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10 Nov, 2017

Aderiamo alla manifestazione di FNSI e Libera contro tutte le mafie

“L’aggressione subita dal giornalista della trasmissione Nemo da parte di un appartenente alla famiglia Spada di Ostia è un fatto talmente grave che necessita di una reazione immediata.

Proprio per questo aderiamo e partecipiamo alla manifestazione promossa da Libera e Fnsi per giovedì prossimo in difesa dell’art. 21 e contro tutte le mafie.

A Ostia la Regione Lazio ha fatto più volte la sua parte, restituendo ai cittadini beni confiscati alla mafia per renderli presidi di legalità.Partecipare adesso a un corteo unitario, che vede uniti i giornalisti, le istituzioni, i cittadini e le forze dell’antimafia sociale, è la risposta migliore per dire che non esistono terre di mezzo e che la cittadinanza insieme alle Istituzioni è pronta a reagire”.

È quanto affermano in una nota il presidente e la vice presidente della Commissione regionale sulle infiltrazioni mafiose e lotta alla Criminalità, Baldassarre Favara e Marta Bonafoni.

09 Nov, 2017

Sport, dalla Regione Lazio un importante sostegno a realtà di grande valore sociale

Una tra le più importanti iniziative della Regione Lazio per abbattere gli ostacoli, spesso economici, che impediscono di accedere ad attività volte ad accrescere la socialità e l’inclusione. Lo fa stavolta con lo sport e un investimento di 6,5 milioni e in partnership con le realtà sportive, pubbliche e private che autonomamente non riescono a portare avanti la loro importante attivita’.

Si dà valore ad un certo modello di società, una risposta soprattutto culturale alla crisi: ingenti risorse, distribuite tra le province, un bando a fondo perduto con l’abbattimento fino all’80% del tasso di interesse per i mutui, premialità per i progetti che interessano aree periferiche e che applicano tariffe agevolate a chi ha meno reddito.

Un intervento concreto con cui la Regione Lazio punta a dare un contributo al rafforzamento della rete territoriale e alla coesione, come risposta positiva alle derive di intolleranza che attraversano anche i nostri territori.

08 Nov, 2017

La Casa Internazionale delle Donne è una realtà irrinunciabile

Occorre fare ogni sforzo per garantire il futuro della Casa Internazionale delle Donne, una realta` insostituibile che offre ogni giorno ogni tipo di servizio alle donne e che nel corso della storia è diventato un punto di riferimento culturale, politico, sociale.

Sono certa che nessuno nutra dubbi sulla necessità di una rapida soluzione che tuteli la storia di una realtà così preziosa e la sua funzione nel presente, proprio mentre si fa più forte il grido delle donne per la parità. Il Comune di Roma – e in primo luogo la sindaca Raggi – sappiano cogliere il grido di sdegno che sta suscitando l’ipotesi di chiusura della Casa e sappiano leggere il calore che circonda quel luogo: occorre che l’interlocuzione aperta tra amministrazione e associazioni vada a buon fine.

Bene ha fatto il Presidente Zingaretti ad affermare subito e in maniera netta la volontà della Regione Lazio di essere campo per garantire il futuro della Casa.

08 Nov, 2017

Ostia, aggressione inaccettabile

“Un’aggressione violentissima, inaccettabile che chiama una reazione immediata. Quanto subito dalla troupe e dal giornalista di RaiDue e’ un episodio gravissimo, che dobbiamo condannare e respingere subito.

Per di più ciò accade mentre si attraversa il periodo tra il primo e il secondo turno delle elezioni per il governo del municipio, quando Ostia è sotto i riflettori di tutti i media: il segno di un senso di impunità e arroganza dal sapore mafioso che sono inaccettabili. Al giornalista e alla troupe la nostra solidarietà”.

Così in una nota Gino De Paolis e Marta Bonafoni, Capogruppo e Consigliera regionali di Insieme per il Lazio, commentando quando visto nel video sull’aggressione avvenuta ad Ostia ad opera del fratello di Spada e ai danni di un giornalista e di un cameraman di Rai Due.

08 Nov, 2017

Rems, bene Zingaretti per impegno su riforma di civiltà

Bene la firma del Presidente Zingaretti del protocollo per la gestione delle Rems (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) del Lazio. Un passaggio che prosegue il lavoro della Regione in tema di sanità per i pazienti in stato di reclusione.

