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10 Nov, 2014

Archivio Musiche Migranti

Sabato 13 dicembre 2014, ore 20.30
Circolo Gianni Bosio
Via di S. Ambrogio 4, II piano

Il Circolo Gianni Bosio e la Regione Lazio invitano alla presentazione dell’ARCHIVIO MUSICHE MIGRANTI (Archivio Sonoro “Franco Coggiola

Intervengono
Marta Bonafoni (Consigliere regionale Lazio)
Enrico Grammaroli (Archivio Franco Coggiola)
Alessandro Portelli (Circolo Gianni Bosio)
Sandro Triulzi (Archivio Memorie Migranti)

Concerto del CORO MULTIETNICO ROMOLO BALZANI diretto da Sara Modigliani

Con l’occasione verrà presentato il CD
“YO SOY EL DESCENDIENTE – MUSICHE TRADIZIONALI DALL’ECUADOR A ROMA”
di Janeth Chiliquinga e Sergio Cadena

seconda uscita della collana “Roma Forestiera”
curata dal Circolo Gianni Bosio

10 Nov, 2014

Rigeneriamo Roma, rigeneriamo il welfare

Tutto quello che emerge e sta emergendo dall’inchiesta Mafia Capitale ci sorprende solo in parte, anche se la realtà sta superando la più fervida immaginazione.

L’indagine della magistratura sul sistema criminale legato agli appalti pubblici rende solo più esplicito quanto denunciato negli anni dal Social Pride sulla gestione delle politiche sociali nella città di Roma. Da tempo segnaliamo un’impostazione delle politiche di accoglienza basate su logiche emergenziali e di contenimento piuttosto che su una seria programmazione di interventi per rafforzare la coesione sociali, a partire dalle periferie più abbandonate.

Del resto sono anni che stiamo denunciando il progressivo smantellamento del welfare e degli interventi di mediazione sociale, di riduzione del danno, di partecipazione e animazione culturale nella città.

Nel silenzio della politica e dei mass media abbiamo denunciato lo sperpero dei 30 milioni di euro del Piano Nomadi affidati in deroga a qualsiasi norma relativa agli appalti, a fronte della riduzione sistematica di interventi di inclusione sociale, affidati invece attraverso bando pubblico. Lo dichiaravamo nel nostro dossier “La cricca di Alemanno (e Rampelli)”, presentato alla conferenza stampa del Senato il 27 marzo 2012 “…Questa strategia di “occupazione” del sociale è stata inaugurata immediatamente dopo l’insediamento della Giunta Alemanno… nuove organizzazioni, spesso dal curriculum incerto, che intendono occuparsi di intervento sociale, le ritroviamo tra i vincitori e i concorrenti in diversi bandi pubblici. Dai servizi di scolarizzazione dei minori rom, alla gestione della Città dell’Altra Economia, ai bandi dell’Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze (ACT), all’assegnazione di spazi pubblici. Sembra determinarsi un nuovo asse di interessi che riunisce vecchi amici – Alemanno e & – con nuovi acquisti…” è evidente che la nostra era una denuncia politica e non potevamo immaginare il disegno criminale che oggi è noto a tutti con l’inchiesta giudiziaria “Mafia Capitale”.

Oggi sappiamo che quelle scelte politiche erano funzionali ad un sistema di potere che si è arricchito ai danni dei soggetti più fragili e ha prodotto un arretramento culturale della città.

C’è bisogno di un cambio di passo reale e immediato che determini le priorità e la qualità delle politiche sociali ripartendo dai territori.

La possibilità del cambiamento passa per la ripresa di un nuovo protagonismo della parte sana dell’associazionismo, della cooperazione sociale, degli operatori sociali e volontari che in questi anni hanno portato avanti i propri interventi e servizi tra mille difficoltà (riduzione delle risorse, ritardi nei pagamenti, chiusura dei progetti e servizi) sempre in frontiera, per rispondere ai bisogni e stando anche nei campi rom per tentare di mantenere viva la solidarietà e l’intervento di coesione sociale, nei limiti delle nostre possibilità.

