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“A cosa serve, qui e ora, questo congresso?”

Ho deciso di candidarmi alla segreteria di Sinistra Italiana per rappresentare, insieme a tanti compagni e tante compagne, un punto di vista, un’idea della sinistra che non rimanesse schiacciata tra le compatibilità e il minoritarismo. Una sinistra nuova, con un punto di vista autonomo sul mondo e in relazione con coloro che hanno a cuore l’idea di ricostruire un nuovo centrosinistra alternativo al renzismo e alla terza via. Una sinistra che cambia, che conta, che unisce.

Abbiamo reso con la nostra iniziativa possibile una discussione nei territori, contribuendo a fare uscire dalla clandestinità il congresso.

Questa idea, così impopolare fino ad appena qualche giorno fa, adesso sembra riprendere quota. Significa che il coraggio delle idee serve e funziona. Ho letto le dichiarazioni di Nichi Vendola: le condivido. Evidentemente è stato utile scrollare l’albero, dire le cose come stanno, provare a spostare in avanti l’orologio della politica. Perché, come abbiamo imparato sin da bambini, non serve a nulla arrivare prima se non si convincono gli altri a cambiare orientamento.

Sarebbe meglio se questo fosse riconosciuto pubblicamente, soprattutto dopo mesi di nostra solitudine, su di una linea che ha visto in tanti passaggi caricature e persino anatemi. Sono stato abituato a coltivare la cultura del dubbio da un maestro di politica e di vita. Mi auguro che prima o poi questa pratica torni, anche a sinistra. Così come ho combattuto la dicotomia amico/nemico, che ha devastato tanti partiti, compreso i nostri.

Ritiro la candidatura a segretario. Non brigo per posti, ma non sono abituato a candidarmi a gestire qualsiasi linea politica. Chi se la sente lo faccia, benché creda che la doppiezza sia una di quelle categorie che dovremmo archiviare definitivamente. Anche questo penso sia un atto di responsabilità nei confronti della nostra comunità.

Non mi è stato concesso di far vivere pienamente questo punto di vista nonostante avessimo attivato forze e contenuti, con tantissimi compagni tornati a militare e a iscriversi. Purtroppo il vero nodo alla fine sembra essere solo il tema del comando del partito.

Ma se da una parte si parla di partecipazione e di sovranità degli iscritti, dall’altra si impedisce di fatto che gli iscritti decidano, disconoscendo il principio sempre evocato di “una testa, un voto”, negando le assemblee nei territori e avvelenando i pozzi sulla regolarità del tesseramento, peraltro validato dalla commissione congressuale.

Fino a far circolare accuse dirette e indirette nei confronti di parlamentari, amministratori e dirigenti territoriali. Non proprio un contributo alla distensione del clima. Mi auguro che qualcuno si senta in dovere, prima o poi, di chiedere scusa.

Le modalità di svolgimento delle assemblee territoriali è decisivo: la commissione congressuale, venendo meno alla sua stessa funzione di garanzia, ha deciso a maggioranza di non garantire a tutti il diritto di esprimersi.

Mi domando come si faccia a spiegare a un comune mortale come sia possibile dover fare centinaia di chilometri per partecipare a un congresso, magari di un’area metropolitana di 4 milioni e mezzo di abitanti, una domenica mattina nell’arco di poche ore.

Avevo chiesto poi di cambiare la ragione sociale del Congresso, aprendoci a ciò che si muove con noi e al di fuori di noi, in un contesto che potrebbe portare a sviluppi inaspettati nei prossimi giorni. Fondare in queste condizioni l’ennesimo partito provvisorio mi sembrava una scelta sbagliata e ingannevole verso gli iscritti e i militanti di ogni orientamento politico.

A cosa serve, qui e ora, questo congresso? Non sarebbe stato, non sarebbe più ragionevole trasformarlo in un appuntamento aperto e largo, al servizio di un progetto più grande? Qualcuno ha scambiato questa proposta per una forma di attendismo e di manovra. Invece era un appello vero alla gestione unitaria di un passaggio delicato per la vita della sinistra e del paese.

Per queste ragioni mi fermo qui. Il campo non è contendibile. Vale per me che sono parlamentare, varrebbe per qualsiasi altro iscritto. Quando le regole non sono condivise e soprattutto vengono usate come un elastico da chi controlla la macchina si rischia solo di allargare fratture.

Mi fermo qui. Per restare e combattere. Da militante, iscritto e deputato di Sinistra Italiana.

I compagni e le compagne che mi hanno dato forza e hanno usato parole di sostegno in questi giorni faranno la loro battaglia su un’idea di politica aperta e inclusiva, per una sinistra ecologista, popolare e di governo nelle forme che decideranno. A partire dai territori dove si terranno i congressi.

E a Roma il 12 febbraio aprirò il confronto con tutti loro, perché c’è bisogno di una Sinistra italiana capace di costruire davvero un campo di forze di progresso che si candidi a governare il paese e non ad agitare una bandierina identitaria.

Un appuntamento nazionale per discutere, orientarci, orientare, metterci in ascolto e in cammino.

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