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22 Ott, 2015

Saskia Sassen e i predatori della vita perduta

 

Ambi­zione e rigore. Saskia Sas­sen ha entrambe le carat­te­ri­sti­che. Il suo rigore emerge nella mole di dati rac­colti, ela­bo­rati e assem­blati per dare rile­vanza empi­rica alle ambi­ziose tesi che pro­pone. Lo ha sem­pre fatto, in tutte le sue ricer­che che hanno scan­dito una vita acca­de­mica all’insegna di un noma­di­smo intel­let­tuale che l’ha por­tata a sog­gior­nare in molti paesi – Argen­tina, Ita­lia, Regno Unito, Stati Uniti – per com­pren­dere una ten­denza ormai dive­nuta realtà, la glo­ba­liz­za­zione. Dal suo noma­di­smo intel­let­tuale è infatti nato Glo­bal Cities (Utet), il libro che l’ha fatta cono­scere al pub­blico (e che è stato più volte aggior­nato), ma anche le altre opere sui con­flitti den­tro e con­tro la glo­ba­liz­za­zione (Glo­ba­liz­zati e scon­tenti, Il Sag­gia­tore), le migra­zioni (Migranti, coloni, rifu­giati, Fel­tri­nelli).
Benedetto Vecchi, Il Manifesto

 

21 Ott, 2015

Quel saluto dal balcone

La folla dei vicini l’ha assolto subito e il corteo che a sera canta l’inno d’Italia lo festeggia.
Passa da Vaprio d’Adda l’incarnazione della politica della paura, con il signor Francesco Sicignano che ha ammazzato un ladro e quando arriva la sera saluta dal balcone più alto, e non nasconde un sorriso. Forse è automatico sorridere, se questa è considerata una guerra, come non pochi gridano, se si è scampato il pericolo, e se il morto è niente più di un nemico. Ma un nemico disarmato.
Piero Colaprico, La Repubblica

24 Set, 2015

Indisponibili a essere vittime

La potenza della legge si misura soprattutto nulla sua capacità di fare cose con le parole: basta ritardare il momento in cui viene data la possibilità di inoltrare la domanda d’asilo, e i profughi diventano per legge “clandestini” che hanno eluso i controlli di frontiera e passibili, come in questo caso, di essere trattenuti in un centro di identificazione e di espulsione.
Jacopo Di Giovanni/Enrica Rigo, Il Manifesto

14 Set, 2015

L’altra metà della foto

I detenuti ungheresi che con le loro divise grigie tutte uguali vengono de/portati a completare il muro di Orban. Costretti così ad espiare la loro pena – loro che sono ristretti e senza libertà – infliggendo la medesima pena a quegli altri uomini vestiti a casaccio che gli sfilano davanti. Attoniti nello sguardo gli uni e gli altri.

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Il poliziotto turco che non riesce neppure a guardarlo il faccino di Alan, e per questo gira la testa di lato, verso destra, fragile mentre lo porta in braccio. Lui che in rappresentanza di uno Stato intero deve pattugliare le spiagge del Mediterraneo e garantire sicurezza. E invece quel corpo fra quelle braccia in divisa sembra pesare quanto una montagna e non più una manciata di chili.

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Le famiglie tedesche, madri padri figli nonni tutti, che quasi hanno sorrisi più larghi degli stessi migranti mentre donano loro cibo, vestiti, giocattoli, o anche soltanto un passaggio in macchina che li porti un po’ più in là lungo il chilometraggio della loro esistenza.

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Ecco. Nel mezzo di questo esodo di vite che sta facendo la storia, sono sempre più convinta che è guardando l’altra metà della foto che possiamo davvero renderci conto del fatto che il dramma dei rifugiati non sta soltanto parlando a noi.

Parla di noi.

