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14 Dic, 2012

Olive democratiche

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Questo mese vi racconto di un flash mob tutto particolare che vedrà riunirsi intorno a due parole d’ordine fondamentali – sostenibilità ambientale e qualità della vita – un gruppo di uomini e di donne che hanno voglia di mandare un messaggio ai governarti attraverso un’azione antica almeno quanto la pratica dell’agricoltura: la raccolta delle olive. Non è uno scherzo, né un fatto da prendere tanto alla leggera. Proprio per niente. Loro, un gruppo di giovani riuniti intorno alla società agricola Co.R.AG.GIO., la chiamano Agricoltura Urbana Multifunzionale. Funziona così: esiste a Roma un grande uliveto, di proprietà del Comune, che giace senza cura e senza un progetto che lo valorizzi. Solo che la natura mica si ferma di fronte alla scarsa lungimiranza degli uomini, e così su quei grandi alberi le olive stanno crescendo eccome, belle e numerose, pronte (soltanto qualcuno lo volesse) ad essere raccolte, a costituire quindi un piccolo patrimonio per la comunità. A guardarla dall’alto, tipo da una ripresa aerea, questa storia già così somiglia a un mezzo miracolo: un uliveto, rigoglioso, che cresce dentro Roma nonostante la montagna di cemento che da anni senza tregua invade l’Agro Romano! Ebbene di fronte a questo ben di Dio i nostri giovani agricoltori hanno pensato di non voltare la testa, anzi di rilanciare e di far diventare quel pezzo di terra un simbolo, ma anche il segno concreto di una possibilità di riscatto per l’economia romana, per il suo bisogno di lavoro sempre più stringente sotto la crisi, e contemporaneamente un modello di sviluppo davvero alternativo, democratico, che coinvolga la cittadinanza in progetti condivisi e realmente partecipati. Così potrebbe avvenire anche per l’oliveto del Comune di Roma abbandonato al suo destino. Questo l’elenco delle opportunità che il ricorso a un’Agricoltura Urbana Multifunzionale potrebbe consegnare alla comunità: spazi per le persone e per la formazione, fattorie didattiche, ristorazione di qualità e accessibile, acquisti a filiera corta, lotti per gli orti urbani, spazi per lo sport, agricoltura biologica con impiego di energie rinnovabili, recupero delle attività artigianali, avvicinamento al mestiere degli agricoltori. Al di là del flash mob, quando l’ho letto, questo progetto legato alla valorizzazione di un uliveto pubblico romano una cosa mi ha evocato: un pezzo di un programma di governo. Nuovo e giusto.

(articolo pubblicato sul numero di dicembre 2012 del Paese Sera)

13 Dic, 2012

Fermenti al voto

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Nonostante l’incertezza, nonostante il quadro tutt’altro che definito (o forse a ben vedere proprio in ragione di quello) che segna l’avvicinamento alle prossime elezioni amministrative a Roma, c’è una bella fibrillazione in città, fra i comitati cittadini e i movimenti che guardano con ansia e interesse al le prossime scadenze elettorali. Basta guardare sotto e oltre i titoli dei giornali, le dichiarazioni e gli schieramenti per accorgersene, basta anche solo partecipare a una qualche mailing-list per essere travolti da una mole notevole di messaggi che dicono tutti – dal proprio punto di osservazione – la medesima cosa: vediamoci, parliamone, e proviamo a contare davvero qualcosa ora che si apre la campagna elettorale. L’assunto per tutti è uno: far sì che quella partecipazione tanto sbandierata dal centro-sinistra nell’era pre-Alemanno, e restata lettera morta fino alla disfatta elettorale che ha consegnato la città alla destra, stavolta brilli di luce vera, e proficua, già nella fase della costruzione dei programmi e del consenso. Certo, per qualcuno questo ragionamento dovrebbe portare senza dubbio alla creazione di una lista, magari anche di un candidato espressione stessa del variegato mondo dei comitati cittadini, altri invece pensano sia più giusto e realistico concentrarsi su un’azione efficace di pressing (o lobbying, per dirla all’americana), per una presa di parola che riesca a pesare sul tavolo dei candidati sindaci… differenze non da poco, ma poco rilevanti ai fini del nostro ragionamento. Quella che ci interessa ora è un’ altra angolatura della questione, il “fermento” che vive e sopravvive in città nonostante il combinato disposto tra la crisi e il cattivo governo degli ultimi anni. Roma è una città “viva”, si legge ad esempio nell’appello per La Roma che vogliamo firmato tra gli altri da Berdini, Scandurra, Asor Rosa, Ferrarotti, una città ricca di “fermenti” che prendono di volta in volta la forma dei gruppi d’acquisto solidali, degli orti urbani, dei comitati per la riduzione dei rifiuti o in difesa dell’Agro Romano, dei ciclisti urbani. Una galassia composita, a tratti dispersiva o peggio persa nelle proprie beghe e divisioni, ma certamente portatrice di saperi e competenze costruiti in anni di resistenza dal basso, e disinteresse della politica. Sarebbe bello e utile riuscire a far diventare tutto questo “maggioranza” senza consegnarlo nella mani di Grillo.

