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21 Apr, 2017

Biotestamento, si può ma con riserva: il medico decide

Eleonora Martini, Il Manifesto

Molte critiche ma anche un ampio consenso. Il testo di legge che introduce le Dichiarazioni anticipate di trattamento è stato licenziato ieri dalla Camera con 326 voti favorevoli e solo 37 contrari. Malgrado i tanti mugugni delle destre e degli oltranzisti pro-life, presenti anche nel centrosinistra ma questa volta messi in sordina. E malgrado gli ultimi “ritocchi” apportati al testo con gli emendamenti presentati dalla maggioranza in Aula nelle ultime ore, dopo 14 mesi di discussione in Commissione Affari sociali, che hanno mandato in aria l’asse Pd-M5S e trovato anche l’opposizione di SI e Mdp.

IERI L’ULTIMO STRAPPO, quando un altro emendamento presentato dal deputato Mario Marazziti (Ds-Cd) passa con la riformulazione suggerita dal relatore di maggioranza Donata Lenzi e depotenzia le Dat che possono essere disattese dal medico che le ritenesse «manifestatamente inappropriate o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente», oppure qualora si fossero rese nel frattempo disponibili nuove terapie.

I deputati a 5 Stelle protestano, per «la forma» e per «la sostanza»: «Sul biotestamento ci siamo confrontati per un anno e mezzo in commissione – scrivono in una nota i membri della Affari sociali – e quindi l’emendamento Marazziti avrebbe dovuto essere oggetto di discussione in quella sede. Invece, è arrivato ieri sera in Comitato dei nove e lì è sostanzialmente passato. Un blitz che appare legato a equilibri politici e non alla qualità del testo. Sottolineiamo come a fronte dell’approvazione di questo emendamento sia stata bocciata la nostra richiesta di dare maggior peso al ruolo del fiduciario del paziente. Purtroppo quanto avvenuto è un compromesso al ribasso che rende le Dat suscettibili di interpretazioni». Un emendamento, questo, che è stato bocciato anche da Sinistra italiana: «Questa norma insieme a quella approvata mercoledì, che scarica i medici dall’obbligo professionale di soddisfare le richieste del malato, sono due paletti importanti alla volontà del paziente – afferma la deputata Beatrice Brignone -. E la cosa grave è che questi puntelli sono arrivati all’improvviso in Aula, pur avendo avuto molti mesi a disposizione».

Il M5S, che aveva presentato un emendamento per legalizzare l’eutanasia approvato anche da SI, ha comunque votato a favore del testo finale, considerando la legge, alla fin dei conti, un «atto di civiltà». Si sono schierati contro invece Lega Nord, Ap, Fdi e Forza Italia che però ha lasciato ai suoi deputati libertà di coscienza. Ora il testo passerà all’esame del Senato, dove in molti sperano (con poco realismo, per via di una maggioranza ben più risicata) che possa essere migliorato.

NEI SEI ARTICOLI della legge sul fine vita viene normato il consenso informato, stabilito il diritto del paziente a rifiutare e revocare ogni trattamento sanitario, compresi nutrizione e idratazione artificiale, vietato l’accanimento terapeutico, concessa la possibilità ai medici di somministrare la sedazione continua profonda, se richiesta. Le Dat possono essere redatte anche con scrittura privata, ma dovranno essere autenticate davanti a un notaio o a un pubblico ufficiale. Non è stato istituito un Registro nazionale delle Dat per mancanza di copertura rilevata dalla Commissione Bilancio.

E fin qui, diciamo tutto bene. Il problema dei problemi sta però nel rischio che le Disposizioni anticipate diventino carta straccia nel momento in cui chi le ha redatte non sia più in grado di intendere e volere. Innanzitutto perché si istituzionalizza l’obiezione di coscienza che, seppur controbilanciata dall’obbligo per la struttura sanitaria di rispettare le volontà del paziente, rischia inevitabilmente di rendere inapplicabile il «testamento biologico». Si potrà indicare un fiduciario, una persona che si relazionerà con il medico e con le strutture sanitarie al posto del malato, ma l’ultima parola, in ogni caso, l’avrà sempre il medico, che applicherà le Dat solo se le riterrà «appropriate».

