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26 Nov, 2017

25N un bilancio fatto di forza e futuro

Pensiero a bilancio di questo #25novembre 2017.

Dopo che ieri mattina le voci di centinaia di donne hanno riempito l’aula di Montecitorio. Dopo che ieri pomeriggio la marea di decine di migliaia di corpi ha camminato per le strade di Roma.

Mi viene da pensare questo: che la forza delle donne che con i loro NO si sono ribellate a uomini violenti, accanto alla passione delle donne che praticano sorellanza e solidarietà, accanto all’elaborazione delle donne che cercano risposte intorno a un nuovo ordine mondiale fatto di giustizia e parità, ecco tutta questa forza energia competenza sta facendo più forti anche la democrazia e le istituzioni del nostro Paese.

E anche se la politica pare capace ancora di un ascolto solo parziale, e pure se i mass-media sembrano attrezzati per un racconto solo intermittente, il cammino mi sembra segnato. E la meta inevitabile.

D’altra parte le donne lo sanno, il compito che si sono date è enorme, da far venire i brividi: dobbiamo sovvertire secoli di rapporti di potere e sopraffazione da parte degli uomini. E dobbiamo farlo anche con gli uomini.

Ma il cambiamento è iniziato.
Siamo dentro la storia.
Perché la stiamo scrivendo noi.

#NonUnaDiMeno

24 Nov, 2017

Amazon, via allo sciopero: «Siamo rotti e sfruttati»

Massimo Franchi, il Manifesto

Primo e storico sciopero ad Amazon. Questa mattina alle 5 partirà il presidio dei sindacati all’ingresso dell’Mpx5, il gigantesco capannone di Castel San Giovanni, nella valle piacentina della logistica. Se in Francia e Germania erano già stati organizzati scioperi nel 2015, qui da noi si è scelto di partire colpendo il Black Friday, termine di importazione americana del giorno dedicato ai saldi.
DIFFICILE CHE IL «VENERDÌ NERO» blocchi il sistema di consegne: a far andare avanti la «macchina» saranno i lavoratori interinali – contraddistinti dal badge verde al collo – che da ieri subiscono «pressioni da parte dei capi».
PROPRIO LA LORO SITUAZIONE è al centro delle rivendicazioni dei lavoratori che hanno deciso per lo sciopero. «Vogliamo far capire all’azienda che c’è disagio, specie fra chi è costretto a lavorare solo di notte o quasi a chiamata», spiega Beatrice, 26enne della vicina Sarmato – una delle poche a non aver paura a parlare – che ad Amazon lavora dal 2012 e solo a fine 2016 ha avuto un contratto a tempo indeterminato. «Noi a tempo indeterminato pre Jobs act siamo come dei resistenti – racconta Alessandro (nome di fantasia) – siamo pochissimi e già siamo distrutti fisicamente».
LA FLESSIBILITÀ a Castel San Giovanni è tale che neanche il numero dei dipendenti è certo. Se i tempi indeterminati (in maggioranza assunti col Jobs act) sono circa 1.650, il numero di lavoratori somministrati – selezionati e assunti dalle agenzie interinali Adecco, Manpower, Gi Group – sono fluttuanti – dovrebbero essere circa 2mila – e aumentano nel periodo natalizio.
«MOLTI SONO ASSUNTI espressamente per fare il turno notturno (che va dalle 22 alle 6, mentre quello del mattino arriva alle 14 e il pomeridiano alle 22, ndr), quasi tutti gli altri hanno il contratto Mog (monte ore garantite, ndr) che in teoria sarebbe un part time a tre giorni ma che nella realtà diventa un lavoro a chiamata quando i capi ti dicono: “Sarebbe opportuno che tu venga” e poi il giorno dopo ti fanno applaudire perché hai accettato, insomma una bieca forma di sfruttamento», continua Alessandro.
APERTO DAL 2011, NELL’HUB piacentino i sindacati non sono entrati fino a quest’anno. «Siamo riusciti a tenere le assemblee con complessivamente 500 lavoratori – spiega Fiorenzo Molinari della Filcams Cgil – e a presentare una proposta di contratto integrativo. Ma l’azienda continua a non rispondere ed è venuto il momento di farle capire che vogliamo fatti, non parole».
LO SCIOPERO DI OGGI – proclamato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs ed dalle categorie dei somministrati Felsa Cisl, Nidil Cgil Uiltemp – è rivolto anche ai lavoratori somministrati e prevede anche «il blocco delle prestazioni lavorative in straordinario fino alla fine dell’anno», il più fruttuoso per l’azienda, il più pesante per i lavoratori.
LA PESANTEZZA DEL LAVORO è l’altra grande rimostranza degli addetti. Divisi in picker – coloro che smistano i pacchi muniti di pistola – packer – quelli che fanno gli imballaggi – e settore spedizione, la mansione più pesante è senza dubbio quella di picker: «Fai anche 17 chilometri in un giorno, sei sempre in movimento e pieghi la schiena in continuazione. Io ho moltissimi colleghi e colleghe con patologie muscolo-scheletriche alle articolazioni, ma nessuno riesce ad ottenere il riconoscimento delle malattia professionale perché l’azienda rimanda le visite per la certificazione», spiega Beatrice. «Dopo 5 anni di questo lavoro sei già da buttare: molti miei colleghi si sono licenziati sfruttando la buonauscita», sottolinea Alessandro. «La pratica delle buone uscite porta ad un turn over altissimo che l’azienda sfrutta per tenere basso il costo del lavoro», chiosa Molinari.
IN VERITÀ I LAVORATORI di Castel San Giovanni godono di condizioni contrattuali migliori rispetto ai due nuovi hub aperti da Amazon. «Hanno il contratto dei servizi, un tempo indeterminato full time prende 1.450 euro. A Passo Corese, magazzino appena aperto vicino Rieti, e in quello che sta per aprire a Vercelli, l’azienda applicherà ai dipendenti il contratto nazionale della logistica, sensibilmente più basso», spiega Massimo Mensi che per la Filcams fa parte dell’Alleanza sindacale mondiale per Amazon. «In Europa la nostra strategia è comune: riuscire a contrattare con l’azienda. Ma ancora nessuno c’è riuscito».