Ricordiamo che già nel 2015 questa Amministrazione, tra le prime a rispettare i tempi previsti dalla norma nazionale, ha inaugurato la Rems di Pontecorvo avviando di fatto il superamento degli Opg, che rappresentavano per il paese intero luoghi inaccettabili.

Da lì un lavoro programmato e ben coordinato ha condotto all’apertura di altre 4 strutture e oggi alla firma del Protocollo. Un percorso quindi di accoglienza per i pazienti in stato di reclusione, che giustamente il Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia giudica ormai una importante realtà del nostro sistema di esecuzione penale. Occorre però ascoltare il suo monito riguardo l’uso talora eccessivo che si fa dell’internamento: percorsi individuali di presa in carico e di reinserimento sociale, quindi, che non prescindano da un intervento immediato dei servizi territoriali sulla Salute mentale.

Garantire quindi l’esecuzione della misura di sicurezza e al contempo l’attivazione di percorsi terapeutico-riabilitativi è la sfida di questa riforma, che ha chiamato in causa gli Enti regionali, affinché individuassero i luoghi, il fabbisogno e si occupassero di garantire una adeguata formazione del personale medico e infermieristico necessario.

Un lavoro importante quindi, ma soprattutto un lavoro di civiltà, che ancora una volta tiene a mente gli ultimi.

07 Nov, 2017

Camila e Adriana, una storia d’amore sbocciata a Rebibbia

GayNews

La sposa è raggiante, col suo vestito di pizzo azzurro, le scarpe blu elettrico, la carnagione scura e i capelli raccolti in una treccia. Anche la moglie non è da meno, impeccabile nel suo tight e quell’elegante gilet che fa un bel contrasto col caschetto biondo. Sono emozionatissime, d’altra parte in tutti i matrimoni va così. E quando dall’altoparlante della chiama la voce scandisce “Le spose possono uscire!”, appena fuori dalla soglia parte una pioggia di riso che le raggiunge dai piani alti.

Questa è la storia di Camila e Adriana e del loro matrimonio speciale. Speciale, certo, perché solo da una manciata di tempo in Italia anche due donne o due uomini possono unirsi civilmente di fronte allo Stato. Speciale ancora di più, nel loro caso, perché la cornice dell’unione costituisce una prima volta, un inedito: il carcere femminile di Rebibbia a Roma.

Ho conosciuto Camila e Adriana in un assolato sabato di fine ottobre. La loro storia ha fatto scalpore e ha dato il via a un dibattito delicato, importantissimo, quello intorno all'”affettività in carcere”, la possibilità cioè per una coppia di stare insieme e scambiarsi baci e carezze nonostante le sbarre. Cosa evidentemente impossibile per un uomo e una donna, visto che i reparti dei penitenziari sono rigorosamente separati tra maschile e femminile. Fattispecie che per la prima volta in Italia si è realizzata invece là, nella cella numero 84 al secondo piano del reparto cellulare, ribaltando almeno in questo caso la gerarchia dei diritti tra eterosessuali e omosessuali del nostro Paese. I primi svantaggiati rispetto ai secondi, i secondi pronti ad aprire una strada nuova, che possa alla fine del percorso chissà… produrre un passo avanti per tutti.

La faccenda è delicatissima, e a spiegarmelo mentre raggiungiamo il reparto sono in tanti: la vicedirettrice del carcere, il cappellano di Rebibbia, il garante dei detenuti del Lazio e persino la damigella delle spose. E non è delicata solo in punta di diritto, bisogna andarci cauti proprio parlando d’amore.

Quando sei rinchiuso infatti, specie tra donne, è facile per la solitudine e per le tante mancanze che si soffrono scambiare un’amicizia per qualcos’altro, non fermarsi a una carezza e proseguire oltre.

«Speriamo che duri» è la frase che mi dicono tutti mentre raggiungiamo la cella delle spose: il cappellano, che si è ritrovato a fare da testimone il giorno del matrimonio; l’agente di polizia penitenziaria che «certo che ci sono andato alla cerimonia, una volta che succede una cosa bella qua dentro», la damigella che in questo strano condominio tutto di donne è la dirimpettaia della coppia.

Tutte queste attenzioni da parte dell’amministrazione, all’inizio, Camila e Adriana le avevano scambiate per una specie di “persecuzione”. Ora invece ci tengono a dire che sono grate a tutti, per la cura con cui hanno seguito la loro storia. E – naturalmente – per il lieto fine che è stato scritto: va bene, ha disposto alla fine la direzione del carcere, la vostra condotta è buona e anche il rapporto con le altre detenute, dunque potete condividere la stessa cella.