Conferenza stampa: Giovedì 11 Dicembre ore 11

c/o CESV Via Liberiana 17 Roma

08 Nov, 2014

I medici non obiettori: “Abortire è sempre più difficile”

In Italia le interruzioni di gravidanza sono sempre più difficili, con molte donne costrette ad emigrare in un’altra regione o addirittura fuori dal paese per ottenere quello che la legge 194 in teoria garantisce. Lo affermano i medici della Laiga, (Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194), riuniti in congresso oggi e domani a Napoli, che annunciano anche la nascita di una rete di avvocati che avranno il compito di sostenere pazienti e camici bianchi.

In alcune Regioni obiettori al 90%. I ginecologi obiettori di coscienza sono in numerosi in molte Regioni, un problema che a volte rende complicato interrompere una gravidanza non desiderata. “In alcune zone come Lazio, Campania, provincia di Bolzano i medici obiettori sono oltre il 90%, e questo spesso costringe le donne ad andare in un’altra regione – spiega la presidente Silvana Agatone – per le interruzioni nei primi tre mesi solo il 64% degli ospedali italiani è disponibile, mentre la legge prevederebbe che fossero il 100%. Per quelle superati i 90 giorni, che si fanno in presenza di gravi patologie del feto o rischi per la mamma, le strutture disponibili sono molte meno, e cominciano i pellegrinaggi che portano addirittura all’estero”.

Secondo Agatone le statistiche del ministero della Salute, che parlano di pochi aborti a settimana per i medici non obiettori, sono falsate. “Ci sono centri che fanno 70 interruzioni a settimana, e altri che mettono a disposizione al massimo due posti letto – spiega – nelle seconde è ovvio che risulta che i medici hanno fatto pochi aborti, ma quello che non si vede è che probabilmente le donne sono state costrette ad andare da un’altra parte’.

La rete di legali che sostiene le donne. Per questo Laiga ha inaugurato una rete nazionale di avvocati aiuterà le donne che hanno avuto difficoltà nell’accesso all’interruzione di gravidanza. “Attualmente i medici non obiettori applicano con preoccupazione la legge 194 – spiega la presidente Silvana Agatone – non solo perché le strutture non forniscono i mezzi ed il personale necessario, ma anche perché si opera tra mille difficoltà anche burocratiche e organizzative. A tutela delle scelte degli operatori, sarà presentata una rete di avvocati presenti su tutto il territorio nazionale, pronti a seguire l’iter di eventuali denunce nei confronti dei ginecologi e del personale non obiettore e a salvaguardia delle donne cui non siano riconosciuti i propri diritti riproduttivi”.

Formazione dei camici bianchi. A questa rete, spiega Agatone, se ne affiancherà un’altra di tutte le associazioni coinvolte nella tutela della salute riproduttiva della donna. “Questo servirà a concretizzare alcune richieste che riteniamo urgenti – sottolinea ancora Agatone – dalla formazione dei giovani, che nelle scuole di specializzazione non viene fatta, all’introduzione nei turnover dei medici non obiettori, all’aumento della prevenzione attraverso la contraccezione d’emergenza all’uso in tutta Italia della Ru486”.

La soluzione nel Lazio. Nel Lazio l’obiezione di coscienza ha raggiunto livelli mai visti tra ginecologi, anestesisti e infermieri. Ora le nuove linee guida sul funzionamento dei consultori familiari potrebbero cambiare la situazione. Con un decreto, il presidente Nicola Zingaretti ridefinisce, ha ristretto il diritto a non applicare la legge sull’aborto.

Obbligo di prescrivere la pillola del giorno dopo. Il decreto, infatti, se da una parte impone a chi lavora nei servizi territoriali l’obbligo di prescrivere tutte le forme di contraccezione, e senza potersi appellare ad alcuno scudo “morale” nemmeno per la pillola del giorno dopo, dall’altra ricorda ai medici i loro doveri verso la legge 194. Nessun medico può rifiutare ad una donna la prescrizione di un contraccettivo, pillola del giorno dopo e spirali.