20 Nov, 2017

A #Ostia l’unico trionfo e’ quello dell’astensione

Rubrica n.10 in diretta su #RadioPopolare

A #Ostia è stato un trionfo.
Dell’astensionismo però.

Al secondo turno non è andato a votare il 66,4% degli aventi diritto. Altrimenti detto: ieri alle urne si è recato il 33,6% degli elettori (meno 2% rispetto al primo turno). La candidata del Movimento Cinque Stelle è stata dunque sì eletta con il quasi 60% dei voti, ma vista la non partecipazione al voto significa 37.000 cittadini sui 230.000 che dovrà rappresentare. Il 16%.

Un disastro, per la democrazia prima ancora che per i partiti. E questo dopo il commissariamento per mafia durato due anni, le inchieste, le capocciate, gli attentati…
Urge ricostruzione vera.
Uno sguardo alla politica, rapido rapido.

A occhio tutti hanno un problema alla propria sinistra: il Pd con Mdp e Si e Possibile, questi tre con il Brancaccio, il Brancaccio con la partecipatissima assemblea di sabato dell’ex ong Je so pazzo.
Ciascuno chiede un passo indietro all’altro.
L’ultimo deve essere quello in cui si spalanca il baratro.

Infine, e’ la settimana che porta al corteo del #25novembre. Fioccano iniziative ovunque: mostre cortei assemblee.
Un’effervescenza vera, di cui il recente G7 Pari Opportunità di Taormina semplicemente non si è accorto. “Un’occasione mancata”, dicono le donne della piattaforma Cedaw.
L’ennesima.

Ps la mia rubrica in diretta su www.radiopopolare.it torna come al solito lunedì prossimo alle 7.50 circa.

Qui potete riascoltare il podcast http://www.radiopopolare.it/podcast/il-demone-del-tardi-copertina-di-lun-2011/

19 Nov, 2017

A Subiaco un progetto che parla di futuro e inclusione

Lo scorso weekend ho incrociato una storia che vale la pena di essere raccontata.

Sono andata a Subiaco, una terra bellissima della nostra Regione.
Subiaco come tutte le aree interne del nostro Paese ha un problema: la tendenza a spopolarsi è sempre in agguato, si spopolano i centri abitati come le campagne. Subiaco in particolare ha ettari e ettari di uliveti (è terra d’olio) che se non curati rischiano di andare al macero.

Subiaco si confronta anche con un altro tema, anche questo nazionale. Anzi, mondiale. L’immigrazione, e la sua altra faccia: l’accoglienza. In particolare in paese c’è una comunità per minori stranieri non accompagnati.

A Subiaco quindi ci sono due potenziali emergenze, che un gruppo di giovani riuniti nell’associazione “Bambini più diritti” guidata da Matteo Mennini ha saputo trasformare in una grande opportunità.

