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01 Apr, 2014

Se questo è un uomo

È stato testimone oculare della protesta delle bocche cucite a Ponte Galeria e si è impegnato attivamente per cercare una soluzione. Grazie a una richiesta di sospensiva, oggi è fuori dal Cie, con la speranza di tornare ad essere un uomo libero. Il 28 marzo, Lassad, cittadino tunisino da 22 anni in Italia, è intervenuto a un convegno che si teneva presso Palazzo della Giunta Regionale del Lazio (si trattava di un incontro organizzato per presentare la mozione della consigliera regionale Marta Bonafoni in cui si chiede la chiusura di Ponte Galeria e l’attivazione, nel frattempo, di un monitoraggio sul centro) e ha raccontato cosa significa trovarsi un quei “manicomi a cielo aperto” che sono i Cie. Ecco cosa ha detto.

«Vivo in Italia da 22 anni. Gran parte della mia storia è qui. Me ne sono capitate tante e tanti sbagli li ho fatti, ma li ho pagati. Poi mi capita che stavo rientrando con le buste della spesa, mi fermano degli agenti, mi chiedono i documenti e mi portano al volo a Ponte Galeria, in quel posto che chiamate Cie. Mi sveglio la mattina, faceva freddo, era dicembre e mi ritrovo 13 uomini che si erano cuciti la bocca per protestare. Ecco, una storia così ti segna l’anima, non te la togli di dosso. Ti accorgi di essere in una specie di lager, un lager che esiste perché ogni vita ha un prezzo. Quello che viene dato a chi ci tiene dentro. Mi pare siano 41 euro. La nostra vita costa 41 euro, cosa è 41 euro, il valore in borsa, il numero delle scarpe, è calcolato in base al nostro peso, allo spazio che occupiamo?

 

Non lo so. Ditemelo perché io non trovo le parole per capirlo. Un prezzo per le nostre sofferenze, voi che siete entrati dentro avete visto in prima persona il prodotto che è valutato in base a un prezzo. Io no, non mi stupisco di niente, mi sembra di vivere negli anni Quaranta per quello che mi hanno raccontato e per quello che ho letto. Sento un vento gelido di destra che soffia forte e da ogni parte.
Che vi devo dire? Il mondo è bello fuori, basta non calpestare i diritti di chi ti sta vicino. Io mi sento una specie di pesce fuori dall’acqua. Non ho più un paese, non sono né di qua né di là, quale dovrebbe essere la mia casa. E come non ricordare quelle scene, quelle urla, io restavo con la bocca aperta. Queste cose sapevo che succedevano 70 anni fa. E penso alla Storia. È fatta per essere messa nei libri o per essere ricordata, bisogna battere un colpo verso il mondo.

Oggi ero alla fermata della metro di Rebibbia, vicino il carcere, c’erano manifesti molto belli con persone che scavalcavano un muro e una scritta, “Liberi tutti”. Sante parole. Eppure sento dire tante cavolate, sento dire che è stata abolita la schiavitù ma credo che grandi come Lincoln si rivolterebbero nella tomba. Quanti secoli ancora dobbiamo aspettare per non dare più un prezzo ad una vita umana cari miei? Dio crea le persone e le persone vengono vendute e comperate, sono quotate sul mercato. Chi lo avrebbe mai detto che ci saremmo ridotti così.

Oggi sono fortunato, sono seduto al posto del Presidente della Regione, ho conosciuto tanta brava gente, ciò che fate voi dà un senso alla mia e alla vostra vita. Altrimenti siamo tutti inutili, finiamo in un mondo meschino, è per gente come voi che riesco a dormire la notte. Voi siete persone che stanno rimpiazzando Fanon. Lo sapete cosa diceva? Diceva che nel mondo esiste chi è pro e chi è contro, e la causa principale si chiama razzismo.

Forse non sono ancora tempi per il fascismo ma dobbiamo stare attenti, non mi sbaglio perché dobbiamo far capire che la diversità è una risorsa e dobbiamo saperla sfruttare e ascoltare, non marchiarla. La diffidenza è la madre di tutte le cazzate. Scusatemi se parlo in maniera così confusa, ma così posso dire tutto quello che ho dentro. Io sono fuggito tante volte per vivere, Ponte Galeria, Trapani, Regina Coeli e poi ancora Trapani. Ho camminato per 80 chilometri lungo la ferrovia per andarmene lontano da lì. Poi mi hanno ripreso a Roma e non ci ho capito più nulla.

Il tempo non passava mai, dovevo tenere la testa allenata e ho cominciato a contare. La gabbia in cui stavamo ha 206 sbarre, giri intorno al perimetro e le luci ti fanno perdere la ragione, di notte non distingui i colori, tutto ti sembra grigio. E io contavo: la lunghezza della gabbia è di 18 passi e mezzo, la larghezza di 8 passi e mezzo, il corridoio è di 128 passi. Non vi basta? Di notte speravo che spegnessero le luci per poter vedere le stelle, io le distinguo, cercavo di vedere l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore invece di guardare le telecamere che stanno dappertutto. Mi dicono che il Cie non è un carcere e ci chiamano ospiti. Ma io ero solo un fottuto numero con cui mi chiamavano ogni giorno, sono questi gli ospiti? Ma perché non me lo hanno tatuato addosso il numero invece di dire parole finte sul trattenimento, invece di parlare di valori che esistono solo sulla carta e che ci scivolano addosso. Non posso pensarci, stavo camminando tranquillamente per strada e mi sono ritrovato in un manicomio a cielo aperto.

Io debbo molto anche ai giornalisti, alcuni sono anche qui presenti. Ho saputo che nel 2011 il ministro dell’Interno aveva fatto una circolare per impedirvi di entrare, come mai? Non voleva farvi vedere quello che ho vissuto io? Quello che hanno vissuto gli altri? Di solito se un funzionario dello Stato compie un errore così grande si va a vedere se ne ha fatti altri, con questo Ministro è avvenuto? Credo di no, perché altrimenti avreste potuto aggiustare le leggi, cambiarle, riempirle di valori. Ma noi siamo solo gli oggetti, le merci per un business, di mezzo c’è l’economia che secondo me è corrotta.

Sembra che in Italia a troppi convenga restare così, ma ancora si può evitare di cadere nell’abisso, si possono impedire altre disgrazie. Trovate un rimedio, trovatelo voi, troviamolo insieme, non è colpa mia se da tunisino sono nato nella parte sbagliata del Mediterraneo.
Si è capito che i Cie non funzionano, lo ha detto bene il dottore che ha parlato prima di me (Alberto Barbieri, di Medu Ndr), ha parlato di ingiustizie e di soldi sprecati, di una istituzione che non serve. Se non lo capiscono gli altri o non lo accettano non va bene. Si continuerà a produrre sofferenza per tutti, per chi è dentro, per i parenti di chi è dentro, molti hanno mogli e figli in Italia, per tutti quelli che temono ogni giorno di essere presi e rinchiusi per nulla, senza aver fatto niente di male.

La vita di quelli come me è una continua roulette russa da cui non possiamo uscire. Dateci una possibilità di vivere regolarmente, di lavorare, di darvi una mano a far crescere questo Paese. Un giorno ci ringrazierete. Ma oggi, e voglio concludere, mi avete dato una speranza, se farete un monitoraggio continuo nel centro, ne potrete aiutare tanti a Ponte Galeria e scoprirete tante cose che non vanno. Scoprirete anche che ad esempio, può sembrare una cosa da niente, ma lì non c’è uno psichiatra mentre la gente impazzisce. C’è in carcere, a volte c’è in caserma, perché in un posto dove si sta tanto male non ce ne è uno?»

Lassad
Corriere delle migrazioni

15 Mar, 2014

Sui Cie non si deve abbassare la guardia

È stata approvata un paio di settimane fa, dal consiglio comunale di Roma, la mozione che propone la chiusura del Centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria. Si tratta di un’azione che riprende quella del Consiglio comunale di Torino che aveva approvato una mozione simile con la quale impegnava «il sindaco e la giunta comunale a chiedere ufficialmente al Governo di chiudere nel più breve tempo possibile il Cie di Corso Brunelleschi».
La stessa proposta è stata presentata da Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio, che auspica che la discussione avvenga il prima possibile.

Non si sa che esito avranno tali mozioni ma sicuramente rappresentano un altro tentativo, l’ennesimo, di far passare il messaggio che i Cie ormai hanno dimostrato la loro inefficienza. A dimostrazione di ciò, basta citare un dato, reso noto di recente dal Rapporto di Medici per i Diritti Umani: ovvero che appena il 47% delle persone trattenute nei Cie nel 2013 sono state rimpatriate. Ciò equivale allo 0,9% del totale delle persone straniere irregolari presenti in Italia.

Attualmente i trattenuti sono circa 450 a fronte di costi davvero ingenti. E a rendere tutto ciò ancora più grave è la condizione di precarietà in cui vivono le persone lì dentro. Il Cie è un carcere che non è un carcere, un orribile non luogo, immerso nel non tempo: una sorta di oscena e feroce matrioska, dove una gabbia contiene un’ altra gabbia al cui interno si trova una successione di gabbie, cancelli, serrature. Il risultato è uno solo: si tratta di «strutture sempre più inutili e afflittive».

Da una settimana, inoltre, è online la petizione promossa da change.org in cui vengono proposti quattro motivi per il superamento del sistema dei Cie. La chiusura di questi posti è, tutt’oggi, lontana e pare sia molto difficile che ci si possa arrivare con un atto normativo. Intanto, però, otto di essi sono già stati chiusi a causa delle precarie condizioni in cui versavano, e non tutti verranno riaperti.

È importante, quindi, che azioni come quella dei consigli comunali di Torino e di Roma continuino ad essere portate avanti, anche se la loro valenza rimarrà solo simbolica.
Lo stesso vale per le iniziative di concessione della cittadinanza a chi è nato e cresciuto in Italia portate avanti da molte amministrazioni comunali.

Si tratta di cittadinanza onoraria che ha un doppio significato: riconoscere che la cittadinanza non è solo una procedura burocratica in cui l unico criterio valido è quello della permanenza regolare ininterrotta dalla nascita alla richiesta; dimostrare che l attuale normativa che regola la materia, la 91 del 1992 è da riformare. Essa, infatti, esclude dal riconoscimento della cittadinanza numerose persone che in Italia sono nate e cresciute e che si sentono più vicine alla cultura italiana che a quella di origine.

Luigi Manconi, Valentina Brinis e Valentina Calderoni, l’Unità
13 marzo 2014

14 Mar, 2014

Cie: le ragioni di una mozione, i doveri di un’istituzione

Venerdì 28 marzo, ore 9.30-13.30
Sala Tevere – Regione Lazio
Via Cristoforo Colombo, 212

Cie: le ragioni di una mozione, i doveri di un’istituzione
Cronache e prospettive dal Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria

A partire da una mozione presentata al Consiglio Regionale del Lazio per sollecitare al Governo la chiusura del Centro di espulsione di Ponte Galeria e chiedere, nel frattempo, il monitoraggio e il controllo delle condizioni delle persone trattenute, alla luce dalle esperienze di associazioni e istituzioni che operano nel settore, una discussione per evidenziarne criticità e individuare tipologie di interventi attuabili.

Ore 9.30 – Saluti del Vicepresidente della Giunta Regionale, Massimiliano Smeriglio

Intervengono
Alberto Barbieri, Medu (Medici per i Diritti Umani)
Valentina Calderone, Associazione “A Buon Diritto”
Francesca De Masi, Associazione “Be Free”
Gabriella Guido, Campagna LasciateCIEntrare
Igiaba Scego, scrittrice e giornalista

Ore 11.30 – Coffe break

Serena Lauri, avvocata
Stefania Ragusa, Direttrice di Corriere delle Migrazioni
Fabio Ciconte, Terra! Onlus

Ore 12.30 – Dibattito

Ore 13.00 – Conclusioni di Marta Bonafoni, Consigliera Regionale e promotrice della mozione

Coordina i lavori
Stefano Galieni

28 Feb, 2014

La cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia è un tema non più rimandabile

In occasione dello ‘sciopero dei migranti’ che domani 1° marzo vedrà iniziative e manifestazioni in diverse città per protestare contro sfruttamento e razzismo ed affermare nuovi diritti in materia di immigrazione, sentiamo ancora più forte il dovere di occuparci di un tema non più rimandabile: il conferimento della cittadinanza ai bambini nati e cresciuti nel nostro Paese.

