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14 Feb, 2017

Intervista a Arturo Scotto: “Serve un nuovo centrosinistra, non possiamo condannarci all’isolamento”

Natalia Lombardo, L’Unità

A una settimana dal congresso fondativo si Sinistra Italiana, una parte di parlamentari e militanti si sono staccati e non andranno alle assise di Rimini. L’area che fa capo ad Arturo Scotto, capogruppo di Si alla Camera, a Ciccio Ferrara, Massimiliano Smeriglio e Marco Furfaro.

Domenica scorsa avete deciso che non andrete a Rimini, è rottura con Si prima che nasca? “Domenica tante donne e tanti uomini, un pezzo fondamentale di Sinistra Italiana, ha deciso di dare vita a tante assemblee sul territorio, una campagna di confronto che si chiama “Si apre”, iniziata all’Ambra Jovinelli. Qui è emersa la preoccupazione di chi ha deciso di lasciare Si, è una comunità di persone libere che vogliono una sinistra aperta, popolare e con una cultura di governo. Un campo aperto alternativo al renzismo, il doping principale del grillismo. Alcuni non andranno a Rimini, altri sono delegati e altri non hanno partecipato ai congressi principali perché non è stata garantita la partecipazione per tutti e pure sulle tessere sono state lanciate accuse velenose. “Si” ha 20mila iscritti circa, meno della metà di quelli che aveva Sel nel 2015″.

02 Feb, 2017

Perché ritiro la candidatura a segretario di Sinistra italiana

“A cosa serve, qui e ora, questo congresso?”

Ho deciso di candidarmi alla segreteria di Sinistra Italiana per rappresentare, insieme a tanti compagni e tante compagne, un punto di vista, un’idea della sinistra che non rimanesse schiacciata tra le compatibilità e il minoritarismo. Una sinistra nuova, con un punto di vista autonomo sul mondo e in relazione con coloro che hanno a cuore l’idea di ricostruire un nuovo centrosinistra alternativo al renzismo e alla terza via. Una sinistra che cambia, che conta, che unisce.

Abbiamo reso con la nostra iniziativa possibile una discussione nei territori, contribuendo a fare uscire dalla clandestinità il congresso.

Questa idea, così impopolare fino ad appena qualche giorno fa, adesso sembra riprendere quota. Significa che il coraggio delle idee serve e funziona. Ho letto le dichiarazioni di Nichi Vendola: le condivido. Evidentemente è stato utile scrollare l’albero, dire le cose come stanno, provare a spostare in avanti l’orologio della politica. Perché, come abbiamo imparato sin da bambini, non serve a nulla arrivare prima se non si convincono gli altri a cambiare orientamento.

Sarebbe meglio se questo fosse riconosciuto pubblicamente, soprattutto dopo mesi di nostra solitudine, su di una linea che ha visto in tanti passaggi caricature e persino anatemi. Sono stato abituato a coltivare la cultura del dubbio da un maestro di politica e di vita. Mi auguro che prima o poi questa pratica torni, anche a sinistra. Così come ho combattuto la dicotomia amico/nemico, che ha devastato tanti partiti, compreso i nostri.

Ritiro la candidatura a segretario. Non brigo per posti, ma non sono abituato a candidarmi a gestire qualsiasi linea politica. Chi se la sente lo faccia, benché creda che la doppiezza sia una di quelle categorie che dovremmo archiviare definitivamente. Anche questo penso sia un atto di responsabilità nei confronti della nostra comunità.

Non mi è stato concesso di far vivere pienamente questo punto di vista nonostante avessimo attivato forze e contenuti, con tantissimi compagni tornati a militare e a iscriversi. Purtroppo il vero nodo alla fine sembra essere solo il tema del comando del partito.

Ma se da una parte si parla di partecipazione e di sovranità degli iscritti, dall’altra si impedisce di fatto che gli iscritti decidano, disconoscendo il principio sempre evocato di “una testa, un voto”, negando le assemblee nei territori e avvelenando i pozzi sulla regolarità del tesseramento, peraltro validato dalla commissione congressuale.

Fino a far circolare accuse dirette e indirette nei confronti di parlamentari, amministratori e dirigenti territoriali. Non proprio un contributo alla distensione del clima. Mi auguro che qualcuno si senta in dovere, prima o poi, di chiedere scusa.