Il meccanismo a guardarlo da vicino è semplice: in pratica i ragazzi del centro d’accoglienza svolgono dei tirocini nelle campagne di proprietà dei residenti di Subiaco. Aiutano il signor Pasqualino (viso e mani segnati dalla campagna) a raccogliere le olive. Così la sua campagna si rigenera, i ragazzi si formano e quando diventano maggiorenni hanno una competenza in più da mettere in gioco (uno di loro è già stato assunto dalla stessa associazione). In più i prodotti che escono dalla trasformazione delle olive in parte vengono usati per alimentare il progetto, in parte contribuiscono al sostentamento della famiglia di Pasqualino.

La chiamano agricoltura sociale, è una genialata pazzesca.
Che giustamente il giovane e bravissimo sindaco di Subiaco Francesco Pelliccia vuole portare ad esempio di un’accoglienza possibile: contro il razzismo strisciante un progetto che fa bene al territorio oltre che ai ragazzi stranieri vale più di mille parole.

L’ho fatta più lunga del solito ma mi pareva ne valesse la pena.

A Subiaco ho incontrato bellezza, territorio, borghi, tradizione, differenze, identità, economie, intelligenza, sapori, mestieri. Un nuovo modello di sviluppo che tiene insieme tutto: il futuro della terra in cui viviamo insieme al presente della nostra civiltà.

16 Nov, 2017

Oggi a Ostia per la libertà di stampa e contro le mafie

Oggi alle 17 sarò a #Ostia con Libera e l’Fnsi per difendere la libertà di quel territorio e di noi tutti/e.
Ci andremo con l’arma più forte di cui disponiamo: la nostra Costituzione.
Perché non è l’esercito che potrà fare la differenza, ma una riscossa civile che parli il linguaggio della legalità, dei diritti e dell’uguaglianza.
L’aggressione di Roberto Spada è di una settimana fa. E quella capocciata fa ancora male. E non deve smettere di farci indignare.

14 Nov, 2017

#lacasasiamotutte

Alla Casa Internazionale delle Donne.
Ieri sera, per tre ore tutte d’un fiato.
E’ stata un’assemblea straripante, in cui l'(auto)determinazione si respirava.

Affollatissima: il traffico intorno era tutto bloccato. E infatti si è riempita la sala grande, e quella per arrivarci, e il corridoio. E così è stato necessario attivare lo streaming giù al ristorante.

La certezza che alla fine la vinceremo è avanzata intervento dopo intervento implacabile. Come la rivoluzione femminista.

Una ha detto “doppiamo uscire dalla morsa in cui ci hanno stretto, tra i manganelli e i palpeggiamenti”.
Un’altra ha detto “lo sfratto è la mossa di una politica piccola piccola, qua c’è la politica grande grande”.
Una ancora ha detto “non siamo morose siamo molto amorose. Ma pronte a diventare diavole se ci toccano”.

Quindi oggi c’è l’incontro col Comune e la linea è: riapertura della trattativa e immediata sospensione dello sfratto.

Semplicemente, non esiste un piano B.
#lacasasiamotutte

13 Nov, 2017

#Renzi e #Ventura, i Neri di #Ostia e quelli polacchi

Rubrica n.9 in diretta su #RadioPopolare

Fragili e appese a un filo.

La qualificazione dell’Italia ai mondiali e la tessitura di un complicatissimo accordo dentro il centrosinistra si somigliano moltissimo.

Oggi, lunedì 13 novembre, siamo all’ennesima attesa dell’ennesima direzione del #Pd dove chissà se davvero accadrà qualcosa di nuovo.
Intanto, fra un Renzi che prepara il discorso, un #Pisapia che alimenta la fiammella, un Veltroni che dice “folle non unirsi” fa capolino #LauraBoldrini.
Due considerazioni su questo: 1) finalmente una biografia (e un genere) diversa; 2) trovarla fianco a fianco con Grasso riporta alla loro elezione e al risultato conseguito quasi cinque anni fa da Italia Bene Comune… forse l’unico.

A #Ostia è la settimana del ballottaggio e non si esce dal clima da Romanzo Criminale: rischia l’espulsione (rischia??) il candidato di FdI che su fb ha scritto a Roberto Spada (quello della capocciata): ripjamose Ostia.
Martedì il comitato per l’ordine e la sicurezza si riunisce in X municipio, giovedì manifestano Libera e FNSI, domenica si vota con l’esercito ai seggi.

I neri intanto fanno sempre più paura anche in Europa. In 60000 hanno sfilato a Varsavia, il governo polacco ha commentato: “un bel patriottismo”. Con la croce uncinata!

