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19 Giu, 2013

Grecia, la macchia umana sull’Europa

Se almeno avessero le loro divinità antiche: forse i Greci capirebbero meglio quel che vivono, l’ingiustizia che subiscono, l’abulica leggerezza di un’Europa che li aiuta umiliandoli da anni, che dice di non volerli espellere e nell’animo già li ha espulsi. Le divinità d’un tempo si sapeva bene che erano capricciose, illogiche, si innamoravano e disamoravano presto.
Su tutte regnava Ananke: l’inalterabile Necessità, ovvero il fato. A Corinto, Ananke condivideva un tempio con Bia, la Violenza. L’Europa ha per gli Ateniesi i tratti di questa Necessità.

Forse capirebbero, i Greci, come mai a Roma s’è riunito venerdì un vertice di ministri dell’Economia e del Lavoro, tra Italia, Spagna, Francia, Germania, per discutere il lavoro fattosi d’un colpo cruciale, e nessuno di essi ha pensato di convocare la più impoverita delle nazioni: 27 per cento di disoccupazione, più del 62 per cento giovani. Sono i tassi più alti d’Europa. Forse avevano qualcosa da dire, i Greci, sui disastri della guerra che le istituzioni comuni continuano a infliggere con inerte incaponimento, e senza frutti, al paese reo di non fare i compiti a casa, come recita il lessico Ue.

La Grecia è la macchia umana che imbratta l’Europa, da quando è partita la cura d’austerità. Ha pagato per tutti noi, ci è servita al tempo stesso da capro espiatorio e da cavia. In una conferenza stampa del 6 giugno, Simon O’Connor, portavoce del commissario economico Olli Rehn, ha ammesso che per gli Europei è
stato un “processo di apprendimento”. In altri paesi magari si farà diversamente, ma non per questo scema la soddisfazione: “Non è stata cosa da poco, tenere Atene nell’euro”; “Dissentiamo vivamente da chi dice che non è stato fatto abbastanza per la crescita”. Poi ha aggiunto piccato: “Sono accuse del tutto infondate”.

O’Connor e Rehn reagivano così a un rapporto appena pubblicato dal Fondo Monetario: lo stesso Fmi che con la Banca centrale europea e la Commissione è nella famosa troika che ha concepito l’austerità nei paesi deficitari e dall’alto li sorveglia. L’atto di accusa è pesante, contro strategie e comportamenti dell’Unione durante la crisi. La Grecia “poteva uscirne meglio”, se fin dall’inizio il debito ellenico fosse stato ristrutturato, alleggerendone l’onere. Se non si fosse proceduto con la micidiale lentezza delle decisioni prese all’unanimità. Se per tempo si fosse concordata una supervisione unica delle banche. Se crescita e consenso sociale non fossero stati quantità trascurabili. Solo contava evitare il contagio, e salvaguardare i soldi dei creditori. Per questo la Grecia andava punita. Oggi è paria dell’Unione, e tutti ne vanno fieri perché tecnicamente rimane nell’euro pur essendo outcast sotto ogni altro profilo.

Addio alla troika dunque? È improbabile, visto che nessun cittadino può censurare i suoi misfatti, e visto il sussiego con cui è stato accolto il rapporto del Fondo. L’ideale sarebbe di licenziarla fin dal Consiglio europeo del 27-28 giugno, dedicato proprio alla disoccupazione che le tre Moire della troika hanno così spensieratamente dilatato. Il Parlamento europeo non oserà parlare, e quanto alla Bce, le parole di Draghi sono state evasive, perfino un po’ compiaciute: “Di buono, nel rapporto FMI, è che la Banca centrale europea non è criticata”. Il Fondo stesso è ambivalente, ogni suo dire è costellato di ossimori (di asserzioni acute-stupide, etimologicamente è questo un ossimoro). Il fallimento c’è, ma è chiamato “necessario”. La recessione greca è “più vasta d’ogni previsione”, ma è “ineludibile”. Il fato illogico regna ancora sovrano, solo che a gestirlo oggi sono gli umani.

In realtà c’è poco da compiacersi. L’Unione non ha compreso la natura politica della crisi  –  la mancata Europa unita, solidale  –  e quel che resta è un perverso intreccio di moralismi e profitti calcolati. Resta l’incubo del contagio e dell’azzardo morale. Condonare subito il debito, come chiedevano tanti esperti, significava premiare la colpa. E poi all’Europa stava a cuore proteggere i creditori, dice il rapporto del Fondo, più che scongiurare contagi: dilazionare le decisioni “dava tutto il tempo alle banche di ritirar soldi dalle periferie dell’eurozona”. La Banca dei regolamenti internazionali cita il caso tedesco: 270 miliardi di euro hanno abbandonato nel 2010-11 cinque paesi critici (Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia, Spagna).