Le modalità di svolgimento delle assemblee territoriali è decisivo: la commissione congressuale, venendo meno alla sua stessa funzione di garanzia, ha deciso a maggioranza di non garantire a tutti il diritto di esprimersi.

Mi domando come si faccia a spiegare a un comune mortale come sia possibile dover fare centinaia di chilometri per partecipare a un congresso, magari di un’area metropolitana di 4 milioni e mezzo di abitanti, una domenica mattina nell’arco di poche ore.

Avevo chiesto poi di cambiare la ragione sociale del Congresso, aprendoci a ciò che si muove con noi e al di fuori di noi, in un contesto che potrebbe portare a sviluppi inaspettati nei prossimi giorni. Fondare in queste condizioni l’ennesimo partito provvisorio mi sembrava una scelta sbagliata e ingannevole verso gli iscritti e i militanti di ogni orientamento politico.

A cosa serve, qui e ora, questo congresso? Non sarebbe stato, non sarebbe più ragionevole trasformarlo in un appuntamento aperto e largo, al servizio di un progetto più grande? Qualcuno ha scambiato questa proposta per una forma di attendismo e di manovra. Invece era un appello vero alla gestione unitaria di un passaggio delicato per la vita della sinistra e del paese.

Per queste ragioni mi fermo qui. Il campo non è contendibile. Vale per me che sono parlamentare, varrebbe per qualsiasi altro iscritto. Quando le regole non sono condivise e soprattutto vengono usate come un elastico da chi controlla la macchina si rischia solo di allargare fratture.

Mi fermo qui. Per restare e combattere. Da militante, iscritto e deputato di Sinistra Italiana.

I compagni e le compagne che mi hanno dato forza e hanno usato parole di sostegno in questi giorni faranno la loro battaglia su un’idea di politica aperta e inclusiva, per una sinistra ecologista, popolare e di governo nelle forme che decideranno. A partire dai territori dove si terranno i congressi.

E a Roma il 12 febbraio aprirò il confronto con tutti loro, perché c’è bisogno di una Sinistra italiana capace di costruire davvero un campo di forze di progresso che si candidi a governare il paese e non ad agitare una bandierina identitaria.

Un appuntamento nazionale per discutere, orientarci, orientare, metterci in ascolto e in cammino.

31 Gen, 2017

Ha ragione Arturo Scotto “Apriamo anziché chiudere”

Ha ragione Arturo Scotto.

Di fronte a un quadro politico in pieno movimento Rimini deve trasformarsi in un’occasione aperta, per allargare il campo e riorganizzare una sfida.

Questo significa non essere subalterni. Questo vuol dire non rassegnarsi alla pura testimonianza.

Scotto: «Stop alla lotta fra noi. Si va verso il voto, serve la gestione collegiale»
Daniela Preziosi, Il Manifesto

Sinistra italiana/Intervista. Il candidato: quello che succede oggi nel Pd non può lasciarci indifferenti. Cambiamo la ragione sociale del congresso, Trasformiamo l’assise di Rimini in un appuntamento aperto per allargare il campo. Dobbiamo aprire, non chiudere. Non è l’ora delle lacerazioni. Non ho paura di perdere, non c’è un problema di tessere. Ma possiamo dividerci tra di noi su scenari ipotetici e senza capire dove sta precipitando il paese?

 

«Trasformiamo il congresso di Rimini in un grande appuntamento aperto in cui ritrovare il senso di una comunità e in cui rilanciare, allargando il campo, avendo il coraggio di riorganizzare una sfida. Dobbiamo aprire, non chiudere. Alziamo lo sguardo, cerchiamo nuove risposte. Cambiamo la ragione sociale del congresso, facciamone una tappa politica, non la nostra blindatura organizzativa». È l’appello, quasi drammatico, del capogruppo alla Camera di Sinistra italiana, candidato segretario a congresso.

Sta chiedendo di fermare la macchina a una settimana dai congressi locali e a poco più di due dall’assise di Rimini?
No. Sto chiedendo di fermare la conta. Riapriamo una riflessione a tutti i livelli.

Ha paura di perdere?
No. Ho paura che il congresso, se celebrato totalmente fuori sincro dalla fase politica che stiamo vivendo, e cioè dalla precipitazione elettorale che si determina in queste ore, non diventi un nuovo inizio ma anzi sia un fatto del tutto irrilevante. Non è l’ora delle lacerazioni, è l’ora della riflessione e dell’unità. Chiedo a tutti un supplemento di riflessione, non drammatizziamo la nostra discussione tra apocalittici e integrati.