Infine l’avvicinamento al #25novembre.
Per la prima volta ci si arriva non con un rumore di fondo che cresce ma nel frastuono della più grande denuncia per molestie sessuali mai avvenuta su scala mondiale. Su questo – credo – una sola raccomandazione a noi tutte: non ci facciamo confondere dalla spettacolarizzazione, e non giudichiamo. Ascoltiamo una per una, con rispetto, le denunce delle donne. Le nostre denunce.

Qui il podcast di oggi: http://www.radiopopolare.it/…/il-demone-del-tardi-copertin…/)

07 Nov, 2017

Camila e Adriana, una storia d’amore sbocciata a Rebibbia

GayNews

La sposa è raggiante, col suo vestito di pizzo azzurro, le scarpe blu elettrico, la carnagione scura e i capelli raccolti in una treccia. Anche la moglie non è da meno, impeccabile nel suo tight e quell’elegante gilet che fa un bel contrasto col caschetto biondo. Sono emozionatissime, d’altra parte in tutti i matrimoni va così. E quando dall’altoparlante della chiama la voce scandisce “Le spose possono uscire!”, appena fuori dalla soglia parte una pioggia di riso che le raggiunge dai piani alti.

Questa è la storia di Camila e Adriana e del loro matrimonio speciale. Speciale, certo, perché solo da una manciata di tempo in Italia anche due donne o due uomini possono unirsi civilmente di fronte allo Stato. Speciale ancora di più, nel loro caso, perché la cornice dell’unione costituisce una prima volta, un inedito: il carcere femminile di Rebibbia a Roma.

Ho conosciuto Camila e Adriana in un assolato sabato di fine ottobre. La loro storia ha fatto scalpore e ha dato il via a un dibattito delicato, importantissimo, quello intorno all'”affettività in carcere”, la possibilità cioè per una coppia di stare insieme e scambiarsi baci e carezze nonostante le sbarre. Cosa evidentemente impossibile per un uomo e una donna, visto che i reparti dei penitenziari sono rigorosamente separati tra maschile e femminile. Fattispecie che per la prima volta in Italia si è realizzata invece là, nella cella numero 84 al secondo piano del reparto cellulare, ribaltando almeno in questo caso la gerarchia dei diritti tra eterosessuali e omosessuali del nostro Paese. I primi svantaggiati rispetto ai secondi, i secondi pronti ad aprire una strada nuova, che possa alla fine del percorso chissà… produrre un passo avanti per tutti.

La faccenda è delicatissima, e a spiegarmelo mentre raggiungiamo il reparto sono in tanti: la vicedirettrice del carcere, il cappellano di Rebibbia, il garante dei detenuti del Lazio e persino la damigella delle spose. E non è delicata solo in punta di diritto, bisogna andarci cauti proprio parlando d’amore.

Quando sei rinchiuso infatti, specie tra donne, è facile per la solitudine e per le tante mancanze che si soffrono scambiare un’amicizia per qualcos’altro, non fermarsi a una carezza e proseguire oltre.

«Speriamo che duri» è la frase che mi dicono tutti mentre raggiungiamo la cella delle spose: il cappellano, che si è ritrovato a fare da testimone il giorno del matrimonio; l’agente di polizia penitenziaria che «certo che ci sono andato alla cerimonia, una volta che succede una cosa bella qua dentro», la damigella che in questo strano condominio tutto di donne è la dirimpettaia della coppia.

Tutte queste attenzioni da parte dell’amministrazione, all’inizio, Camila e Adriana le avevano scambiate per una specie di “persecuzione”. Ora invece ci tengono a dire che sono grate a tutti, per la cura con cui hanno seguito la loro storia. E – naturalmente – per il lieto fine che è stato scritto: va bene, ha disposto alla fine la direzione del carcere, la vostra condotta è buona e anche il rapporto con le altre detenute, dunque potete condividere la stessa cella.

“La nostra casa”, la chiamano loro. Un letto a castello, un armadietto dove si intravede della frutta, un fornelletto elettrico, un cane in miniatura sopra a una specie di comodino, la TV accesa sul telegiornale, il bagno. Non c’è ordine in giro, c’è qualcosa di più: segni di una stanza vissuta, di una vita “normale”.

Una dimensione che Camila e Adriana si sono conquistate dopo due anni e più di qualche fatica. La principale quando Camila, la più grande delle due (ha 29 anni ma ne dimostra 25 come la sua compagna) ha ottenuto il permesso di andare a lavorare fuori durante il giorno. Un premio per le altre, una specie di tortura per lei che – arrivata dal Brasile solo quattro anni fa – dice «Adriana è tutta la mia famiglia».