11 Set, 2015

La Resistenza oggi marcia a piedi scalzi

E’ in questi giorni di settembre che, settantadue anni fa, comincia la guerra di Liberazione. Con la firma dell’armistizio, la gente è confusa, stordita ma intanto, impetuosa, cresce la rivolta di popolo contro l’esercito nazista. Nei ricordi ancora vivi (a saperli cercare) di quei giorni, si affacciano storie straordinarie ma in apparenza poco rilevanti, quelle del fornaio, del contadino, della suora coraggiosa. Sono le storie delle persone comuni, quelle che cambiano il mondo davvero, in profondità. C’è una relazione impressionante, a quella scala “minore”, a quelle grandi profondità delle viscere di una società, con le storie e le immagini dei migranti e dei rifugiati che oggi fuggono dalla fame e dalla guerra. Sono persone alla ricerca, spesso disperata, di un’esistenza da vivere con libertà e dignità. Oggi come settantadue anni fa. Per molti, essenziali aspetti, la Resistenza non è finita, la lotta per la Liberazione neppure, si è semplicemente arricchita di nuove lingue e nuovi colori. Un tempo aveva le scarpe rotte, oggi se le è tolte e marcia scalza.

 

Veniamo da giornate in cui in centinaia di piazze e strade d’Italia si è celebrato il settantaduesimo anniversario dalla firma dell’armistizio. E l’inizio della guerra di Liberazione.

Mi è capitato, come rappresentante istituzionale, o semplicemente da militante antifascista, di frequentare alcune di queste piazze, a Roma o in qualche cittadina della Provincia. E voglio raccontarvi cosa – tra l’altro – ho visto e sentito.

Storie innanzitutto di una rivolta di popolo, che accompagnò le ore immediatamente successive l’annuncio del generale Badoglio, la firma dell’8 settembre, radiodiffuso alle 19.45 della sera tanto nelle mense delle caserme quanto nei bar di paese. Storie poi di soldati e popolani che insieme, alla rinfusa, con pochissimi mezzi e tantissima fame si organizzano velocemente per reagire all’oppressore, l’esercito nazista aiutato dai fascisti che aderiscono alla RSI. Cominciano le prime battaglie, le azioni di guerriglia, i primi caduti della Resistenza.

Storie di comandi confusi, lo stordimento di chi si ritrova dalla sera alla mattina ad avere nemico chi prima era un alleato, e nemici ora diventati a loro volta gli alleati. Storie anche piccolissime: c’è il fornaio, il contadino, i bambini, quel ragazzo, i ferrovieri, l’impiegato della posta, la suora coraggiosa, il prete disobbediente, tantissime donne. Tutti uniti a combattere contro l’invasore.

Bene, nelle piazze di questo ultimo 8 settembre mi è capitato di vedere le foto e sentire le storie di questi uomini e donne, accanto alle foto e alle storie dei rifugiati. Sì, le foto dei migranti che in queste settimane sono entrati nelle case degli italiani attraverso la televisione e hanno invaso le nostre coscienze. Alcuni ammassati in convogli piombati, tragiche e precise rievocazioni anche quelle.

Quel tessuto civile e democratico, nato dalla Resistenza e scritto nella nostra Costituzione, vive, deve vivere, oggi. Anche gli uomini e le donne che sbarcano ora sulle nostre coste o risalgono i binari ferroviari fin nel cuore dell’Europa ripudiano la guerra, scappano dall’oppressore. Ancora di più: hanno ingaggiato una battaglia enorme per la libertà e la dignità. Quella battaglia è anche la nostra, banalmente anche solo perché il mondo è uno solo, non esiste il “loro” mondo e il “nostro”.

Oggi più che mai, allora, la memoria degli anni che furono deve essere viva, presente, utile ai giorni che affrontiamo e non solo a guardarci alle spalle. Radici che devono finalmente poter far nascere un albero migliore, più giusto, con frutti forti che abbiano un sapore buono per i molti e non solo per i pochi.

La Resistenza non è finita, la lotta per la Liberazione neppure, si è semplicemente arricchita di nuove lingue e nuovi colori. Sta a tutte e a tutti noi declinarla in questi tempi, che sono fragili e incattiviti, ma hanno molte luci che resistono. In mezzo alle ombre.

Buona marcia scalza.

Comune-info

10 Set, 2015

Marcia delle donne e degli uomini scalzi: saremo presenti

“Ci saremo, perchè quella di domani è una giornata di solidarietà, di rispetto, di accoglienza che nasce spontaneamente dalle coscienze e dalla sensibilità di ognuno di noi. Una risposta che ha il sapore della ribellione verso i governi che operano respingimenti inumani, che criminalizzano donne, uomini e bambini costretti alla fuga. Domani si griderà più forte di chi in questi mesi ha fomentato paura e allarmismi.