Valeria Pini, La Repubblica

07 Nov, 2014

Sos lavoro e strutture scarse, così le donne rimandano

Madri “tardive” per scelta, per difficoltà a procreare, ma anche per necessità. E non sono più solo le più istruite a procrastinare, come trenta quarantanni fa, perché terminavano più tardi il periodo di formazione. Oggi il rimando è trasversale a tutte e riguarda in particolare le lavoratrici con contratti a termine. Avere un figlio e mantenere un’occupazione è difficile per tutte in Italia, scoraggiando molte che vogliono avere un figlio dall’entrare nel mercato del lavoro.
Chiara Saraceno, la Repubblica

06 Nov, 2014

Sfruttati a tempo indeterminato

In Europa e non solo, indipendentemente dalla crisi, spesso assunta a paravento per politiche discriminatorie, una parte non residuale della produzione, soprattutto agricola, è retta da schiavi al servizio di padroni. Sembra un’affermazione ideologica. Il senso di quanto affermato merita invece un approfondimento.

L’occasione è data dalla presentazione dell’ultimo dossier dell’associazione In Migrazione Onlus dal titolo emblematico: Sfruttati a tempo indeterminato. Sono raccolte le storie di alcuni braccianti indiani, soprattutto sikh, impiegati in provincia di Latina, che raccontano di violenze subite, sfruttamento, subordinazione, caporalato. Condizioni che non sono da considerare marginali o eccezionali nel sistema di produzione capitalistico mondiale, ma strutturali.

Questa tesi non è improvvisata. Una recente pubblicazione dal titolo Quasi schiavi, edita da Maggioli, a cura di Enzo Nocifora e con contributi di importanti sociologi, spiega bene la strutturazione nel sistema di produzione capitalistico del lavoro schiavistico. In Migrazione racconta come e perché ci si trovi di fronte a un sistema rodato di illeciti fondati su arruolamenti via cellulare, buste paga irregolari, ricatti e intimidazioni che svelano il vero business del settore.

L’evasione fiscale e contributiva fa da cornice a una zona grigia che nasconde milioni di euro sottratti indebitamente allo Stato e soprattutto ai lavoratori indiani. Questo sistema non si reggerebbe senza la complicità dei colletti bianchi dello sfruttamento. Commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, ragionieri che consentono allo sfruttamento di strutturarsi e di insediarsi tra le pieghe del sistema ufficiale e di fatturare milioni di euro.

Le storie dei braccianti sikh raccolte nel dossier raccontano la realtà di un paese ancora fondato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quest’ultimo spesso immigrato e costretto a lavorare 14 ore al giorno, tutti i giorni, per 300/400 euro al mese. Datori di lavoro che pretendono di essere chiamati padrone, violenze e mortificazioni che rappresentano il volto più truce di un’Italia razzista, violenta e mafiosa. Si fanno chiamare padroni, ma sono dei miserabili. D’altro canto la recente alleanza Lega Nord-Casapound va esattamente in questa direzione.

L’alleanza tra il padronato razzista del nord e movimenti neofascisti cammina sulle gambe grasse di un’Italia volgare, pericolosa, xenofoba. È forse la palingenesi del nuovo secolo o forse l’anticipazione dell’Italia renziana, con operai e braccianti senza diritti, padroni arroganti che minacciano ritorsioni ad ogni rivendicazione, burocrati e professionisti complici per interesse. I dati riportati dal dossier di In Migrazione sono inquietanti.

Salari bassissimi (in media 3,00€/h a fronte degli 8,26 del contratto nazionale), orari improponibili (12/14 ore di media a fronte delle 6,40 ore del contratto nazionale) e spesso condizioni abitative inadeguate caratterizzano un contesto che favorisce il radicamento della criminalità organizzata nel settore agricolo.

