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Salvaguardare l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, farne buon uso al servizio del welfare e dei giovani del nostro territorio. Dunque bonificare i beni confiscati alle mafie per renderli bene comune per il nostro futuro. 

Questa mattina in Campidoglio ho partecipato alla Conferenza nazionale sui beni confiscati alle mafie organizzata dall’associazione Libera. Un evento che ha visto la presenza di più di 400 realtà impegnate in tutta Italia nell’antimafia sociale.

La confisca dei beni è l’azione più efficace che si può mettere in campo contro le economie mafiose. In troppi luoghi, anche della Regione Lazio, le mafie ancora oggi si sostituiscono allo Stato nelle politiche lavorative, di welfare, di reddito per i giovani. Per questo servono istituzioni presenti sul territorio capaci di indebolire la criminalità organizzata.

Occorre mettere i beni e le terre confiscate alla mafia al servizio delle politiche sociali regionali, per facilitare l’accesso al credito di quelle cooperative di giovani che vogliono occuparsi di quei beni e permettere di utilizzare i fondi europei della programmazione 2014-2020 per la coesione territoriale. C’è poi l’urgenza di strumenti territoriali efficienti, e nel Lazio questo significa il superamento dell’Abecol, l’agenzia regionale sui beni confiscati.

Basta un’unica agenzia nazionale – ha ribadito oggi anche don Ciotti – e tenendo ben fermo il punto di vista di chi da decenni lavora nell’antimafia credo che nella nostra Regione bisogna lavorare a una riforma della materia, avendo cura di preparare per bene il terreno delle future politiche antimafia. Le mafie sono velocissime a occupare gli spazi lasciati vuoti dalla politica, pronte sempre a riorganizzarsi.

Le istituzioni devono essere più veloci di loro nel dare le risposte giuste, tenendo insieme la responsabilità del governo e la partecipazione della società civile e responsabile.

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