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Che ci siamo e ci saremmo state lo avevamo annunciato e ribadito più volte nel corso degli ultimi due anni e mezzo. Eppure oggi è una giornata storica per le cittadine di Roma, ma anche per le donne e gli uomini del Lazio e del nostro Paese. La Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’ è salva: alla terza asta la Regione Lazio si aggiudica l’immobile di via Lucio Sestio 10 a Roma, finito nel concordato preventivo di Atac, e permette così a un’esperienza unica in Europa, nata dall’impegno sul territorio di un nutrito gruppo di attiviste femministe e transfemministe, di vivere e continuare a dare ricchezza e luce alla città.

Un’operazione inedita, figlia della buona politica e di un rapporto virtuoso tra istituzione e attiviste, grazie al quale è salvo quel patrimonio di sogni, relazioni e opportunità per donne e bambini in uscita dalla violenza tessuti dalle attiviste di ‘Lucha’ in 13 anni di lotte, sacrifici e un’incredibile capacità di resistenza che le ha portate fin qui, a festeggiare insieme a noi questa vittoria. Un traguardo tanto prezioso quanto sudato, se si osserva il percorso affrontato e si mettono a fuoco i pericoli scampati. Dalle continue minacce di sgombero e distacco delle utenze, alla totale mancanza di visione della giunta capitolina guidata da Virginia Raggi – che ci ha costretto a giocare una partita bendate sui destini di donne e bambini in stato di protezione – fino ai paventati tentativi di speculazione immobiliare, che hanno creato un clima di tensione e paura, anche negli ultimi istanti di questa incredibile vicenda.

Siamo state più forti noi che, consapevoli di quanto lunga e accidentata sarebbe stata la strada, abbiamo creduto di potercela fare. Dapprima, con una mozione approvata in Consiglio, che nel marzo del 2019 impegnava la Regione ad aprire un tavolo col Comune di Roma per evitare la chiusura e la vendita dell’immobile; poi, pochi mesi dopo, con i 2,4 milioni di euro stanziati per salvare ‘Lucha’ grazie a un emendamento a mia prima firma, siglato da dieci tra consigliere e consiglieri di maggioranza ai quali dico grazie dal primo all’ultimo. Due atti che, assieme alla legge sui beni comuni e alla norma sulla valorizzazione dei luoghi delle donne, confermano ancora una volta quanto la Regione Lazio si spenda attivamente contro la violenza di genere, per le donne, i diritti e per una nuova idea di governo partecipato dei territori.

Voglio per questo ringraziare innanzitutto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e tutta l’enorme squadra che ha condotto il percorso fino a questa felice tappa finale: Cecilia D’Elia; l’assessora alle Pari Opportunità, Enrica Onorati, e le sue predecessore, Giovanna Pugliese e Lorenza Bonaccorsi con la relativa direzione; e, infine, gli assessori e la direzione Bilancio, Governo Societario, Demanio e Patrimonio della Regione Lazio, senza il cui competente apporto tecnico questa delicatissima operazione contabile, oltre che politica, non sarebbe stata possibile.

Dopo aver vinto la partita più rischiosa, però, ora dobbiamo giocare quella più generativa di futuro: supportare le attiviste nell’immaginare la ‘Lucha y Siesta 2.0’. Sarà, nel nostro auspicio, un laboratorio di sperimentazione dell’autogoverno, dove il pubblico incontrerà l’associazionismo e la comunità per costruire un nuovo modello di fare città e società, contro lo svuotamento di senso perseguito da un’amministrazione comunale cieca che in tutti questi anni ha remato contro e che oggi, a fine mandato, si trova nuda di fronte alle proprie responsabilità. Noi ci siamo state, ci siamo e ci saremo, nella Roma ‘città femminista’ che vogliamo continuare a costruire.

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