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Non aver affrontato per tempo, con idee e soluzioni forti e lungimiranti, l’intero sistema della mobilita’ a Roma (compreso il nodo ATAC) è una responsabilità politica che non è possibile semplificare con un sì o con un no come quello che ci propone oggi il referendum. È una delle ragioni, non l’unica, per cui voteroò no alla consultazione di domenica prossima.

Non è per nulla vera l’equazione per cui il privato è sempre buono ed il pubblico sempre cattivo. Due esempi ce lo dimostrano: a Roma, anche se in pochi lo sanno, ci sono già 20 milioni di km di trasporti privatizzati e le cose vanno tutt’altro che bene, specie in periferia dove chi attende a oltranza l’autobus con la scritta Atac spesso non sa che quei mezzi sono un servizio privato; c’è poi il Cotral, l’azienda pubblica che soffriva di grandi inefficienze e bilanci in rosso e che come Regione abbiamo risanato agendo contemporaneamente sui conti e sulla qualità dei mezzi e del servizio.

Serve quindi un pensiero e un controllo pubblico per rilanciare non solo il trasporto ma la mobilità integrata della nostra città: c’è bisogno di maggiori soluzioni su ferro e di un sistema integrato anche con la mobilità su bicicletta e lo sharing, per invertire quella tendenza che vede l’Italia come l’unico Paese europeo nel quale il numero di persone che usano i mezzi pubblici diminuisce invece che crescere. Si tratta del diritto alla mobilità, e quindi del diritto alla città, di milioni di persone. Davvero non possiamo liquidarlo con la velocità di un sì.

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