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Ci sono stata ieri sera al presidio fuori dal Cara di Castelnuovo di Porto. Ve lo racconto, perché penso sia importante fare che c’eravamo tutti e tutte.

Faceva un freddo intenso, c’era un cielo plumbeo.
L’appuntamento inizialmente previsto davanti alla parrocchia di Santa Lucia diventa invece un concentramento all’ingresso di un mobilificio, di lato alla Tiberina.
Ci sono sindaco, vescovo, associazioni, sindacati, operatori, cittadini. Qualcuno di noi delle istituzioni. 
Si capisce subito che la risposta sarà significativa. Dieci minuti prima delle 17.00 siamo già tante e tanti, alla fine lungo il percorso – l’autostrada che sfreccia da una parte, i militari che ci osservano in mimetica da dentro il cancello del centro – ci conteremo in cinquecento.

Tutti maneggiano male numeri troppo grandi e tempistiche troppo strette: nel Cara ci sono 548 migranti, questa settimana sono previsti 305 “trasferimenti”. Nel Cara lavorano circa 120 operatori, nessuno di loro sa che fine farà.
Hanno saputo venerdì. Quattro giorni fa.
I primi trenta “ospiti” sono stati caricati sul pullman al mattino: destinazione incerta per tutti, con la differenza che per i reietti del decreto sicurezza – quelli col permesso per motivi umanitari – di certa c’è la strada.
Uno di loro in paese lo conoscevano bene, giocava come centravanti nella Castelnuovese Calcio. In tantissimi erano inseriti in progetti di inclusione, i bambini a scuola. Da oggi niente più, dal giorno alla notte.

La sensazione, addosso proprio, è che si sia ribaltato un mondo. Il nostro.
Eravamo contro le strutture con una così alta concentrazione di migranti, ora siamo in piazza a difenderle. Facevano notizia i sindaci che montavano le barricate contro i rifugiati, oggi le telecamere sono tutte per un primo cittadino che manifesta perché quei migranti non li vuole far partire.

Lui, Riccardo Travaglini, tiene botta con la fascia tricolore. Ringrazia i tanti che gli si stringono intorno, che offrono solidarietà e invocano soluzioni.
Dice, davanti ai fotografi, “non ci lasciate soli”. Dice “esiste un’Italia migliore”.
Siamo la’, stretti in cerchio: determinati, indignati, incazzati.

Ma fa un freddo intenso, c’è un cielo plumbeo. E alla fine inizia anche a piovere.

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