08 Set, 2015
Lavorano e fanno figli: così i migranti finanziano l’Europa
Per salvare le nostre pensioni servono 250 milioni di rifugiati entro il 2060. Ecco perché per gli economisti sono una risorsa.
Maurizio Ricci, La Repubblica
08 Set, 2015
Per salvare le nostre pensioni servono 250 milioni di rifugiati entro il 2060. Ecco perché per gli economisti sono una risorsa.
Maurizio Ricci, La Repubblica
05 Ago, 2015
Fa riflettere il modo in cui i principali quotidiani del nostro Paese guardano all’immigrazione. Anche Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera del 2 agosto (“Sui migranti non servono sermoni”), pur tentando di rispondere alle critiche di chi protesta contro gli sbarchi e la nostra accoglienza, ritorna su un luogo comune, quello dei costi eccessivi della loro gestione, invocando addirittura il principio di uguaglianza tra migranti e italiani.
Roberta Biasillo, Il Manifesto
04 Ago, 2015
Venerdì 11 settembre, ore 17.00
Centro Baobab
Via Cupa, 5 – Roma
La Marcia degli Uomini Scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civiltà. E’ l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun modo accettabile fermare e respingere chi è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano.
Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie. Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace.
Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti.
Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze.
Venerdì 11 settembre lanciamo da Venezia la Marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi. In centinaia cammineremo scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. Ma invitiamo tutti ad organizzarne in altre città d’Italia e d’Europa.
Per chiedere con forza i primi tre necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:
1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
2. accoglienza degna e rispettosa per tutti
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino
Perché la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme.
30 Lug, 2015
Migranti e confini. Le ferite d’Europa. Un po’ per volta l’Europa sta ritrovando le sue radici: confini inviolabili, egoismi e pregiudizi nazionali e razziali, l’eredità di un secolo e mezzo di colonialismo, le conseguenze di guerre dissennate a cavallo del terzo millennio, gli effetti del pensiero unico occidentale in forma di liberismo sfrenato.
Da Lampedusa non si entra. Da Calais non si esce. Da Ventimiglia non si passa. Dalla Serbia a Budapest si viaggia in vagoni piombati. A Ceuta e Melilla, enclave spagnole in terra d’Africa, come al confine fra Bulgaria e Turchia o al confine fra Ungheria e Serbia, si alzano reticolati e muri.
Un po’ per volta l’Europa sta ritrovando le sue radici: confini inviolabili, egoismi e pregiudizi nazionali e razziali, l’eredità di un secolo e mezzo di colonialismo, le conseguenze di guerre dissennate a cavallo del terzo millennio, gli effetti del pensiero unico occidentale in forma di liberismo sfrenato. Il tunnel di Calais è una vivida metafora di tutto questo: pensato per unire, è diventato una invalicabile barriera divisoria per chi non ha i soldi del biglietto – anzi, una barriera fra chi i soldi ce li ha e chi no.
Scrivendo su un altro confine e un altro muro – quello fra Stati Uniti e Messico, la scrittrice chicana Gloria Anzaldúa conclude: il confine «es una herida abierta», è una ferita aperta, dove il Terzo Mondo si strofina con il Primo, e sanguina. Come il Rio Grande e il muro che lo costeggia, anche Lampedusa, Calais, Ventimiglia sono ferite aperte, il sanguinante confine fra un Primo Mondo sempre più selvaggio e un Terzo Mondo che non ce la fa più a sopportare fame, guerra e dittature come destini ineluttabili e viene a chiedercene il conto. Adesso questi due mondi non si strofinano più soltanto ai confini fra loro, ma anche dentro l’Europa stessa, e la insanguinano tutta; ma il senso è sempre quello: l’insopportabilità di un mondo in cui ricchezza e risorse si ripartiscono in misura sempre più ingiusta e disuguale. Un tempo, di queste ingiustizie si occupava la sinistra. Oggi, ci raccontano, sono finite le ideologie; ma la lotta di classe continua, in forme insolite e drammatiche. Da un lato, quella guerra di classe dei ricchi contro i poveri di cui ha scritto eloquentemente Luciano Gallino (e di cui la vicenda greca è una variante significativa).