(articolo pubblicato sul numero di novembre 2012 del Paese Sera)

11 Dic, 2012

Dopo l’estate, ritorna l’acqua

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Questo mese parto raccontandovi i fatti miei, o meglio del mio indirizzo di posta elettronica, uscito dalla fisiologica boccata d’aria d’ogni estate (cioè i contatti che vanno, anche loro, in vacanza) con un massiccio e gradito ritorno: da più parti infatti il “bentornata” mi è arrivato con un appello del Coordinamento romano acqua pubblica, il CRAP, che mi invitava a mobilitarmi per un’altra firma, un altro referendum, per una nuova battaglia. Ancora?!, direte voi se siete digiuni del nuovo obiettivo che i comitati si sono dati. Ancora sì, risponderebbero loro, netti e anzi concitati con i loro comunicati settembrini, perché un anno e più è passato dalla vittoria referendaria del giugno 2011 eppure l’esito di quella consultazione è ben lungi dall’essere stato rispettato. Ecco allora l’esigenza di un nuovo referendum, stavolta propositivo, per spingere la Regione Lazio verso una gestione del servizio idrico pubblica e partecipata e blindare così la vittoria del primo quesito, felicemente travolto a suo tempo dai sì del popolo dell’acqua. Il punto però non è il merito della nuova consultazione che pure deve raggiungere 50 mila firme, né tanto meno lo stato di pinguedine della mia posta, il punto è come spesso ci capita da queste parti un punto di domanda: come sta il popolo dell’acqua? Non benissimo, raccontano senza reticenze dal CRAP: più difficile è stato ed è infatti questa volta organizzare i banchetti, più difficile veder decollare quel meccanismo di coinvolgimento individuale, davvero uno a uno, che aveva fatto la fortuna del referendum un anno fa. “Evidentemente anche tra noi è scattato il meccanismo della delega”, ragionano allora nel Coordinamento, ammettendo i limiti che sta incontrando sul lungo periodo quel meccanismo di democrazia diretta che aveva fatto la magia della primavera scorsa. Una stanchezza e uno sfilacciamento dati dal tempo che passa senza che si possa cantare vittoria. Perché è così: se è vero che sull’acqua i movimenti si sono trovati a costruire in Italia un nuovo “paradigma culturale” è altrettanto vero che il loro percorso si è mosso in un contesto difficilissimo, frutto della sommatoria tra la crisi globale e le risposte arrivate dai “governi tecnici”. Per questo anche per i movimenti per l’acqua è fondamentale che col voto del 2013 torni la politica, per questo non è per niente indifferente il risultato che uscirà da quelle urne.

(articolo pubblicato nel numero di ottobre 2012 del Paese Sera)

30 Nov, 2012

Le sabbie mobili del passato

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Vista dal punto di osservazione di questa nostra rubrica non c’è dubbio che vi sia un’ulteriore partita dentro la partita che porterà alle amministrative del 2013. Detta con una semplificazione certo brutale ma calzante: come si schiereranno i movimenti romani innanzitutto alle primarie del centro-sinistra quindi nella sfida finale per il governo della città? E’ questo un interrogativo che sta attraversando in queste settimane le assemblee e le discussioni delle moltissime realtà che animano le occupazioni e i comitati capitolini. Al di là del nome del candidato, che pure è questione fondamentale se non oggi dopodomani, il punto del dibattere sta proprio nel come agire all’interno della costruzione di una possibile alternativa per Roma: ponendo quali temi, costruendo quali alleanze. Importante in questo senso mi è sembrato durante l’estate un dibattito che si è tenuto nella vastissima Festa dell’Unità voluto dal segretario romano del Pd Marco Miccoli. “Le occupazioni che parlano alla città” era il suo titolo e radunate sul palco davanti a una bella folla di persone c’erano alcune delle esperienze più significative di ieri e di oggi: i braccianti che ormai da 35 anni occupano le terre di Decima con la Cooperativa Agricoltura Nuova, i giovani di Scup, il Valle naturalmente, il Nuovo Cinema Palazzo che a San Lorenzo ha fermato l’apertura di un casinò proprio nel cuore della città, infine gli operai ex Rsi costretti da mesi a occupare l’ex fabbrica di Portonaccio per affermare il loro diritto al lavoro e il diritto di tutti ad avere una mobilità vera e sostenibile. Tutti temi fondamentali (un nuovo modello di sviluppo, l’accesso allo sport popolare, la cultura, la legalità, il lavoro) che sono anche altrettanti capitoli di un possibile programma di governo. Ma scritto da quanti e quali attori? Il punto di partenza per tutti pare essere il “modello Acea” ossia quell’ampia e composita coalizione sociale che ha permesso di arginare l’assalto di Alemanno all’acqua dei romani, ma più si va avanti più appare chiaro che quel modello non basta. La sfida del governo di Roma pretende anche altro, innanzitutto che tutti i soggetti coinvolti siano capaci di ripensarsi nell’oggi, con lo sguardo al futuro e al tempo stesso non restando incastrati nelle sabbie mobili della recriminazione sugli errori passati. Che sono stati errori di tutti, magari non equamente distribuiti, ma di tutti. 

(articolo pubblicato nel numero di settembre 2012 del Paese Sera)