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18 Ott, 2017

Solidarietà a Valeria, giovane donna e lavoratrice

Esprimo la mia solidarietà a Valeria, lavoratrice di Calvin Klein presso l’outlet di Castel Romano, giovane donna madre di un bimbo di 3 anni che ha chiesto di poter usufruire del riposo domenicale per poter svolgere il suo ruolo in famiglia. La risposta a questa richiesta è stato un trasferimento, molto lontano, dove le difficoltà sarebbero ancora più accentuate.

La storia di Valeria è purtroppo la storia di tante, che si scontrano con un mondo del lavoro in cui l’essere donna e madre diviene un ostacolo: dalle gravissime dimissioni in bianco, a casi come quello appena raccontato che di fatto rendono il lavoro fuori da casa un lusso.

Ho interessato di questa storia le Consigliere di parità della Regione e della Città Metropolitana di Roma, perché al di là delle questioni strettamente sindacali resta una situazione inaccettabile per un Paese civile, che allontana dal mondo del lavoro le donne e le madri.

Valeria si appresta ad iniziare una protesta esemplare. Noi, come Istituzioni, abbiamo il dovere di mettere in campo tutte le iniziative volte ad eliminare ogni ostacolo che impedisce a tutti e tutte di poter coniugare il tempo di attività lavorativa al tempo della vita.

13 Ott, 2017

Assemblea Casa Internazionale delle Donne

Lunedì 13 novembre 2017, ore 18.00
Casa Internazionale delle Donne

La Casa Internazionale delle Donne, patrimonio della città di Roma e risorsa per tutte le donne è oggi a rischio di sfratto da parte del Comune. Anche la Casa corre ora il pericolo di chiusura cui sono andate incontro tante associazioni e realtà sociali di Roma. Per questo, per parlarne insieme ci incontreremo in una grande assemblea cittadina.

20 Set, 2017

“Le Funambole” si presenta

Sabato 21 ottobre 2017, ore 19
Lucha y Siesta
Via Lucio Sestio, 10 – Roma

L’Associazione Socio Culturale LE Funambolu si presenta sulla scena romana con una festa ospitata dalla Casa delle Donne Lucha y Siesta.

Cibo goloso e il primo giro offerto da noi dalle 19.00 alle 20.30
Dj-set a cura di La Reina del Fomento e Franiko Calavera dalle 19
Incursioni funamboliche dalle 21

Siamo 21 socie fondatrici con idee e progetti in tre aree: arte e spettacolo, educazione, benessere e psicologia, tutte unite da una profonda ottica di genere aperta a tutte le donne e gli uomini che vogliono lavorare per un cambiamento sostanziale della nostra società!