Dall’altro, la più antica lotta dei poveri per avere anche loro quello che hanno i ricchi: l’immigrazione di massa è infine (ed è sempre stata) proprio questo, l’arma estrema dei dannati della terra per un minimo di accesso ai beni della terra su cui viviamo tutti. A differenza delle forme di lotta e dei conflitti sociali del secolo scorso, questa lotta non è mossa dal progetto di abbattere un sistema, ma dall’ansia di condividerlo; non dall’ostilità ma dal desiderio, dal sogno, se non dall’amore idealizzato. Solo che siccome il sistema che vorrebbero condividere è in realtà retto da egoismo ed esclusioni, la richiesta di condivisione ne mette a nudo limiti e ipocrisie, impone inevitabilmente il cambiamento e per questo l’Europa la percepisce come invasione e minaccia e cerca in tutti i modi di fermarla. Ma fermare un simile cambiamento epocale è come provare a fermare il mare con le mani.
E’ difficile dire come possiamo noi svolgere un ruolo in questa nuova lotta di classe . Il lavoro di tante forme di volontariato e di intervento di base è prezioso, aiuta, salva vite, crea rapporti; ma le dimensioni del dramma sono almeno per ora superiori alle forze che può mettere in campo da solo. Io credo che dobbiamo comunque tutti accettare che le nostre vite non possono continuare uguali come se nulla fosse, magari con un po’ di tolleranza e benevolenza in più. Né noi né i migranti ci possiamo salvare da soli: quelli che dicono “prima gli italiani” non hanno capito che entrambi abbiamo bisogno delle stesse cose – casa, lavoro, salute, scuola, diritti, tutte cose che i migranti cercano e che noi stiamo un poco per volta perdendo, e che possiamo forse salvare e recuperare insieme, per tutti.
Dobbiamo ritrovare alla democrazia il suo significato profondo, che non sta nella politica e nelle istituzioni ma nelle anime: democrazia come solidarietà, come capacità di riconoscere nell’umanità degli altri la nostra umanità stessa. C’è ancora qualcuno che lavora su questo?
Diceva un testo sacro del pensiero liberale: la mia libertà finisce dove comincia quella del mio vicino: che è precisamente un invito a vedere il vicino, specie si diverso e nuovo, come un limite alla propria libertà, come un ostacolo e un potenziale nemico. Io credo che dovremmo riformularlo: la nostra libertà comincia dove comincia la libertà del nostro vicino, i nostri diritti e quelli dei migranti sono per sempre inseparabili, la libertà di tutti noi finisce, e comincia, a Lampedusa, a Ventimiglia e a Calais.
Alessandro Portelli, Il Manifesto
23 Dic, 2014
Le sorti del personale della società Auxilium, che ha perso la gara d’appalto indetta dalla prefettura per il prossimo triennio. Al loro posto il Centro di identificazione ed espulsione viene oggi gestito da un raggruppamento di imprese guidato dalla francese GEPSA, società leader nella logistica di penitenziari e centri di detenzione. Un passaggio che pone diversi interrogativi e incide in maniera preoccupante sulle condizioni dei migranti e sulle prospettive degli ex-dipendenti.
ROMA – Il clamore delle inchieste sulla “Terra di mezzo” l’ha fatto passare in secondo piano, eppure quanto sta avvenendo al CIE di Ponte Galeria contribuisce a gettare una luce inquietante sulla gestione dei centri per migranti. Siamo alla mezzanotte di domenica 14 dicembre, quando decine di persone abbandonano il Centro di Identificazione e Espulsione, aperto nel 1999 all’estrema periferia romana. Non sono evidentemente i quasi 100 migranti trattenuti, bensì il personale della società Auxilium, che ha perso la gara d’appalto indetta dalla prefettura per il prossimo triennio. Al loro posto il CIE viene oggi gestito da un raggruppamento di imprese guidato dalla francese GEPSA, società leader nella logistica di penitenziari e centri di detenzione. Un passaggio che pone diversi interrogativi e incide in maniera preoccupante sulle condizioni dei migranti e sulle prospettive degli ex-dipendenti.
