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C’è una retorica tutta italiana sulle madri detenute con bambini in carcere, che guarda alla famiglia ed al benessere dei minori, che però non si trasforma mai in politiche sociali di fatto a loro favore. Nel concreto vince un’idea di sicurezza punitiva e che si dimentica, una volta messi dentro, di chi è detenuto e dei suoi incolpevoli figli: un discorso che nessuno si prende mai la briga di sviscerare fino in fondo.

Ci ho provato questa mattina con l’associazione “Roma, Insieme – Leda Colombini” ad un seminario su madri e bambini in carcere, oggi che con il contratto Salvini&DiMaio celebriamo il de profundis di una riforma penitenziaria necessaria, sostituita da politiche di inasprimento delle pene lontanissime dal dettato costituzionale del recupero sociale dei detenuti.

Proprio per questo si fa più necessario rilanciare almeno a livello regionale i temi delle pene alternative e dell’umanizzazione degli istituti penitenziari, nonché dei servizi sociali e territoriali da mettere a disposizione di percorsi fuori dalle sbarre.

Occorre stringere le maglie fra enti locali, operatori, associazioni. Per rendere la notte del diritto meno inaccettabile, e – mi auguro – la più breve possibile.

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