LUCI E OMBRE, DUNQUE. Gioisce invece il Pd al completo. E la Cgil saluta la nuova legge come «un passo in avanti sostanziale verso il rispetto della volontà dei pazienti e la dignità del fine vita. La risposta del Parlamento ad un obbligo costituzionale che diventa obbligo anche per il Sistema sanitario nazionale». Tutti chiedono che il testo passi ora, senza indugi, «subito al Senato».

20 Apr, 2017

Affittopoli, la Corte dei Conti boccia il procuratore. Vincono i Commons

Stefano Simoncini, Il Manifesto

Gli spazi sociali romani sotto sfratto hanno vinto una battaglia fondamentale, forse decisiva, nella guerra dei Commons: il presidente della Corte dei Conti del Lazio ha detto no. Con le sentenze depositate ieri riguardanti due dei 20 casi attualmente pendenti sui 230 complessivi, quelli delle associazioni «Agorà 80» e «Anche tu insieme», il collegio giudicante per la Regione Lazio ha detto no al procuratore Guido Patti, colui che ha montato un castello accusatorio pesantissimo contro i dirigenti capitolini che hanno gestito in passato il patrimonio non disponibile del Comune di Roma in concessione per usi sociali e culturali.

HA DETTO CHE IL DANNO erariale semplicemente non c’è, non sussiste, sfilando la pietra angolare di tutto il castello, in quanto la tesi del procuratore contabile è che quelle concessioni, in parte scadute, in parte mai del tutto regolarizzate, o che comunque presentano dei vizi formali, avrebbero dovuto pagare un canone di mercato per l’intero periodo di usufrutto.

Hanno vinto i dirigenti e gli avvocati, tra cui i bravissimi Pino Lo Mastro e Stefano Rossi, ma anche diverse avvocatesse giovani e agguerrite, che il 6 aprile scorso avevano sostenuto 8 ore di dibattimento, duettando fino allo sfinimento con un Patti glaciale, inflessibile, che aveva manifestato gli unici segni di emotività rivolgendo battute verso il pubblico delle associazioni presenti in aula: «Vi siete portati la claque». Ricambiato da una risata fragorosa di tutta l’aula quando, excusatio non petita, aveva affermato di non avere intenti persecutori verso le associazioni.

Hanno vinto le associazioni, che possono essere più fiduciose nel fatto che le richieste di risarcimenti milionari a loro rivolte da parte del Comune non abbiano alcuna conseguenza. E anzi, rischiano di mettere in una posizione legale molto scomoda l’amministrazione capitolina. Se infatti le sentenze saranno confermate in appello e se faranno giurisprudenza, come è assai probabile, visto il peso della giudice che l’ha emessa, la presidente Piera Maggi, e visto che i due casi giudicati coprono un po’ tutte le fattispecie, il Comune si troverà con centinaia di intimazioni emesse verso le associazioni prive di ogni base legale. Con il rischio di trovarsi presto a parti invertite, inseguito da centinaia di cause civili intentate dalle associazioni contro il Campidoglio per la definizione del giusto canone e per richieste di risarcimenti in ragione di provvedimenti infondati e vessatori, soprattutto da parte di chi, per la minaccia subita, ha già lasciato gli spazi.

SONO GIÀ TRE LE ASSOCIAZIONI che stanno avviando cause civili per la definizione del giusto canone, tra cui la «Mario Mieli», che quasi certamente vinceranno così che il Comune dovrà cominciare a perdere soldi in spese legali. Ma sono ben più ingenti i danni attuali e potenziali che sta già scontando la collettività per le azioni amministrative ispirate dagli insensati criteri della procura contabile, e assecondate altrettanto scriteriatamente dal Comune, dirigenza e giunta messi insieme. Se ne può avere un’idea prendendo il caso del Sant’Egidio, che ha lasciato i locali di Nuova Ostia in cui operava a causa delle diffide al rilascio del Comune con richiesta di risarcimento parametrato sul canone di mercato. In quel caso i danni sono 4 in uno. La perdita di un presidio di legalità e welfare in un quartiere con enormi fragilità sociali; le mancate entrate del canone di concessione, seppur non altissimo; i danni legati al degrado in cui sta rapidamente cadendo lo spazio che naturalmente è già stato occupato da “senza tetto”, e infine il rischio di una causa da parte di Sant’Egidio per tutta questa vicenda.