La telefonata. “Auxilium era mille volte meglio, chi gestisce oggi la struttura ha sottovalutato la situazione”. A dirlo non è stato uno dei dipendenti della società esclusa, ma Ibrahim (nome fittizio), che a Ponte Galeria è recluso da poche settimane. Raggiunto al telefono, ha raccontato nei dettagli gli effetti del cambio di gestione sulle condizioni dei migranti reclusi. “Nella sezione maschile siamo quasi 80, con dieci bagni alla turca che per i primi quattro giorni di gestione non sono stati mai puliti. Potete immaginare l’odore. Solo il 19 dicembre hanno portato la carta igienica, mentre fino ad ora non è stato ripristinato il servizio di barberia e non possiamo quindi rasarci da cinque giorni”.
La storia di Ibrahim. Accento romano marcato, Ibrahim è arrivato in Italia 24 anni fa, da ragazzino. Come molti reclusi, è stato portato nel CIE direttamente dal carcere, ma mai si aspettava di trovare un tale degrado. “All’interno del centro – ci ha spiegato con ansia – ci sono persone con gravi problemi di salute, che necessitano di cure specialistiche che non sono garantite”. Lui stesso dice di avere problemi di cuore e al sistema nervoso, di essere stato operato in passato e di dover assumere medicinali salvavita e sottoporsi a controlli costanti. Qui interviene un altro disservizio, ovvero la mancanza degli autisti, che Auxilium prevedeva anche per facilitare le visite ospedaliere: “adesso c’è solo un’ambulanza, che si mette in moto solo se uno cade per terra svenuto”. “In questo modo – prosegue – i giudici confermano la convalida di trattenimento oltre i 30 giorni anche per chi non sta bene, dicendo che non ci sono accertamenti medici che lo dimostrino”.
E i giornalisti restano fuori. Quella di Ibrahim è una fra le tante storie di persone che si trovano nei CIE pur vivendo in Italia da anni o avendo presentato richiesta di asilo. A toccare con mano la situazione sono state Barbara Spinelli, europarlamentare italiana e Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio che ha appena presentato un’interrogazione per chiedere chiarezza sul numero e sulla gestione dei centri per migranti presenti in regione. Venerdì 19 hanno visitato la struttura di Roma, incontrando i rappresentanti della nuova gestione e diversi ospiti e, all’ingresso del centro, una delegazione dei 67 dipendenti di Auxilium oggi senza lavoro. Ad accompagnarle dovevano essere alcuni giornalisti e avvocati membri della campagna LasciateCIEntrare, che per la prima volta da quando la campagna è stata istituita sono stati bloccati all’ingresso senza nessun provvedimento formale, salvo una comunicazione della prefettura che “sconsigliava” la visita, viste “le normali situazioni di disagio e criticità fisiologicamente legate alle fasi di cambio gestione”. Il racconto dell’onorevole Spinelli e di Bonafoni, accanto alla testimonianza diretta di Ibrahim e di altri migranti contattati, ai video e alle foto inviateci, sono però sufficienti a definire i contorni di una vicenda che ha ben poco di normale, tanto che Gabriella Guido, coordinatrice di LasciateCIEntrare, ha parlato di “una Guantanamo italiana, che aggiunge ulteriore disumanità a luoghi già di per sé disumani”. Per capirne meglio i contorni bisogna viaggiare dalle periferie parigine alle coste siciliane.
Chi sono i nuovi gestori. E’ alle porte di Parigi che ha sede infatti GEPSA, acronimo che sta per Gestione Penitenziari E Servizi Ausiliari, titolare dell’appalto per Ponte Galeria. La società è una branca del gruppo Cofely, holding dell’energia che ha 2200 dipendenti solo in Italia e lavora per numerose amministrazioni pubbliche. Cofely è a sua volta controllata da GDF-Suez, fra i colossi mondiali dell’energia, al secondo posto per fatturato nel 2013 con oltre 80 miliardi di euro. Nell’agrigentino ha sede invece Acuarinto, associazione culturale che dal 1996 gestisce centri per richiedenti asilo, vittime di tratta e minori non accompagnati, su finanziamento diretto del governo o tramite il sistema SPRAR. La cooperativa romana Synergasia, specializzata in interpretariato e mediazione linguistica, ci riporta infine nella capitale.
Spesa dimezzata, servizi dimezzati. Sono questi tre soggetti, con l’apporto di Cofely, ad aver vinto la gara di appalto per la gestione del CIE di Ponte Galeria, bandita dalla prefettura di Roma dopo la naturale scadenza dell’appalto della Auxilium. Una vittoria che segue a quelle già ottenute nel 2014 per i CIE di Torino e di Milano – quest’ultimo convertito in centro per richiedenti asilo – e per quello di Gradisca di Isonzo, in Friuli, che dovrebbe essere riaperto a breve. Appalti da milioni di euro, più di 2 e mezzo solo a Roma, aggiudicati sfruttando il criterio dell’asta al ribasso: oggi per Ponte Galeria si spendono circa 28 euro a persona al giorno, a fronte dei 41 euro del precedente appalto. Inevitabile che ciò si rifletta sugli ospiti. Diego Avanzato, direttore del CIE e membro di Acuarinto, ci ha spiegato come questo dato vada rapportato alla capienza massima del CIE, passata da 364 a 250 posti. A ben vedere, però, questo peggiora ulteriormente la questione: se alcune spese – come quelle per i dirigenti e per la struttura, che è la stessa – rimangono fisse, la quota riservata ai servizi sarà infatti ancora più bassa. Non a caso il pocket money destinato agli ospiti è sceso da 3,50 a 2,50 euro al giorno, e – ha raccontato Ibrahim – “non abbiamo visto né mediatori culturali né psicologi”.
Il sistema delle aste al ribasso. E’ il sistema che ha permesso a GEPSA e ai suoi soci di diventare il principale gestore dei CIE italiani – 5 oggi in funzione – e di entrare con forza anche nei centri per richiedenti asilo, dai CARA ai CDA, eliminando competitors come Croce Rossa e, per Ponte Galeria, Auxilium. Un mercato fruttuoso e difeso a suon di ricorsi incrociati al TAR: GEPSA e Eriches 29 Giugno – la cooperativa di Salvatore Buzzi, oggi arrestato per Mafia Capitale – si erano contese la gestione del CARA romano di Castelnuovo di Porto, oggi andato a Auxilium, mentre in Friuli GEPSA era stata costretta a ritirarsi dalla redditizia gestione di CIE e CARA dopo il ricorso al TAR della rivale Connecting People. A pagarne le spese sono gli ex-lavoratori, formalmente ancora dipendenti di Auxilium, che attendono il promesso riassorbimento nella nuova struttura, e soprattutto i migranti reclusi, che in poche ore hanno visto peggiorare condizioni di vita già molto difficili.
19 Dic, 2014
Al Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria siamo in un momento delicato, c’è un passaggio di consegne tra la vecchia e la nuova gestione all’interno del Cie e gli ospiti lamentano alcuni cambiamenti contingenti che a noi che siamo “fuori” potrebbero sembrare minuzie e diventano invece dirimenti questioni di dignità e di diritti dentro al Centro: da giorni gli uomini non si fanno la barba e non hanno il sapone e lo spazzolino da denti, non riescono ad avere vestiti puliti e in diversi sono vestiti con il “kit” estivo, ciabatte e pantaloncini al freddo di questi giorni, le donne ci è stato detto lamentano l’assenza di fornitura di assorbenti igienici.
Inoltre gli stranieri del Cie hanno un problema con il pocket money – per le sigarette, le telefonate – che è passato da 3,5 euro a 2,5 euro al giorno, una sottrazione di un euro al giorno che in quel contesto è molto significativa.
Oggi nel Centro sono ospitati 76 uomini e 22 donne. Il cambio di gestione dalla cooperativa Auxilium alla società Gepsa è avvenuto cinque giorni fa: i disagi e la tensione latente che abbiamo riscontrato oggi sono dunque sicuramente dovuti al recente avvicendamento, ma anche a una gara vinta “al ribasso” dalla nuova gestione. Il personale è passato dalle 67 unità di prima alle circa 35 di adesso, con turni di copresenza diurni di 7 persone, che scendono a 3 la notte. E tutto non per inadempienze della Gepsa, ma rispettando il capitolato della gara bandita dalla Prefettura di Roma.
Proprio il tema della qualità e della trasparenza delle gare per gli appalti delle strutture per migranti e rifugiati è saltato all’attenzione della cronaca con l’inchiesta Mafia Capitale: un elemento in più per farci dire oggi che su queste materie va ripensata completamente la politica nazionale.
Anche per questo due giorni fa ho presentato un’interrogazione in Regione per chiedere al Presidente Zingaretti di inoltrare al governo e al Viminale la nostra domanda di chiarezza e informazione: nella nostra regione esiste il Cie di Ponte Galeria ed esiste il Cara di Castelnuovo di Porto, sono sorte inoltre durante Mare Nostrum e in particolare durante gli ultimi mesi strutture che ospitano temporaneamente migranti in transito di cui non conosciamo nulla: ubicazione, capienza, gestione. Credo sia un diritto-dovere degli amministratori regionali invece avere contezza di ciò che accade nei propri territori, per la vigilanza e per garantire i diritti sia agli stranieri trattenuti che alla popolazione residente.
17 Dic, 2014
Ho presentato oggi un’interrogazione urgente a risposta immediata al Presidente Nicola Zingaretti perché ritengo non più procrastinabile una verifica presso il Ministero degli Interno delle procedure di assegnazione degli appalti relativi alla gestione dei Centri di accoglienza per migranti nella nostra regione.
Sul nostro territorio sono infatti presenti sia Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (C.A.R.A.), Centri di Identificazione ed Espulsione (C.I.E.) e Centri di Accoglienza per migranti e richiedenti asilo di carattere ordinario e straordinario, dislocati in maniera difforme.
Fatta salva la richiesta formulata a più riprese della necessità del superamento di strutture come il Cie di Ponte Galeria – vero luogo di sospensione dei diritti civili e umani – va sottolineato che queste strutture hanno rappresentano la risposta “scomposta” da parte delle istituzioni competenti incapaci di attuare un organico piano di accoglienza dei migranti
Le cronache di questi ultimi giorni hanno riportato notizie – anche preoccupanti – riguardanti la possibilità di realizzazione di nuove strutture a carattere straordinario nei Comuni di Pomezia (località Santa Palomba) e Nettuno, evidenziando dubbi sulla fornitura di acqua potabile garantita attraverso autocisterne, la sufficienza di abiti e cibo forniti nei Centri di Pomezia e rispetto l’inagibilità del centro di Nettuno dove mancherebbero il gas e l’allaccio all’energia elettrica. Appare impossibile non collegare queste criticità con quanto emerso dall’inchiesta “Mafia Capitale” che ha ben descritto le modalità di gestione dei Centri e l’opaco giro di affari e di appalti ad essa collegati.
Ad oggi – e questo è già una grave mancanza nel processo democratico – non è dato sapere nè al consiglio regionale, nè agli amministratori locali l’ubicazione di queste strutture, le modalità utilizzate dal Ministero dell’Interno per la localizzazione, la scelta degli stabili, degli enti gestori e le convenzioni con essi definite anche in relazione alla qualità dei servizi offerti.
Per questo ho ritenuto urgente, anche in occasione della Giornata internazionale dei migranti ricordata il 18 dicembre, interrogare il Presidente della Giunta sulle iniziative che intende avviare nei confronti del Ministero dell’interno per conoscere procedure di assegnazione degli appalti per la gestione dei Centri e la mappature con esatta ubicazione di tutte le strutture. Elementi mancanti ma necessari per espletare il ruolo di controllo e verifica e garantire percorsi democratici a tutti i cittadini.
E a completamento di questo percorso “di democrazia” venerdì 19 dicembre farò visita al Cie di Ponte Galeria. Una iniziativa istituzionale per verificare le condizioni di vita dei migranti li trattenuti, i cui particolari saranno oggetto di una conferenza stampa che si terra al termine di fronte al Centro alle ore 14.
17 Dic, 2014
Il business dell’accoglienza. Ai migranti le briciole. Il rischio è che la gestione passi tutta o quasi nelle mani di una società francese, la Gepsa per poter sfruttare le possibilità che lo Stato francese stava allora offrendo alle imprese private di partecipare al mercato della gestione e costruzione dei penitenziari d’Oltralpe. Un’apertura al privato legata alla decisione dello Stato francese di aumentare il numero dei posti disponibili nelle sue prigioni.
