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27 Ott, 2015

Subito una legge nazionale sulle nozze gay

“Di fronte alle motivazioni della Sentenza del Consiglio di Stato sulla legittimità delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratte all’estero non c’è nulla da festeggiare o da rivendicare, come purtroppo qualche esponente della destra più conservatrice sta facendo in queste ore. Mediocri e irrispettosi della dignità delle persone sono le parole usate nei confronti dei Sindaci che hanno avuto il coraggio di far fare un passo in avanti verso la civiltà al Paese. Il messaggio da raccogliere da questa sentenza, dal nostro punto di vista, è che c’è urgenza di legiferare in materia. E’ la politica in sintesi la grande assente in questa faccenda, che ha delegato ai Sindaci delle nostre città una responsabilità evidentemente troppo onerosa.

Il Parlamento intervenga immediatamente, quindi, senza preconcetti e veti ideologici, perché i diritti delle persone omosessuali e l’esercizio della loro piena cittadinanza non possono essere ostaggio degli Alfano di turno.” A dichiararlo in una nota sono Marta Bonafoni, Consigliera Sel alla Regione Lazio e Sara Graziani, responsabile politiche di genere e diritti civili Sel Lazio.

27 Ott, 2015

Università, solo sei docenti under 40 in Italia

Giovani, preparati. E “intrappolati”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi l’ha definita così, illustrando la Legge di stabilità – copyright rivendicato dal ministro Giannini -, la condizione dei professori universitari. Impantanati in percorsi aleatori. Invischiati in un sistema che non valorizza il merito. Condannati, prima di conquistare una cattedra, a invecchiare.
L’istantanea che il Miur consegna, ricavata dalla Banca dati dei docenti di ruolo 2014, è disarmante: su 13.263 professori ordinari, i titolari di cattedra in atenei statali con meno di 40 anni sono solo sei.
Sabina Minardi, L’Espresso

 

 

24 Ott, 2015

Assemblea pubblica Officine Zero

Giovedì 26 Novembre, 0re 18.00
Oz Officine Zero
Via Partini, 20 – Roma

Il progetto di Oz – Officine Zero è a rischio.

Il meccanismo dell’asta fallimentare si è definitivamente messo in moto e il rischio di chiusura è imminente.
Officine Zero nasce come risposta alla crisi delle Officine ex-RSI, che per quasi un secolo hanno lavorato alla manutenzione dei treni notte. Occupate nel 2012 dagli operai in cassa integrazione, il 1° giugno 2013, di fronte al fallimento dell’azienda decretato dal Tribunale di Lecco, un’ampia coalizione sociale, che da tempo già sosteneva la vertenza operaia, ha riaperto i cancelli della fabbrica con un progetto di riconversione, per dare nuove prospettive all’occupazione già in atto.

Oggi, dopo due anni, Oz-Officine Zero rappresenta un’esperienza innovativa di economia collaborativa, in cui operai, artigiani, freelance e studenti si uniscono, mettendo in sinergia produzione materiale e immateriale. Officine di riparazione, riuso e upcycling, uno spazio di coworking, una “Camera del Lavoro Autonomo e Precario” con servizi di assistenza legale, fiscale e previdenziale, uno studentato universitario e una mensa popolare. Tutto questo e molto altro è Oz-Officine Zero, una fabbrica recuperata e riconvertita, aperta alla città e ai movimenti.
Oggi tutto questo è a rischio ed è arrivato ad un momento di svolta. Dopo la recente vendita della filiale di Lecco della ex RSI, i tempi si sono bruscamente accelerati, i beni della società sono sottoposti a procedimento fallimentare in attesa di asta. Per anni la situazione è rimasta in stallo, senza prospettive di reintegro per gli ex-operai, senza un orizzonte produttivo per le officine, con il rischio di una speculaizone alle porte.
Oggi Oz-Officine zero ha bisogno del sostegno di tanti. Non si tratta di difendere solo uno spazio e un progetto, ma di affermare la possibilità di un’alternativa concreta alla crisi. In una città commissariata, con un sindaco destituito dall’alto, dove continuano a governare poteri forti e passioni tristi, dove la privatizzazione avanza e la precarietà è la regola, dove ogni progetto innovativo dal basso viene ostacolato, è tempo di alzare la testa e di mettere in comune i frammenti più vivi.