Al contrario di tante realtà nazionali di sfruttamento della manodopera, che si configura con arruolamenti giornalieri a chiamata dei lavoratori, in molte realtà agricole del pontino si è davanti ad un impiego costante per periodi lunghi di un esercito fidelizzato di braccianti che garantisce un settore “grigio” di illegalità nel quale si muovono con destrezza alcuni imprenditori e i loro consulenti. Una sorta di lavoro garantito tradotto in “contratti a sfruttamento indeterminato”.

L’agricoltura rappresenta un comparto strategico per l’economia laziale, che senza il contributo dei lavoratori migranti sarebbe inesorabilmente in crisi con conseguenze economiche, lavorative e sociali gravissime. I braccianti indiani contribuiscono alla crescita e allo sviluppo economico e sociale della provincia di Latina. Nel territorio pontino, i registri anagrafici dell’Inps, anno 2012, registravano una presenza di 16.827 braccianti iscritti. La Cgil per l’anno precedente (2011) ha conteggiato 25.000 richieste presentate alla Prefettura di Latina, a fronte dei 6500 posti stabiliti dal decreto flussi per quel territorio, quattro volte la necessità dichiarata.

Una manodopera imponente, soprattutto migrante come conferma anche la Cgil, che si colloca in un territorio vastissimo (con 9500 aziende registrate alla Camera di Commercio di Latina al 31.12.2013). La pratica illegale del reclutamento, del caporalato e dello sfruttamento dei braccianti, secondo In Migrazione, è determinata da un sistema illegale diffuso territorialmente eppure gestito da gruppi ristretti di truffatori, mafiosi, sfruttatori.

Arrendersi sarebbe un errore. La Commissione antimafia ha ascoltato sia In Migrazione che la Flai Cgil mentre l’On. Mattiello ha proposto la riconduzione del reato di caporalato nell’art. 416 bis, ossia nell’associazione di stampo mafioso. Intanto In Migrazione, insieme alla Regione Lazio, in particolare assessorato all’agricoltura, Arsial e Tavolo della legalità e sicurezza, darà vita al progetto Bella Farnia, dal nome del residence dove risiede la maggior parte della comunità indiana di Sabaudia.

Il progetto, con il contributo della Flai-Cgil, prevede la realizzazione del primo centro polifunzionale con attività di mediazione culturale, insegnamento dell’italiano, assistenza legale e orientamento al lavoro. Un progetto concreto che vuole rompere isolamento, sfruttamento, segregazione.

Un’iniziativa coraggiosa, in un territorio difficile, dove insieme alle meravigliose bellezze naturalistiche dell’area persistono realtà feudali, caporalato, clan appartenenti a varie organizzazioni mafiosi e la tentazione costante di negare problemi sociali e sistemi criminali, pensando che le cose non potranno mai cambiare. In Migrazione vuole invece dimostrare il contrario.

Marco Omizzolo e Roberto Lessio, Zeroviolenza

06 Nov, 2014

La perfida arte di insultare le ministre con una foto

Questa è la vera volgarità, deprezzarsi al punto di dare valore a qualunque frattaglia o umore o lappata di famoso o famosa, sentirsi comunque ricettore o cliente di ciò che cola giù dai palazzi, promuovere a “interessante” il dettaglio, l’inciampo, il ritaglio, l’orlo che penzola, il rimmel che sbava, il seno che occhieggia per sbaglio. È per questo che una tristezza indelebile campeggia sopra il gossip: è la tristezza della rassegnazione.
Michele Serra, La Repubblica

06 Nov, 2014

V Commissione

Giovedì 11 dicembre, ore 12.00
Sala Di Carlo

– Elezione del vicepresidente della Commissione
– Schema di deliberazione n. 94 “Legge regionale del 24 dicembre 2010, n. 9 e successive modifiche e integrazioni, art. 2, commi dal 46 al 50. Approvazione dell’avviso pubblico ‘Pronti, Sport, Via! Il bando della Regione Lazio sull’impiantistica sportiva’ per il Programma straordinario per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva”;
– Esame emendamenti della proposta di legge n. 161/2014 concernente “Istituzione del servizio civile regionale”.