NELLE SENTENZE, si motiva l’annullamento del danno erariale sostenendo, come già spiegato dal manifesto, che l’irregolarità formale della concessione non può essere parametrato sul valore di mercato semplicemente perché si tratta di patrimonio classificato come indisponibile, e cioè vincolato a usi sociali e istituzionali, e perciò non poteva in ogni caso essere messo a reddito, neanche se le associazioni senza titolo fossero state sfrattate dai dirigenti, come avrebbe voluto Patti, non a caso accusato dalla rete di organizzazioni (oltre 50) di «abuso della funzione inquirente», nell’esposto presentato alla Corte dei Conti.

ORA LE ASSOCIAZIONI attendono che il Comune non solo revochi in autotutela tutte le diffide, ma che provveda rapidamente a verificare il valore sociale delle attività svolte negli spazi in concessione. E, contestualmente alla restituzione agli usi collettivi degli spazi inutilizzati o affidati ad associazioni inesistenti, immediatamente regolarizzi, con tante scuse, tutte le associazioni. E senza bando, come è nelle sue prerogative. Checché ne dica Patti.

19 Apr, 2017

Bene la fase di consultazione su Castel di Guido

Importante partecipazione alla consultazione pubblica “Castel di Guido guarda al futuro” che si è tenuta questa mattina alla Regione Lazio, alla presenza degli assessori regionali Alessandra Sartore e Carlo Hausmann, dei comitati, dei sindacati, delle associazioni e dei soggetti interessati al tema della valorizzazione della Tenuta. Un incontro utile e propositivo, perché finalizzato alla stesura di quel bando pubblico tanto atteso che sarà il punto di partenza per non disperdere quell’immenso patrimonio rappresentato dalla tenuta.

In particolare, durante la consultazione, è emersa la volontà, sia dell’amministrazione regionale che delle varie realtà che operano intorno a Castel di Guido, di trovare soluzioni che favoriscano la multifunzionalità della tenuta, le coltivazioni biologiche e che diano spazio alle associazioni e ai servizi alle persone, attraverso una visione unitaria di sviluppo e rilancio di quel luogo, a cominciare dalla tutela e dall’aumento dell’occupazione.

Sarà possibile continuare a partecipare alla consultazione fino alla prossima settimana mandando il proprio contributo alla mail all’indirizzo casteldiguido@regione.lazio.it.

19 Apr, 2017

Mozione di maggioranza per sostegno a Gabriele Del Grande

“Abbiamo sostenuto e sottoscritto la mozione di maggioranza che oggi l’aula del Consiglio regionale discuterà per dare supporto al giovane giornalista Gabriele Del Grande, recluso nelle carceri turche, senza reale motivo.

In questi dieci giorni di carcere a Gabriele è stato impedito di telefonare, nominare un avvocato e addirittura conoscere il motivo del fermo. Da oggi è iniziata la battaglia, che è anche la nostra, per il riconoscimento dei diritti minimi di una persona. Lo sciopero della fame che Del Grande ha iniziato deve essere accompagnato da una presa di posizione netta nei confronti del Governo turco da parte di tutti i livelli, politici, istituzionali e sociali.

Non dobbiamo permettere che Gabriele, come i tanti giornalisti detenuti in Turchia, restino senza voce e isolati in un paese che pare abbia smarrito la direttrice democratica”.

A dichiararlo sono Gino De Paolis, Marta Bonafoni, Daniela Bianchi, Rosa Giancola e Riccardo Agostini, Consiglieri Mdp alla Regione Lazio

19 Apr, 2017

Del Grande in sciopero della fame in un carcere turco

 

Il Manifesto

«Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato». La prima telefonata di Gabriele Del Grande, il giornalista italiano fermato in Turchia durante un controllo di polizia nella provincia sudorientale dell’Hatay al confine con la Siria e trattenuto in un centro di detenzione amministrativa da domenica 9 aprile fino a ieri senza possibilità di contatto con l’esterno è arrivata solo ieri. «Da stasera inizio lo sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti», ha annunciato chiamando la sua compagna e alcuni amici.