Per questo vi invitiamo a partecipare giovedì 26 novembre ad una ampia assemblea pubblica in cui a partire dal progetto e dall’attuale emergenza di OZ – Officine Zero vorremmo costruire collettivamente un dibattito di più ampio respiro che si interroghi sulle trasformazioni che investono il mondo del lavoro, le città e la vita stessa delle persone

23 Ott, 2015

Quando si sveglia il cuore della mia città

Ormai lo faccio da qualche anno. Tutte le mattine di buon’ora corro per le strade del mio quartiere: la rassegna stampa in cuffia, gli occhi e le gambe ben piantati sulla mia città. Sono momenti a cui non riesco più a rinunciare, li ho resi uno dei pilastri del mio impegno di amministratrice locale. Mi pare di vederla meglio Roma all’alba, di capirla di più. Corro nelle ore in cui la notte lascia il passo al giorno. Quando il caos e il puzzo del traffico ancora tacciono, e riesco a sentire il profumo del caffè che arriva da dietro alla tapparella appena aperta al primo piano, o la musica che suona da una radio nascosta dietro a quel davanzale in cui tutte le mattine sono stese a rigenerarsi le lenzuola e i cuscini della notte.

All’alba si vede la città che riparte, con la sua forza, le sue fatiche, le sue contraddizioni. Protagonisti fissi della scena sono naturalmente i cani con i loro padroni, accanto alle signore anziane che scendono di casa accompagnate dalle badanti straniere, e si fermano sui muretti dell’isola pedonale a leggere i giornali insieme. Così in quella piazza tutti i giorni vedo avanzare silenziosa e quasi inconsapevole quella convivenza tra diversi che invece sembra così impossibile da raggiungere tra le urla televisive. Qua e là spuntano mezzi addormentati i ragazzini delle medie, concentrati nel loro tragitto casa-scuola che poi è anche la strada che, attraverso i loro passi nella città, li conduce verso l’adolescenza.

Il mattino è anche l’ora dei mestieri. Quelli che si prendono cura di Roma. Stamani, per dire, c’erano due camion con l’escavatrice fermi sotto casa. Si vede che aprono qualche cantiere qui intorno. Sempre, ci sono i camion della nettezza urbana, che oltre a svuotare i cassonetti segnalano l’ultimo frigorifero abbandonato sul marciapiede da qualche civilissimo residente.

Gli spazzini in effetti ultimamente sembrano aumentati. Spazzano, e falciano l’erba che altrimenti in alcune fasi della tormentata amministrazione della città trasforma la mia corsa in una specie di trekking di montagna. Come in un teatro, fa da sfondo al mio andare in giro per il quartiere un muro lungo e grande che recinta una scuola. È un muro magico, che si rinnova più o meno ogni settimana: perché è il muro che i writers della zona hanno eletto a loro tela. Così ogni tanto il passo rallenta per ammirare l’ultima creazione che – quasi scientificamente – è accompagnata dall’incazzatura che mi fa vedere le bottigliette spray buttate nell’aiuola. Lasciate la’. Come se al bello, a Roma, non potesse che accompagnarsi sempre anche il brutto, il cosiddetto degrado.

Ma c’è un fotogramma che io ho eletto a mia scena preferita mentre corro e la città si risveglia. È per me quello il tasto che misura la temperatura del rapporto tra lo Stato, l’amministrazione pubblica, e la vita dei suoi cittadini. Ogni mattina poco prima delle 7.30 incontro in piazza il pullmino di Roma Capitale che accompagna a scuola i ragazzi disabili. Gli corro di fianco, senza intralciare, ma osservo tutti i giorni quella scena che sempre mi commuove e mi dà pensiero.

Lei scende accompagnata dalla mamma, dal papà o da entrambi.

A volte è serena e sorride. Più spesso quando si apre il portone comincia ad urlare, non vuole andare. Se c’è la mamma la porta delicata per un braccio, e per fare quei pochi metri deve sfoderare tutta la sua forza perché lei è già adolescente e piena di energie. Se c’è il papà fa sempre lo stesso gesto: posa a terra la sua ventiquattr’ore di cuoio e la convince a salire, ancora una volta, su quel pullmino. Accolta dal buongiorno degli operatori sociali e dell’autista.

Da anni negli occhi di quei genitori nel momento del saluto io vedo sempre la stessa cosa: l’ansia di separarsi, forse anche il senso di colpa. E il sollievo di poter tirare il fiato almeno per qualche ora, vedendo affidata la propria figlia in buone mani. Che in fondo sono le mani della città, le nostre.

Ecco, io non so cosa succederà nei prossimi giorni e mesi a Roma.

Credo però una cosa: che per ripartire questa città ha bisogno innanzitutto (non solo ma innanzitutto) di ricominciare da qui. Dalla cura.

Che è cura degli spazi, delle persone, delle relazioni.

Da quella stanza in cui tutti i giorni suona la sveglia, la luce del comodino si accende, e la giornata comincia. E come andrà, se sarà una giornata bella, semplice, serena, felice, dipende anche dalle scelte della politica.