Ma la vera macchia umana è più profonda, e se non riconosciuta come tale sarà ferita che non si rimargina. È l’ascia abbattutasi sull’idea stessa dei beni pubblici, guatati con ininterrotto sospetto. È qui soprattutto che salari e lavori sono crollati. E la democrazia ne ha risentito, a cominciare dalla politica dell’informazione. Il colmo è stato raggiunto la notte dell’11 giugno, quando d’un tratto il governo ha chiuso radio e tv pubblica  –  l’Ert, equivalente della Bbc o della Rai  –  con la tacita complicità della troika che esigeva licenziamenti massicci di dipendenti pubblici. Non che fosse una Tv specialmente pluralista, ma perfino chi era stato emarginato (come l’economista Yanis Varoufakis) ha accusato i governanti di golpe. Le televisioni private, scrive Varoufakis, sono spazzatura: “un torrente di media commerciali di stampo berlusconiano: templi di inculcata superficialità” da quando inondarono gli schermi negli anni ’90.

Il giorno dopo l’oscuramento di Ert (2700 licenziati) c’è stata una manifestazione di protesta a Salonicco. Tra gli oratori l’economista James Galbraith, figlio di John Kenneth, e il verdetto è spietato: cinque anni di crisi son più della Seconda guerra mondiale condotta dall’America in Europa, più della recessione combattuta da Roosevelt. E la via d’uscita ancora non c’è.

Perché non c’è? Galbraith denuncia un nostro male: la mentalità del giocatore d’azzardo. Il giocatore anche se perde s’ostina sullo stesso numero, patologicamente. Continuando a ventilare l’ipotesi dell’uscita greca l’Europa ha spezzato la fiducia fra gli Stati dell’Unione, creando una specie di guerra. Ci sono paesi poco fidati, e poco potenti, che non hanno più spazio: i Disastri di Goya, appunto. Non è stata invitata Atene, alla riunione romana, ma neppure Lisbona: la sua Corte costituzionale ritiene contrari alla Carta due paragrafi del piano della troika, e da allora anche il Portogallo è paria. “Ci felicitiamo che Lisbona prosegua la terapia concordata: è essenziale che le istituzioni chiave siano unite nel sostenerla”, ha comunicato la Commissione due giorni dopo la sentenza, rifiutando ogni rinegoziato. Mai direbbe cose analoghe sui verdetti della Corte tedesca, giudicati questi sì inaggirabili.

Macchie simili non si cancellano, a meno di non riscoprire l’Europa degli esordi. Non dimentichiamolo: si volle metter fine alle guerre tra potenze diminuite dopo due conflitti, ma anche alla povertà che aveva spinto i popoli nelle braccia delle dittature. Non a caso fu un europeista, William Beveridge, a concepire il Welfare in mezzo all’ultima guerra.

Le istituzioni europee non sono all’altezza di quel compito, attualissimo. Tanto più occorre che i cittadini parlino, tramite il Parlamento che sarà votato nel maggio 2014 e una vera Costituzione. È necessario che la Commissione diventi un governo eletto dai popoli, responsabile verso i deputati europei. Una Commissione come quella presente nella troika deve poter esser mandata a casa, avendo generato rovine. Ha perso il denaro, il tempo e l’onore. Ha seminato odio fra nazioni. Ha precipitato un popolo, quello greco, nel deperimento. Si fa criticare da un Fmi malato di doppiezze. È affetta da quello che Einstein considerava (la frase forse non è sua, ma gli somiglia) il sommo difetto del politico e dello scienziato: “L’insania che consiste nel fare la stessa cosa ripetutamente, ma aspettandosi risultati differenti”.

18 Giu, 2013

Terra, lettura, economia

Giovedì 20 giugno, ore 17.30 – 20.00
Casa delle donne
Il tema  della  terra come pianeta e come ‘suolo’ è rilevante ai fini della tutela di fertilità, produttività, accesso al cibo, salute, paesaggio, ambiente, biosfera. Lavoro sul ‘campo’, ricerca, creatività possono dare impulso ad una nuova economia che attraversi quartieri, città, territori…

Saluti di Francesca Koch,  Presidente del Consorzio Casa Internazionale delle Donne
Presenta: Irene Giacobbe, Presidente Power and Gender – associazione  federata  AFFI
Modera:  Maria Luisa Forenza,  Regista ANAC

TERRA
Rosanna Oliva:  Il Parco di Veio. La difesa di Demetra
(Comitato Parco di Veio, Presidente Associazione Aspettare Stanca)