La telefonata è comunque stata concessa sotto stretta sorveglianza. «Sto parlando con quattro poliziotti che mi guardano e ascoltano», ha riferito infatti. «Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento. I miei documenti sono in regola ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo – ha aggiunto – La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta».

Gabriele Del Grande, 35 anni, è reporter e documentarista. Fondatore dell’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione «Fortress Europe», nel 2014, insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, ha realizzato il documentario «Io sto con la sposa» che racconta la vera storia di cinque profughi palestinesi e siriani, sbarcati a Lampedusa, che per arrivare in Svezia mettono in scena un finto matrimonio. Finanziato con il crowdfunding, il film è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia, sezione Orizzonti.

Sempre attraverso il crowdfunding stava realizzando un altro progetto, una serie di interviste ai profughi di guerra siriani per il libro «Un partigiano mi disse», descritto nella presentazione come un’opera «sulla guerra in Siria e la nascita dell’Isis raccontate attraverso l’epica della gente comune in un intreccio di geopolitica e storytelling».

Ieri dopo l’annuncio dell’inizio dello sciopero della fame di Del Grande il presidente della Commissione per i diritti umani Luigi Manconi ha incontrato a porte chiuse per un’ora l’ambasciatore turco a Roma, mantenendo il massimo riserbo sul contenuto del colloquio.

18 Apr, 2017

VI Commissione

Giovedì 25 maggio 2017, ore 10.30
Sala Etruschi

Esame della proposta di legge n. 365: “Norme per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio”. Testo base nell’esame abbinato con la proposta di legge n. 359: “Interventi di rigenerazione urbana”.

18 Apr, 2017

Populismo, teorie e problemi

Lunedì 22 maggio 2017, ore 17.30
Palazzo della cultura – Caprarola

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La parola “populismo” è una delle più utilizzate (e abusate) nel corrente linguaggio politico. Nonostante le origini piuttosto antiche del termine, esso è tornato alla ribalta soprattutto dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, tanto che alcuni commentatori hanno messo in rilievo il processo di costituzione di una vera e propria “internazionale populista”.

Ma cos’è il populismo? Quante varianti ne esistono attualmente? La Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle possono essere definiti partiti populisti? E che dire dei movimenti di sinistra come Podemos in Spagna e alcune formazioni dell’America Latina?

Manuel Anselmi, sociologo, ricercatore e docente universitario, ripercorre nel suo libro “Populismo, teorie e problemi” (Edizioni Mondadori) le principali teorie sul populismo, affrontandone poi i nodi cruciali e le problematiche in relazione agli sviluppi attuali a livello mondiale. Il libro verrà presentato a Caprarola, presso il Palazzo della Cultura, il prossimo lunedì 22 maggio alle ore 17.30.

L’incontro è organizzato dalla nuova Associazione Culturale “Le città invisibili”, recentemente fondata da giovani di Caprarola con l’obiettivo di portare innovazione culturale sul territorio.

“Abbiamo cercato di partire subito con un’iniziativa di spessore. Il populismo è un tema particolarmente attuale e crediamo che debba essere indagato per capire soprattutto qual è il sostrato sociale e culturale che produce fenomeni politici potenzialmente pericolosi come quelli in corso in molti paesi del mondo”, dichiarano gli organizzatori.

Gli ospiti sono senza dubbio di altissimo valore politico e accademico. Saranno presenti infatti l’Onorevole Senatore Walter Tocci del Partito Democratico, la consigliera regionale Marta Bonafoni di Articolo UNO – Mdp, il ricercatore e autore del libro “La sinistra radicale in Europa” Marco Damiani, l’autore Manuel Anselmi e il consigliere comunale con delega alla cultura Angelo Borgna. A introdurre l’iniziativa Simone Olmati, operatore culturale e socio fondatore dell’Associazione Culturale “Le città invisibili”. L’evento, che rientra nella rassegna nazionale “Il Maggio dei Libri” sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica