Top

16 Lug, 2015

Quei nuovi poveri con lo stipendio

Nel 2014, dopo tre anni di aumenti costanti, la diffusione della povertà si è fermata. Le buone notizie finiscono qui e mi sembra difficile considerarle, come è stato detto, “non negative”. Non c’è stato, infatti, nessun miglioramento nella percentuale di famiglie e individui che vivono in povertà relativa e nemmeno di quelli che vivono nella più grave povertà assoluta.
Chiara Saraceno, la Repubblica

02 Dic, 2014

Riconversione: una proposta di legge innovativa per fronteggiare la crisi economica e tracciare nuovi percorsi per lavoratori e imprese

Frutto di un percorso durato un anno che ha visto collaborare nella stesura del testo forze sociali, sindacali, produttive e istituzionali, unite da un medesimo obiettivo: la salvaguardia dei livelli produttivi e di quelli occupazionali della Regione ispirata a criteri di sostenibilità ambientale e sociale.

L’istituzione si è dunque mossa insieme ai corpi intermedi, con una visione forte e nuova di sviluppo, attento a dare in contemporanea una risposta alla crisi ambientale e a quella economica che affliggono i nostri tempi.

La legge ha come obiettivo la conversione in senso ecologico delle piccole e medie imprese del Lazio, che si trovino in situazioni di pre-crisi, mette al centro la formazione professionale dei lavoratori nonché il coinvolgimento e l’informazione dei consumatori, che sempre più dovranno convertirsi anche loro a nuovi modelli di consumo. L’obiettivo e’ anche quello dell’individuazione e del recupero delle aree dismesse del Lazio, con piani che possano rilanciare l’occupazione e contemporaneamente fornire servizi al territorio.

La legge, che potrà contare su una corretta programmazione dei Fondi Europei che chiedono alle Regioni di investire proprio su uno sviluppo sostenibile, intelligente e inclusivo, nata in un quadro di collaborazione stretta con la Giunta come testimoniato dalla presenza del Vicepresidente Smeriglio, è stata sottoscritta da tutti i capigruppo della maggioranza – Marco Vincenzi (Pd), Gino De Paolis (Sel), Riccardo Valentini (Pl), Michele Baldi (Lista Zingaretti), Piero Petrassi (Cd), Oscar Tortosa (Socialisti) – dai Presidenti della commissione Attività produttive Mario Ciarla, Ambiente Enrico Panunzi, Formazione Eugenio Patanè, oltreché dai consiglieri Cristiana Avenali,Massimiliano Valeriani, Gianluca Quadrana, Rosa Giancola, Daniela Bianchi, Fabio Bellini. Un’adesione massiccia che costituisce un’ottima premessa per un iter attento e rapido della proposta di legge in Consiglio.

16 Ott, 2014

Bonafoni-Valentini: legge di stabilità, nuovi tagli sono insostenibili

Condividiamo le preoccupazioni espresse dal presidente Zingaretti, sui possibili tagli annunciati dal Governo. Tagli che colpiscono Regioni ed Enti locali e che si ripercuoteranno sui servizi offerti ai cittadini. La conseguenza di questi provvedimenti non può che essere, infatti, la riduzione dei servizi e il probabile aumento delle tasse.

Il Lazio ha attuato una vera spending review fatta di riduzione di enti inutili, poltrone, sblocco del turn over, riduzione delle
tasse regionali e interventi importanti in materia di Sanità che ci stanno portando ad uscire dal commissariamento, durato 8 anni. Se confermati tali tagli rischiamo di annullare quanto di buono messo in campo in questo anno e mezzo di lavoro.

Credo, quindi, sia doveroso e urgente da parte del Governo aprire un confronto vero con le Regioni, in questa fase crediamo sia inutile creare una frattura tra Istituzioni. Un tavolo tra Governo centrale e Conferenza Stato Regioni sarà un passaggio necessario  per arrivare a delle soluzioni condivise tenendo conto della difficile situazione economica attuale ma anche della necessità di fornire servizi e infrastrutture per i cittadini.