Domenico Genovesi: Terra e  distribuzione delle terre nel Lazio
(Regione Lazio, Direzione Agricoltura)

LETTURA
Maria Pia Mazziotti:  Pubblica lettura a Roma
(Biblioteche di Roma Capitale, Ufficio Progetti Speciali Culturali)

Massimo Sani:  La lettura nell’era dell’immagine digitale
(Esecutivo ANAC, Associazione Nazionale Autori Cinematografici)

ECONOMIA
Nino Galloni: Lavoro, tempo, moneta
(Economista,  membro del Collegio dei Sindaci dell’INPS)

Gaetano Bonaiuto:  Prestito della speranza ed economia del dono
(Economista, progetto Microcredito di Banca INTESA SAN PAOLO)

Testimonianze
Nike Koutrakou: Terra, Lettura, Economia in Grecia
(Ministro Consigliere, Ambasciata di Grecia a Roma)

Andrea Ferrante: La sfida dell’eco-solidale
(CAE-Città dell’Altra Economia)

Interventi Istituzionali
Paolo Masini   (Consigliere di Roma Capitale)
Marta Bonafoni   (Consigliera Regione Lazio, Comm.ni Vigilanza, Cultura, Politiche sociali)
Concettina Ciminiello  (Assessora  Regione Lazio alla Semplificazione,  Trasparenza, Pari opportunità)

Interventi dal pubblico

Alla fine dell’incontro la  Fattoria Di Vaira (Petacciato, Campobasso)  offre  una degustazione di prodotti biodinamici.
www.fattoriadivaira.it

Casa Internazionale delle Donne – Sala  Carla Lonzi  – Via della Lungara, 19
- 00165  Roma

18 Giu, 2013

Ciao ciao signore!

Il lettore M. di Alessandria ha un figlio di due anni e mezzo che, appena incrocia una persona per strada, le getta la voce al collo: «Ciao ciao signore!», «Ciao ciao signora!». Poi si ferma ad aspettare dallo sconosciuto un cenno che lo rassicuri sul fatto di essere considerato con analoga attenzione. Il quartiere dove M. passeggia con suo figlio è frequentato da una fauna variopinta e stratificata: puoi trovarvi la donna col chador e l’indigeno anziano che rimembra ancora di quando i Grigi dell’Alessandria sconfissero per due a zero il Grande Torino (era il 1947). Ma per il piccolo inesausto salutatore non esistono differenze. Alla donna col chador e all’indigeno anziano affida lo stesso «ciao ciao» ecumenico, da non confondersi col «ciaociao» nevrotico che gli adulti sputano nei loro telefonini al termine di una conversazione.

M. contempla il mondo con gli occhi di suo figlio e pensa al giorno, ormai prossimo, in cui l’incanto finirà. Quando anche lui, come ogni altro abitante del pianeta, comincerà a nutrirsi di contrapposizioni rassicuranti: italiani e stranieri, belli e brutti, ripetenti e promossi, juventini e milanisti. Un piano inclinato, dove per affermare la propria debole individualità si corre sempre più in fretta verso la sottolineatura delle divergenze, fino a sentirsi diversi da tutti gli altri e al tempo stesso così anonimi. Secondo M., la società dovrebbe difendere con i denti la propensione dei bambini di due anni e mezzo a considerare le persone tutte uguali tra loro e tutte uguali a noi. Invece passiamo l’infanzia a dimenticare ciò che a due anni e mezzo sapevamo benissimo. E il resto della vita a cercare di ricordarcelo.

Massimo Gramellini (La Stampa)

18 Giu, 2013

L’importanza dei centri antiviolenza

Peraltro la grande nuvola grigia che ci circonda non è solo quella delle donne uccise, ma di quelle che potrebbero esserlo, oppure che vivono tutta la vita nel terrore di esserlo. Per loro solo le misure sociali e di prevenzione possono quello che la giustizia penale non può. Oggi in Italia abbiamo 127 centri, di cui solo 61 sono delle vere e proprie case-rifugio per un totale, su tutto il territorio del Paese, di 500 posti letto. Leggi l’articolo

17 Giu, 2013

Roma mafie tour

Giovedì 20 giugno alle 10 parte il bus dell’associazione antimafie daSud. Otto le tappe, da piazza della Repubblica a piazza Bologna. Il “giro turistico” toccherà i luoghi simbolo delle mafie di ieri e di oggi. A bordo deputati, senatori, amministratori locali e rappresentanti delle associazioni. Sarà presentato anche un dossier sulla Roma città di mafie.

Un’impresa mai tentata prima: organizzare un giro turistico alla scoperta della Roma criminale. Eppure il “Roma mafie tour”, organizzato dall’associazione antimafie daSud nell’ambito della Lunga Marcia della Memoria 2013, sarà questo e molto altro ancora. Sarà l’occasione per fare il punto sulla penetrazione delle organizzazioni criminali nella Capitale, attraverso la presentazione di un dossier. Per mettere a confronto e coinvolgere su questo tema parlamentari e amministratori locali. E naturalmente per sensibilizzare la cittadinanza attraverso le immagini e le parole degli attori che hanno segnato la storia del cinema a Roma.

Il tour, fissato per giovedì 20 giugno, avrà inizio alle ore 10 con una breve conferenza stampa a piazza della Repubblica. L’associazione daSud illustrerà e distribuirà alla stampa un approfondito dossier sulla Roma città di mafie. Dopodiché giornalisti, semplici cittadini e politici saliranno insieme sul “mafie bus” che li condurrà nei luoghi simbolo delle mafie di ieri e di oggi.

Otto le tappe: piazza della Repubblica, via Veneto, via Nazionale, il Campidoglio, corso Vittorio Emanuele, campo Marzio, villa Borghese e piazza Bologna. Ogni tappa un tema: dal racket alla droga, dal riciclaggio alla mafia dei colletti bianchi, dalla giustizia alla politica. Di volta in volta approfonditi attraverso il racconto di storie e avvenimenti troppo a lungo rimossi o sottovalutati.

Nella loro narrazione, i ragazzi dell’associazione daSud saranno sostenuti anche dagli attori e le attrici che più di tutti hanno contribuito a costruire l’immaginario collettivo su Roma. Alberto Sordi, Anna Magnani, Anita Ekberg, Aldo Fabrizi, Nino Manfredi, tra gli altri, saranno infatti “testimonial” d’eccezione del mafie tour. Ciascuno di loro “adotterà” un tema e una tappa, grazie alle sagome a grandezza naturale disegnate dall’artista Giacomo Bendotti.

All’esercizio della denuncia e della memoria farà però seguito anche la fase della proposta e della partecipazione. Ospiti del “Roma mafie tour” saranno infatti esponenti politici di livello locale e nazionale. L’invito rivolto a tutti i rappresentanti istituzionali e delle associazioni, ha visto già l’adesione, tra gli altri, dei deputati Celeste Costantino, Ileana Piazzoni e Filiberto Zaratti (Sel), Pina Picierno, Marco Miccoli, Laura Garavini e Davide Mattiello (Pd). Aderiscono anche i consiglieri regionali del Lazio Marta Bonafoni e Cristiana Avenali (Per il Lazio), Riccardo Agostini (Pd), Gino De Paolis (Sel). Nonché i consiglieri di Roma Capitale Paolo Masini, Erica Battaglia, Valentina Grippo, Estella Marino (Pd), Luigi Nieri, Gemma Azuni e Gianluca Peciola (Sel). I presidenti dei Municipi Sabrina Alfonsi (I), Susi Fantino (VII), Gianmarco Palmieri (V), Daniele Torquati (XV). Altre adesioni stanno arrivando in queste ore.

Insieme a loro ci saranno anche rappresentati del mondo delle associazione, tra cui Lorenzo Parlati (Legambiente Lazio), Fabio Ciconte (Terra), Loris Antonelli (Via Libera), Bartolo Mancuso (Scup), Ferdinando Secchi e Alfredo Borrelli (Libera), Bianca La Rocca (Sos Impresa) e i rappresentanti di Cittadinanza attiva, Flc Cgil, Cna Roma, Associazione nazionale archeologi, Casetta rossa, e del Goethe Institut di Roma.

16 Giu, 2013

Nojian, nata su un barcone

E’ nata su un barcone in legno di pochi metri, il primo pianto in mezzo al mare, nel pieno di una traversata dalla Turchia, solo un telo nero a nascondere il parto agli occhi degli altri 159 compagni di sventura. Ha solo due giorni ma la piccola Nojian – che significa “nuova vita” – sta bene, pesa più di due chili e ora di lei si occupano i pediatri e le ostetriche dell’ospedale di Locri.

13 Giu, 2013

Consultori: anche nel Lazio vigileremo per la piena applicazione della Legge 194

“Nella nostra Regione c’e’ una vera emergenza democratica che si sta consumando sulla pelle delle donne: la non applicazione della Legge 194 in quasi tutte le strutture sanitarie pubbliche a causa della grandissima presenza di medici obiettori. Nel Lazio, secondo i dati raccolti dagli operatori sanitari – medici e ginecologi – gli obiettori sono oltre il 91%. Continua a leggere “Consultori: anche nel Lazio vigileremo per la piena applicazione della Legge 194”