Noi ci saremo per unirci alla richiesta di politiche migratorie europee e globali in grado di affrontare il dramma di centinaia di migliaia di persone che fuggono dalla fame e dalla guerra. Un modo per dire che c’è una coscienza che viene da questa parte del mondo, che non abbiamo paura di accogliere e che siamo interessati al destino delle persone più che a quello dei confini nazionali.”

A dichiararlo in una nota Gino De Paolis e Marta Bonafoni, Capogruppo e Consigliera Sel alla Regione Lazio.

10 Set, 2015

Accoglienza: detenzione ed espulsione

Lunedì 12 Ottobre, ore 17.30
Casa Internazionale delle Donne
Via della Lungara, 19 – Roma

La vicenda delle 66 donne nigeriane, trafficate in Libia e approdate a Lampedusa e su altre coste siciliane questa estate, brucia ancora nella coscienza della parte più sensibile della società civile.

Sono state condotte come “clandestine” nel C.I.E. di Ponte Galeria (Roma) senza essere messe in condizione di richiedere asilo politico (pur essendo identificabili in maniera immediata quali vittime di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale).

Successivamente una buona parte di loro ha subito l’espulsione. Per altre, che sono riuscite ad ottenere lo status di rifugiate politiche, appare assai complesso l’inserimento nei percorsi di protezione previsti dal diritto internazionale e dalla legislatura italiana.

Contemporaneamente, per la popolazione migrante che arriva sulle nostre coste per sfuggire alle guerre e alle persecuzioni il sistema di “accoglienza” si dota di hotspot, hub chiusi e hub aperti che sono sostanzialmente luoghi di detenzione.

Si intensificano i voli per il rimpatrio, si immaginano classificazioni perentorie quanto improponibili tra migranti “politici” e migranti “economici”, Frontex stringe sempre di più le barriere difensive intorno ad una Europa inaccogliente.

BeFree cooperativa sociale contro tratta violenze discriminazioni, che nell’ambito del suo “storico” lavoro all’interno del C.I.E. di Ponte Galeria ha seguito alcune delle nigeriane vittime di tratta su mandato della Commissione Territoriale per il diritto di asilo, insieme alla Campagna LaciateCIEntrare ed alla Casa Internazionale delle Donne, invitano al Convegno
ACCOGLIENZA: DETENZIONE ED ESPULSIONE

INTRODUCONO
Oria Gargano, BeFree – Francesca Koch, Casa Internazionale delle Donne – Gabriella Guido, portavoce Campagna LaciateCIEntrare

BREVI PRESENTAZIONI
Hot Spots: Fulvio Vassallo Paleologo, Clinica legale per i diritti umani (CLEDU), Universita’ di Palermo
Tratta di Esseri Umani: Francesca De Masi, BeFree
Accoglienza: Yasmine Accardo, referente territori campagna LasciateCIEntrare

DISCUSSIONE APERTA
moderata da Loretta Bondì, BeFree

POLITICA E ISTITUZIONI: Helena Behr, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale. Marta Bonafoni, Regione Lazio. Celeste Costantino, Parlamentare, SEL. Francesca Danese, Assessore Politiche sociali, salute, casa ed emergenza abitativa Comune di Roma. Corrado de Rosa, DPO. Eleonora Forenza, Parlamento EU, L’altra Europa con Tsipras. Mariagrazia Giammarinaro, Special Rapporteur Onu sul traffico degli esseri umani. Lucia Iuzzolini, SPRAR. Roberto Leoni, vice prefetto del Governo di Roma. Gennaro Migliore, Presidente commissione parlamentare di inchiesta sull’accoglienza. Elisabetta Rosi, Consigliere della Corte di Cassazione. Tiziana Zannini, Dpo.

ASSOCIAZIONI: Bianca Benvenuti, Centro Operativo Diritto d’Asilo. Suor Eugenia Bonetti, Slavensnomore. Casa delle Donne Lucha y Siesta. Donatella D’Angelo, Cittadini del Mondo. Jacopo di Giovanni, avv. Daniela Di Rado, CIR. Stefano Giulioli, Comune di Roma, Roxanne. Enrica Rigo, Clinica del Diritto RomaTre. Giorgia Serughetti, ricercatrice. Vittoria Tola, Referente Nazionale UDI.