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E’ stato un confronto franco e costruttivo quello di questa mattina con l’On. Roberto Fico, Presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi Radiotelevisivi, avvenuto in audizione presso la III Commissione regionale.

All’ordine del giorno  la presentazione della nostra Proposta di Legge regionale “Disposizioni di riordino in materia di informazione e comunicazione” (PL 210), un’occasione che ho colto soprattutto per sollecitare l’intervento del Presidente Fico, e quindi del Parlamento, su alcune questioni che ritengo fondamentali per il settore, anche alla luce del confronto avvenuto nelle tante audizioni per la redazione della PL 210: le questioni del linguaggio di genere, che abbiamo fortemente voluto nella legge; i diritti digitali, che avremmo voluto, invece, inserire nella nostra legge ma che, in assenza di una normativa nazionale adeguata, sarebbero rimasti privi di sostanziale tutela; gli indici di qualità, anche essi di fondamentale importanza per una informazione libera ed indipendente propria di un servizio pubblico che assolve al suo compito, ma che non possono essere materia regionale senza un quadro nazionale di riferimento; la crisi del settore che di fatto ha piegato e fatto chiudere molte realtà, piccole e medie, spesso di vocazione territoriale, alle quali è stato chiesto di sostenere spese troppo onerose per assolvere agli adeguamenti tecnologici richiesti dalla legge nazionale.

A questi problemi di carattere settoriale, che di fatto impediscono ad emittenti di dimensioni diverse di inserirsi nel panorama dell’informazione garantendo quell’articolazione funzionale ad una informazione libera e indipendente, c’è un altro aspetto che ho voluto sottolineare, proprio in relazione all’indipendenza: se è vero infatti che ciò dipende molto dalla deontologia professionale del singolo giornalista, c’è un problema di carattere generale, che riguarda la precarietà del lavoro, da cui, purtroppo non sono esentati gli operatori del settore. Come garantire quindi quella necessaria libertà ad un giornalista, quando la condizione lavorativa è sostanzialmente quella della ricattabilità? Un fatto enorme, che attraversa le vite di milioni di cittadini, in tanti e diversi settori lavorativi. Quando questo invade anche la stampa, però, il Paese tutto si priva di qualcosa in più in termini di diritti, piena cittadinanza, consapevolezza, democrazia e partecipazione.

Si tratta evidentemente di questioni molto complesse su cui però urge una riflessione da parte del Parlamento, perché quando le classifiche sulla libertà di stampa assegnano all’Italia posizioni così basse (nel 2015 il settantatreesimo posto nel mondo) c’è un allarme che dobbiamo ascoltare tutti, da ogni postazione istituzionale.

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