“La nostra casa”, la chiamano loro. Un letto a castello, un armadietto dove si intravede della frutta, un fornelletto elettrico, un cane in miniatura sopra a una specie di comodino, la TV accesa sul telegiornale, il bagno. Non c’è ordine in giro, c’è qualcosa di più: segni di una stanza vissuta, di una vita “normale”.

Una dimensione che Camila e Adriana si sono conquistate dopo due anni e più di qualche fatica. La principale quando Camila, la più grande delle due (ha 29 anni ma ne dimostra 25 come la sua compagna) ha ottenuto il permesso di andare a lavorare fuori durante il giorno. Un premio per le altre, una specie di tortura per lei che – arrivata dal Brasile solo quattro anni fa – dice «Adriana è tutta la mia famiglia».

La storia del dentro/fuori dura solo tre mesi: «Ci parlavamo dalle grate, lei al secondo piano io al piano terra», mi racconta Camila. Troppo, e così addio permesso premio e sono tornate insieme. Per Adriana quella è stata la prova definitiva del loro amore: all’inizio aveva paura che Camila si fosse sbagliata, che avesse solo scambiato un’amicizia per qualcosa d’altro.

Lei «omosessuale sin dalla nascita con altre storie alle spalle», la compagna al suo primo rapporto non eterosessuale. E così la scelta di sposarsi, e i confetti, e la festa nel chiostro del carcere, e quel primo lento insieme sulle note di Alessandra Amoroso prima di scatenarsi ballando con le altre detenute nello “spazio socialità”, e tutti commossi compresi i genitori di Adriana, due signori di origine polacca a Roma da una vita, che hanno dato una mano alle spose in tutto e per tutto: dai documenti per l’unione alle fedi, che le neospose indossano in coppia coi loro anelli di fidanzamento.

Sempre i genitori di Adriana aiuteranno tra qualche mese Camila, una volta uscita dal carcere. Vuole andare in Brasile per portare in Italia suo figlio Gabriel, che ha dieci anni e sa che mamma ha un’amica speciale che già gli va a genio, perché gli ha regalato un pallone firmato da Ronaldo che custodisce gelosamente nella sua cameretta.

E quando l’anno prossimo sarete fuori tutte e due, chiedo, come la immaginate la vostra vita? Avete già una casa dove andare tutti e tre? Prima di salutarci è Adriana a rispondermi, con la calma di chi dopo tanto penare non vuole precipitare le cose.

Andranno a stare per un po’ dai suoi, cercheranno un lavoro, un po’ di stabilità. Ma una cosa è certa, si piazzerà davanti alla playstation con Gabriel e partirà la sfida a due. Come succede in un sacco di case, come succede in qualunque famiglia.

06 Nov, 2017

Municipio X, bene De Donno ma astensione preoccupa enormemente

In una situazione difficile, come quella del Municipio X, Franco De Donno ha avuto il merito e il coraggio di costruire una speranza. Il risultato della lista che lo ha sostenuto ha raggiunto quasi il 9% ed è una base su cui continuare quel lavoro di cucitura del tessuto politico e sociale della sinistra su cui ci siamo impegnati fin dal primo minuto.

Il risultato elettorale di De Donno ma in generale di tutto il centro sinistra è anche un segnale alle forze che si collocano in quel perimetro: divisi non si ha prospettiva, trincerati dietro steccati identitari che separano una visione di insieme non siamo convincenti. Occorre ritrovare le ragioni di una coalizione che abbia a cuore le esperienze territoriali, che unisca e non divida, che allarghi e che faccia delle differenze una grande ricchezza. Esempi vincenti ci sono a partire da quello della Regione Lazio.

Il dato più rilevante di questa tornata elettorale resta comunque quello dell’astensione: una sconfitta per tutta la classe politica, non solo di quel territorio. La rinuncia a partecipare consegna quindi anche dei risultati alterati, con scarsa aderenza al sentire dei cittadini: si comprende solo che il M5S, perdendo 23 mila voti rispetto allo scorso anno, non intercetta più la risposta e la protesta e paga il cattivo governo Raggi, mentre a guadagnarci è la destra neofascista di Casa Pound che di voti ne ha guadagnati più di 3 mila. Un messaggio chiaro di sconforto e disillusione rispetto alla possibilità di cambiare in meglio le condizioni del proprio territorio, che chiama tutti noi a fare gli straordinari.