migliore, finora abbiamo visto solo sbarre.
Per me i Cie sono delle piccole Auschwitz.
Alcuni di noi hanno sbagliato ma tutti hanno diritto a una seconda possibilità.

La morte l’abbiamo già vista nel nostro Paese, la morte l’abbiamo già vista in mare, possiamo anche continuare lo sciopero della fame. Fino alla morte.

In effetti, al Cie di Ponte Galeria in 24 anche stasera, e ormai da cinque giorni, hanno rifiutato la cena.