funambole-21ott

15 Mag, 2017

La scala delle gravità e il senso del rigetto

di Mimmo Cortese, Comune-info

Le dichiarazioni di Debora Serracchiani, dopo l’orribile stupro di una ragazza triestina di 17 anni, fanno rabbrividire. Questo delitto diventa “socialmente e moralmente ancor più inaccettabile” perché è stato commesso da un profugo iracheno, dice la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia.
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Evidentemente, non essendo sicura di essere stata sufficientemente chiara, dopo due righe cerca di spiegarsi meglio rincarando la dose: “Riesco a capire – aggiunge – il senso di rigetto che si può provare verso individui che commettono crimini così sordidi” rompendo il “patto di accoglienza” con il nostro paese.
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Queste scellerate e inaccettabili parole vanno lette tutte assieme, il razzismo è coniugato strettamente alla sua istigazione attraverso una parola precisa: il “rigetto”. Il rigetto è “verso gli individui”, cioè verso persone in carne ed ossa. Non è l’atto odioso l’obbiettivo, è quella persona che l’ha commesso. Ma, e qui la gravità se possibile sprofonda, quella speciale persona è talmente speciale da non avere né un nome, né un cognome. Quella persona è lo straniero, il profugo. Che si permette addirittura di sbagliare, di commettere un delitto.
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Non so come si possano definire allora quelle parole, se non come un solleticare, e sollecitare, gli istinti più ciechi e violenti in circolazione nel nostro paese.
Ci sarebbe stato da augurarsi, a stretto giro di posta, una dichiarazione di scuse e di ammissione di un grave errore. Invece è arrivato un laconico e glaciale tweet senza nessuna scusa, nessun dispiacere, nessun chiaro rigetto di quelle oscene e violente parole: gli stupri sono tutti uguali ma – viene anzi ribadito – questo è peggio di altri, la rottura di quel patto di cui sopra lo certifica. Non una parola infine sulla “comprensione” del “senso di rigetto”, evidentemente ribadito.
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Affermare la maggiore gravità di un delitto, nel caso in cui a commetterlo sia un profugo o uno straniero, è un atto di grave discriminazione che internazionalmente si definisce xenofobia, indissolubilmente legata al razzismo quando lo straniero ha caratteri somatici ben identificabili e proviene da terre lontane. Affermare di “capire il senso di rigetto” verso lo straniero è una chiara istigazione al razzismo e alle pieghe violente e intolleranti che sempre più spesso si manifestano nel nostro paese.
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Ci sarebbe stato da aspettarsi, a questo punto, che il suo partito prendesse nettamente le distanze invitandola ad un gesto pubblico significativo. Ma, fino ad ora, un inquietante silenzio occupa l’agorà.
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Eppure, nonostante quanto scritto e detto sia già sufficientemente e tristemente chiaro, c’è ancora un aspetto che va considerato. Un aspetto da cui, forse, discende questo modo di parlare, questo singolare approccio alla lingua.
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Alcuni mesi fa Renzi, nel pieno delle polemiche legate alla sua famiglia, affermò: “Se mio padre è colpevole merita una pena doppia“. Solo in apparenza questo genere di affermazioni potrebbero essere definite delle semplici e innocue spavalderie da “bar”.
Il segretario del PD ha sempre cercato, usando questo linguaggio, di essere percepito come “popolare”, come colui che scende dallo scranno dorato e distante del politico e parla con le espressioni della gente. Chiaro e semplice!
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Non rendendosi conto che, seguendo questa strada, l’esito più probabile sarebbe stato confondere la chiarezza con la grossolanità e la semplicità con la superficialità. Non rendendosi conto che la chiarezza e la semplicità non hanno alcuna contiguità con il linguaggio che si manifesta nel cosiddetto buon senso del chiacchierare quotidiano, men che meno con le parole che accompagnano la reazione istintiva alle cose che ci succedono. Chiarezza e semplicità sono il frutto del lavoro lungo e difficile per arrivare al cuore di ogni questione. Sono il frutto della riflessione approfondita, delle domande indagate in ogni loro piega, delle verifiche sulle conseguenze delle scelte intraprese. Sono il frutto di ciò che si definisce senso della responsabilità.
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In realtà l’uso di questo linguaggio ha delle conseguenze ancora più serie. Quando diventa sistematico e perdura nel tempo, soprattutto quando arriva ed emana dai centri del potere, si sedimenta sempre nel profondo, predispone e orienta le persone a un modo di pensare, prefigura sempre lo sviluppo di una cultura.
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Chiedere l’eventuale pena doppia, addirittura con l’enormità di farlo per il proprio padre, non è stata solo una boutade e non ha mostrato affatto – come voleva essere nei suoi intenti – un rigore e un senso dell’etica più profondo, quella richiesta ha detto molto invece sul concetto di giustizia dell’ex premier. Ha detto di un giustizialismo mascherato e veicolato dal “sentire comune” del momento, come ricordava il ministro Minniti qualche giorno fa. Pena doppia! Dando per implicito, come messaggio di fondo, che le regole del diritto definiscono i rapporti e la convivenza solo se placano, subito, il nostro dolore, la nostra urgenza.

E’ in questo filone, credo, che si possono interpretare anche le parole di Serracchiani, il suo linguaggio. Allo stesso modo, sia pure in maniera più greve e incomparabile, rispetto alle capacità comunicative del segretario, il punto sul quale va a concentrarsi è sempre lo stesso, è il concetto di diritto, di giustizia.
Lo stupro commesso da un profugo rifugiatosi nel nostro paese, dice la presidente del Friuli Venezia Giulia, è più grave perché rompe il patto di accoglienza. E’ più grave dello stupro commesso dal marito? Quel patto d’amore ha un valore minore? E’ più grave dello stupro commesso da un branco di italiani? Il patto di civiltà ha meno valore? Quella moglie e quella ragazza avrebbero una minore ferita, una minore offesa, minore dolore, minore vergogna, minore disperazione in quelle circostanze? Naturalmente no. Ma “oggi” il patto di accoglienza sommuove e confonde la pubblica opinione.La scala delle gravità è una variabile dei tempi.

12 Mag, 2017

La rivoluzione con il chador delle ragazze di Teheran

Vanna Vannuccini, La Repubblica

La scuola di musica è di fronte alla Vahdat Hall, il teatro dell’Opera. Ragazze con la tipica mise delle studentesse, spolverini stretti e foulard neri entrano e escono con i violoncelli, violini, strumenti a fiato.
Trentotto anni fa l’ayatollah Khomeini bandì ogni genere di musica. Trasportare uno strumento era come un’arma. Oggi non è più così, sebbene il divieto non sia mai stato abolito.

05 Mag, 2017

Sono io quella ragazza

Carlotta Cossutta, Comune-info

Sono io quella ragazza sola che deve essere difesa dal degrado in stazione centrale. Negli ultimi anni ho preso più treni che tram e ho attraversato la stazione all’alba e a notte fonda… E l’ho vista cambiare: prima sono arrivati i militari, poi le barriere ai binari, poi i cancelli.

Mi sono vista passare tutti i controlli forte della mia pelle bianca e dei miei vestiti borghesi, mentre dietro di me ragazze nere venivano fermate e apostrofate malamente perché non parlano italiano (e per favore, non ditemi che questo non è razzismo); mi sono sentita fischiare dietro dai militari e sono stata aiutata a rialzarmi da una caduta sulla bici da un ragazzo arabo che giocava a carte; ho ricevuto un’offerta di erba e due proposte di matrimonio; ho assistito a una rissa e ho visto due fratelli eritrei guardare con gli occhi sgranati mia sorella che cercava di capire se avessero la scabbia….

Sono io quella ragazza sola e non vi permetterò di usare il mio corpo come paravento per operazioni come quella di martedì 2 maggio…