Per questo abbiamo depositato una mozione sulle cosiddette seconde generazioni che vuole definire nell’intero territorio regionale una politica di accoglienza fondata sulla parità dell’accesso ai diritti per tutti.
In particolare, chiediamo di verificare quanti Comuni del Lazio si siano dotati di un regolamento per il conferimento della cittadinanza onoraria ed inoltre appurare quanti di questi abbiano già provveduto a darla ai minori stranieri nati in Italia.

Infine prevedere nei Comuni che ancora non lo abbiano fatto la concessione della cittadinanza onoraria a tutti i nati in Italia e non ancora maggiorenni. Solo garantendo pari dignità a tutti i minori potremo parlare di giustizia e crescita culturale e sociale.

Lo dichiarano in una nota congiunta Marta Bonafoni, consigliera del Gruppo Per il Lazio e Gianluca Quadrana, consigliere della Lista Civica Zinagaretti.

25 Feb, 2014

Ponte Galeria: tentato suicidio all’interno del Cie

Con urgenza si approvi la mozione per avviare monitoraggio sulle reali condizioni di vita dei migranti

Ci è giunta notizia dell’ennesimo gesto di disperazione al Cie di Ponte Galeria. Un ragazzo di 20 anni, originario della Libia, ha tentato di togliersi la vita dopo tre mesi di reclusione nel Centro di identificazione ed espulsione alle porte di Roma.

Il tentato suicido – l’ultimo di una lunga serie di gesti estremi e autolesionisti che i migranti reclusi indirizzano verso se stessi – è un campanello di allarme gravissimo sulle condizioni di vita all’interno dei Cie, che non è possibile ignorare.

Dopo le proteste degli uomini con le bocche cucite e le continue segnalazioni di disagi e negazione dei diritti provenienti dall’interno del Centro, è sempre più urgente intervenire per garantire il rispetto dei diritti e la tutela della dignità umana all’interno di Ponte Galeria.

Mi auguro che il Consiglio regionale approvi in tempi brevissimi, la mozione che ho presentato e che è stata sottoscritta da tutti i capogruppo di maggioranza.

Un passaggio necessario per avviare al più presto un’azione di monitoraggio e trasparenza su quanto accade all’interno del Centro. L’obiettivo è di garantire ai migranti trattenuti, condizioni di dignità e di salute “decenti” monitorando l’impiego delle risorse che devono essere utilizzate per evitare ulteriori sofferenze e disagi ai cittadini che vi sono costretti.

25 Feb, 2014

EU 013. L’ultima forntiera

Mercoledì 5 marzo, ore 16.30
Sala della Protomoteca
Campidoglio – Roma

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Proiezione e dibattito sui Centri d’identificazione ed espulsione

“EU 013 L’Ultima Frontiera” è il primo film documentario girato all’interno dei Centri d’identificazione ed espulsione italiani (C.i.e.), dove ogni anno circa 8mila persone vengono trattenute per un periodo di tempo che arriva fino a 18 mesi, in regime di detenzione amministrativa, cioè senza avere commesso un reato penale e senza essere stati giudicati nel corso di un processo.

Protagonisti sono gli agenti della Polizia di Frontiera e i migranti irregolari. Grazie alla collaborazione con il Ministero dell’Interno, le telecamere sono riuscite a entrare dove nessuno era arrivato prima. Dalla sala d’attesa del Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino dove vengono fatti sostare gli stranieri in attesa del respingimento, alle gabbie dei centri dove avvengono i rimpatri forzati.

Interverranno:

Erica Battaglia, Presidente V commissione Politiche Sociali
Francesco D’Ausilio, Capogruppo PD assemblea capitolina
Gianluca Peciola, Capogruppo Sel assemblea capitolina
Marta Bonafoni, Consigliera regionale “Per il Lazio”
Raffaella Cosentino, autrice e giornalista
Alessio Genovese, regista
Stefano Galieni, campagna LasciateCIEntrare

Modera: Luciana Cimino, giornalista

EU 013 l’Ultima Frontiera è stato realizzato dagli autori Raffaella Cosentino e Alessio Genovese, alla regia, grazie al sostegno di Open Society Foundations. Il film è stato girato all’aeroporto internazionale di Fiumicino, al porto di Ancona, e nei C.i.e. di Roma, Bari e Trapani.