Il suo appello nasce dal segnale di scissione dal Pd che ha dato D’Alema sabato scorso?Siamo oggettivamente di fronte a uno scenario nuovo. L’assemblea dei Frentani e la nascita di una nuova associazione, ConSenso, le prese di posizione del presidente Emiliano, una discussione sempre più esplicita nel Pd, costituiscono un fatto nuovo. E non solo: Renzi ha scelto l’avventura. Bisogna organizzare il campo di un’alternativa credibile alla sua deriva che rischia di consegnare il paese alla saldatura tra Lega e Cinque stelle. Un campo che abbracci i temi sociali sollevati da Laura Boldrini, la discontinuità richiesta finalmente anche da Giuliano Pisapia, la sinistra del Pd che solleva la grande questione della lotta alle diseguaglianze.

Insomma propone l’alleanza con D’Alema? E se il Pd non si spacca e non si va al voto?Sinistra Italiana è nata intorno a un’idea forte: la presa d’atto dell’insufficienza di ciò che c’era, rifondare una forza della sinistra larga, popolare, con una cultura di governo. In grado di tenersi a distanza, allo stesso tempo, dai due vizi cronici degli ultimi vent’anni: la subalternità e la testimonianza. Noi siamo nati sotto questa stella. E abbiamo raccolto intorno a quel progetto, grazie alla generosità di tanti, energie e intelligenze.

Non può portare questi temi a Rimini e prendere atto della scelta dei delegati?
Ma possiamo dividerci tra di noi su scenari ipotetici e senza capire dove sta precipitando il paese? Nel corso degli ultimi mesi ho avvertito il rischio di un ripiegamento, di rassegnarsi all’ennesimo cartello della sinistra radicale, senza alcun peso nella società. Il No ricostruttore per un centrosinistra alternativo al renzismo e alla terza via ha aperto nuovi spazi.

Ma non tutti i suoi compagni considerano il No «ricostruttore» del centrosinistra.
Ma come si fa a non capire che siamo in un passaggio delicato, nel vortice di una transizione? Abbiamo cominciato a scrivere le nostre tesi congressuali con Renzi ancora a Palazzo Chigi, Obama alla Casa Bianca e nel punto di massima tenuta della grande coalizione europea di socialisti e Ppe. In poche settimane abbiamo vinto un referendum, è caduto Renzi, il Pd è alla vigilia di cambiamenti decisivi, Trump è stato eletto e rischia di determinare poco meno che una guerra con la Cina e un disastro nelle relazioni con il mondo arabo.
Nel parlamento europeo socialisti e popolari si spaccano e in Francia nel partito socialista vince Hamon sulle parole d’ordine del reddito e della riduzione dell’orario di lavoro. È cambiato tutto. E noi non proviamo a fare una discussione larga, alta? Oggi, non domani, dobbiamo mettere al centro i temi del lavoro, del reddito, degli investimenti pubblici, della riconversione ecologica, dell’innovazione, di una nuova sinistra che ricostruisce l’ambizione del governo con un programma avanzato, radicale.

Scusi, non è che sta prendendo atto che la sua area avrà meno delegati e quindi rischia di perdere e doversi adeguare a un’altra linea?
Voglio essere chiaro: è l’esatto contrario. Comunque delle tessere parleremo in seguito, se sarà necessario, quando capiremo le decisioni del nostro organismo di garanzia. Oggi vorrei solo dire che tutte le posizioni in campo hanno lavorato per allargare la partecipazione al congresso: è un fatto positivo. Per me la priorità è stata convincere tante e tanti che non ci credevano più. Ora si tratta di garantire la massima partecipazione, a cominciare dai livelli territoriali. Ma il punto per me è: non voglio prendere parte a un talent show e ancora meno avvelenare la discussione interna.

Potrebbe ritirarsi?
La mia candidatura è a disposizione, è uno strumento e non un fine. Propongo che Rimini sia l’occasione per la costruzione di un campo largo dell’alternativa. Per farlo serve una gestione collegiale del gruppo dirigente, non una lotta fratricida. Se invece si negano queste novità lo si dica chiaramente.