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09 Dic, 2014
Verifica delle procedure di assegnazione degli appalti relativi alla gestione dei Centri di accoglienza per migranti nella Regione Lazio
Premesso che
– nel territorio della Regione Lazio sono presenti sia Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (C.A.R.A.) che Centri di Identificazione ed Espulsione (C.I.E.) che Centri di Accoglienza per migranti e richiedenti asilo, di carattere ordinario e straordinario, dislocati in maniera difforme;
– ultimamente gli organi di stampa locali hanno riportato alcune notizie, anche preoccupanti, riguardanti nuovi Centri di carattere straordinario nei Comuni di Pomezia (località Santa Palomba) e Nettuno. Negli articoli vengono riportati dubbi emersi a riguardo della fornitura di acqua potabile, che viene erogata da autocisterne, in merito alla sufficienza di abiti e cibo forniti nei Centri di Pomezia e anche rispetto all’inagibilità del centro di via Tinozzi a Nettuno, dove mancano il gas e l’allaccio all’energia elettrica. Dalle testimonianze dei pochi che hanno avuto la possibilità di entrare nel Centro, si tratterebbe di ambienti inadeguati ad ospitare persone, a maggior ragione se in condizione di vulnerabilità;
– i fatti inerenti l’inchiesta “Mafia Capitale” riguardano in maniera incontrovertibile la gestione dei Centri, l’opaco giro di affari e di appalti messi in essere nella loro gestione;
– la Regione Lazio ha fra i propri strumenti un tavolo per la gestione dell’emergenza immigrazione denominato “Tavolo di Coordinamento del Progetto Regionale per l’Inclusione sociale di Richiedenti/Titolari Protezione Internazionale-PRIR-Lazio”, approvato con DGR n. 201/2011 e attivato con la Determinazione n. B8677 del 16/11/2011.
Ritenuto che
– ad oggi non è dato modo conoscere al Consiglio Regionale, agli amministratori locali, alla cittadinanza, l’ubicazione di detti Centri, le ragioni che hanno indotto il Ministero dell’Interno, per mano dei propri organi periferici, a definirne capienza, localizzazione, scelta degli stabili adoperati a tale scopo, definizione degli enti gestori, convenzioni e capitolati definiti con i suddetti, qualità dei servizi offerti alle persone, svolgimento di attività di controllo per porre a garantire trasparenza e coerenza fra servizi garantiti e realmente offerti;
– si ritiene necessario venire a conoscenza dei costi di ogni luogo di accoglienza, dei risultati prodotti dai singoli Centri nel loro compito di garantire progressive condizioni di autonomia agli ospiti, di conoscere gli elementi di criticità rilevati per consentire anche un impegno atto a contribuire alla loro soluzione.
Considerato
– il diffuso timore e disagio che si è venuto a creare nel proprio territorio a causa della mancata collaborazione fra istituzioni e associazioni, sovente determinato anche dalla scarsa comunicazione con gli organismi del Ministero che hanno disposto tali procedure;
– che tale disagio ha in alcuni casi innescato comportamenti xenofobi e di intolleranza inaccettabili nella convivenza civile. Si è passati dalla raccolta di firme per ottenere la “cacciata” dei profughi, a manifestazioni di carattere violento che, se si sedimentassero, rischierebbero di sfociare in un clima su cui è necessario intervenire prima che sia troppo tardi.
Considerato inoltre che
– la possibilità dei cittadini e degli amministratori locali di essere coinvolti in alcune scelte derivanti dagli obblighi e dai doveri di accoglienza che tutti siamo chiamati a garantire, debba andare di pari passo con logiche di trasparenza amministrativa, di corretta e completa informazione.
Tutto ciò premesso e considerato,
si interroga
il Presidente della Giunta Regionale Nicola Zingaretti
– riguardo alle iniziative che si intendono prendere nei confronti del Ministero dell’Interno per la verifica delle procedure di assegnazione degli appalti relativi alla gestione dei Centri;
– riguardo alle iniziative che si intendono prendere nei confronti del Ministero dell’Interno perché si provveda ad una mappatura che permetta di conoscere l’esatta ubicazione di detti Centri.
01 Dic, 2014
Don Luigi Ciotti e Stefano Rodotà dialogano su un’industria nascosta con un giro d’affari di 15 miliardi. […] Quel boss invisibile che siede alla nostra tavola. C’è un cibo difficile da digerire, un cibo illegale, è il cibo mafioso. Il cibo che le mafie coltivano, monopolizzano, trasportano, trasformano, vendono le economie avanzate del paese vivono solo grazie al lavoro dei migranti disprezzati.
Michele Smargiassi, La Repubblica