La storia del dentro/fuori dura solo tre mesi: «Ci parlavamo dalle grate, lei al secondo piano io al piano terra», mi racconta Camila. Troppo, e così addio permesso premio e sono tornate insieme. Per Adriana quella è stata la prova definitiva del loro amore: all’inizio aveva paura che Camila si fosse sbagliata, che avesse solo scambiato un’amicizia per qualcosa d’altro.

Lei «omosessuale sin dalla nascita con altre storie alle spalle», la compagna al suo primo rapporto non eterosessuale. E così la scelta di sposarsi, e i confetti, e la festa nel chiostro del carcere, e quel primo lento insieme sulle note di Alessandra Amoroso prima di scatenarsi ballando con le altre detenute nello “spazio socialità”, e tutti commossi compresi i genitori di Adriana, due signori di origine polacca a Roma da una vita, che hanno dato una mano alle spose in tutto e per tutto: dai documenti per l’unione alle fedi, che le neospose indossano in coppia coi loro anelli di fidanzamento.

Sempre i genitori di Adriana aiuteranno tra qualche mese Camila, una volta uscita dal carcere. Vuole andare in Brasile per portare in Italia suo figlio Gabriel, che ha dieci anni e sa che mamma ha un’amica speciale che già gli va a genio, perché gli ha regalato un pallone firmato da Ronaldo che custodisce gelosamente nella sua cameretta.

E quando l’anno prossimo sarete fuori tutte e due, chiedo, come la immaginate la vostra vita? Avete già una casa dove andare tutti e tre? Prima di salutarci è Adriana a rispondermi, con la calma di chi dopo tanto penare non vuole precipitare le cose.

Andranno a stare per un po’ dai suoi, cercheranno un lavoro, un po’ di stabilità. Ma una cosa è certa, si piazzerà davanti alla playstation con Gabriel e partirà la sfida a due. Come succede in un sacco di case, come succede in qualunque famiglia.

06 Nov, 2017

Di elezioni, della strage delle ragazze e dei nostri figli adolescenti

Rubrica n.8 in diretta su #RadioPopolare

In Sicilia lo spoglio delle urne e’ appena iniziato, per ora si ragiona sugli exit poll e guardando a quelli appare chiara solo una cosa: se sommi la forbice più alta dei voti di Micari+Fava non raggiungi la forbice più bassa del secondo arrivato Cancelleri… finisce 30% a 33%. Fine del commento.

A Ostia invece il dato è quasi definitivo.
Uno su tutti: a votare ci è andato poco più che 1 cittadino su 3. Dopo due anni di commissariamento per mafia e le inchieste su criminalità e malaffare la reazione democratica semplicemente non c’è stata.
Non in favore dei Cinque Stelle che si fermano appena sopra il 30% (erano al 44% nel 2016!), non per la Destra unita (26.6%), certamente non per il Pd (che vabbè arriva terzo ma crolla al 13.8%).
La rabbia e la reazione riempiono invece il portafogli elettorale di Casa Pound: Marsella dovrebbe chiudere sopra il 9%. Ripeto – allarme! – Casa Pound sopra il 9%.
Dice ma De Donno è andato bene, supera l’8… ok va bene, ripartiamo da qua.
Ma al lavoro subito però!

Intanto a urne aperte sono ripresi gli sbarchi, e i morti. Anzi LE morte.
26 corpi di altrettante ragazze nigeriane (14 anni la più piccola 18 la maggiore) sono arrivati ieri su un barcone a Salerno. L’indagine è aperta per “morte come conseguenza di altro reato”, che per le migranti – sempre – vuol dire maltrattamenti, tortura, stupro, gravidanze indesiderate. Proviamo a non dimenticarcelo in poche ore.

Infine l’adolescenza, e la pillola per “contrastarla”. Pare si stia già diffondendo, e in pratica serve a smussare le intemperanze dei nostri figli teenager.
Ecco oggi io – che sono madre di un quattordicenne – voglio spezzare una lancia in favore delle sue intemperanze, dei suoi sbalzi di umore, delle sue risate scomposte e dei suoi silenzi incomprensibili. W l’adolescenza, W la fragilità! E avanti con le relazioni umane… altro che pillole.

Ps la mia rubrica torna come sempre lunedì prossimo alle 7.50 in diretta su Radio Popolare.

Qui trovate il podcast: http://www.radiopopolare.it/podcast/il-demone-del-tardi-copertina-di-lun-0611/