Il documentario è stato presentato alla 54esima edizione del Festival dei Popoli di Firenze e all’International Film Festival di Rotterdam (Official Selection).

21 Feb, 2014

Mozione ius soli

Conferimento della cittadinanza onoraria ai minori, figli di genitori stranieri, nati e cresciuti nei Comuni del Lazio

Premesso che

– il tema del conferimento della cittadinanza agli immigrati, in particolar modo a quelli di seconda generazione, nati e cresciuti in Italia al pari dei figli dei cittadini italiani con cui quotidianamente vivono e crescono, è argomento ormai non più rinviabile non fosse altro per le dimensioni demografiche che ha assunto;

– nella Convenzione Europea sulla Nazionalità, conclusa fra gli Stati membri del Consiglio d’Europa il 6 novembre 1997, ancora in attesa di essere ratificata dal nostro Paese, è previsto che ciascuno Stato, nell’ambito del diritto domestico, faciliti l’acquisizione della cittadinanza per le persone nate nel territorio e ivi domiciliate legalmente ed abitualmente;

– va data piena applicazione alle finalità della L.R. 14 Luglio 2008, n. 10, Disposizioni per la promozione e la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immigrati.

Considerato che

– a partire dalle due proposte di legge lanciate dalla  campagna “L’Italia sono anch’io” in cui 22 grandi e autorevoli organizzazioni della società civile hanno raccolto firme per dimostrare come siano maturi i tempi per una radicale riforma delle leggi relative al conferimento della cittadinanza, che ormai risalgono al 5 febbraio 1992 (legge 91) ancora basate sullo ius sanguinis;

– il Parlamento è attualmente impegnato per definire una nuova disciplina in materia di cui presto si dovrà discutere in aula;

– numerosi Comuni e Province hanno già conferito la cittadinanza onoraria a minori nati o cresciuti in Italia dimostrando di voler anche formalmente prendere atto delle profonde modificazioni sociali e strutturali intervenute grazie ai processi migratori di cui è stato investito il Paese intero.

Rilevato che

– l’articolo 3 della Costituzione Italiana stabilisce che tutti i cittadini hanno parità e dignità sociale e che sono uguali davanti alla legge senza discriminazioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali;

– a livello europeo l’Italia possiede la legislazione più restrittiva in materia di accesso alla cittadinanza, soprattutto se confrontata con quella di Paesi come Germania, Francia, Spagna, Irlanda e Belgio;

– i minorenni nati o cresciuti nella regione Lazio ammontano secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno a quasi 66 mila unità che frequentano ormai abitualmente le scuole e gli istituti di formazione esistenti;

– Milano,Torino, Bologna, Napoli, Pordenone, Crotone, Catanzaro, Perugia, Savona, Arezzo, Cremona, Ferrara, Salerno, La Spezia: sono soltanto alcuni degli oltre 160 Comuni che negli ultimi mesi hanno voluto anticipare la riforma della legge sulla cittadinanza – da tutti questi consigli comunali definita anacronistica – stabilendo che tutti i bambini sono cittadini, a prescindere dalla provenienza;

– l’elenco si allunga di settimana in settimana e include intere province come Pesaro-Urbino, Grosseto, Ravenna, Piacenza, Livorno e centri più piccoli come Sesto San Giovanni, Aversa, Cantù, Scandicci, Nichelino, Sant’Arcangelo di Romagna.

Impegna il Presidente della Regione Lazio e la Giunta

– a verificare quanti Comuni del Lazio si siano dotati di un regolamento per il conferimento della cittadinanza onoraria;

– a verificare quanti Comuni del Lazio abbiano già conferito la cittadinanza onoraria ai minori stranieri nati in Italia;

– a proporre a tutti i Comuni compresi nella Regione Lazio che ancora non lo hanno fatto, a promuovere iniziative atte a conferire la cittadinanza onoraria ai minori nati in Italia e a far sentire, almeno simbolicamente, i minori immigrati più favorevolmente accolti in funzione di migliori e più condivisi processi di inserimento sociale;

– a far sì che tale processo, che va compiuto in tempi rapidi, porti a definire nell’intero territorio regionale, una politica di accoglienza fondata sulla parità dell’accesso ai diritti.