01 Mag, 2014

Il Patto per il lavoro è il miglior modo di festeggiare il Primo Maggio

Il Patto per il lavoro e lo sviluppo presentato ieri dal presidente Zingaretti è il miglior modo per festeggiare il Primo Maggio. Meno tasse e più lavoro, meno sprechi e più servizi, questo in sintesi il senso del Patto che segna un cambio di passo della Regione proprio al giro di boa del suo primo anno di governo.

Una Regione che esce dai dieci punti descritti nel documento come più vicina all’Europa delle opportunità, quindi più capace di cogliere tutte le occasioni per ricostruire il nostro territorio, attraverso innovazione e inclusione sociale. Il Patto sottoscritto assume un significato ancora più importante in questa giornata in cui l’Istat certifica che la disoccupazione giovanile nel nostro Paese è al 42,7%.

Disegna un modello, infatti, che punta finalmente sulla conoscenza, la formazione, la ricerca, le start-up, l’accesso al credito. Attraverso questo documento si attua una linea d’azione strategica che vede l’amministrazione pubblica, la rete delle imprese e i sindacati lavorare insieme: un vero e proprio modello.

Solo attraverso la partecipazione e la concertazione ‘decidente’ si può tornare a stabilire una connessione tra istituzioni, cittadini e democrazia.

07 Apr, 2014

Austerity e politiche sanitarie: partito percorso comune con le associazioni

E’ partito dalla Commissione politiche sociali del Consiglio Regionale un percorso comune di analisi e prospettive che ha coinvolto Amref, Ipasvi, FNOMCEO questa mattina per la prima volta raccolti intorno ad un tavolo a discutere di austerity, politiche sanitarie e futuro della cooperazione internazionale.

Una mattinata di confronto davvero unica che ci ha dato la possibilità di allargare lo sguardo a una visione futura della sanità regionale, impegnati come siamo quotidianamente a far uscire la Regione Lazio dalle “secche” in cui l’ha condotta una cattiva gestione passata nonché un Piano di rientro che ha già lasciato nel Lazio troppi segni negativi, a partire da quelli prodotti dai tagli lineari. Non può sfuggirci che la soluzione può arrivare solo attraverso una lettura “glocale” in grado cioè di leggere le criticità locali attraverso la lente della globalizzazione.

E in sanità questa è una verità inconfutabile come pure hanno ribadito molti degli interventi di oggi. Non si possono applicare tagli lineari senza avere la misura di quelli che saranno gli effetti economici e sociali provocati da quei tagli. E questo vale soprattutto per la cooperazione internazionale, con investimenti e interventi sempre più ridotti. Il piano di rientro nel Lazio ha di fatto ridotto la qualità dei servizi, e le prospettive lavorative del personale. Dal 2006 ci sono state 500 nuove assunzioni a fronte di 6500 interruzioni di rapporti di lavoro.

Da qui stiamo tentando di ripartire anche con tematiche che ci portano con lo sguardo lontano, consapevoli che la soluzione della crisi non può essere circoscritta nei nostri confini. Per questo ci impegniamo a proseguire il lavoro iniziato oggi, convocando le realtà coinvolte in atti formali come le audizioni.

L’impegno è anche quello di arrivare ad una mozione che sappia raccogliere le voci degli operatori della cooperazione, dei medici e degli infermieri per portarle in Consiglio Regionale, alla luce delle raccomandazioni che ci arrivano anche dall’Europa nonché dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

19 Giu, 2013

Grecia, la macchia umana sull’Europa

Se almeno avessero le loro divinità antiche: forse i Greci capirebbero meglio quel che vivono, l’ingiustizia che subiscono, l’abulica leggerezza di un’Europa che li aiuta umiliandoli da anni, che dice di non volerli espellere e nell’animo già li ha espulsi. Le divinità d’un tempo si sapeva bene che erano capricciose, illogiche, si innamoravano e disamoravano presto.
Su tutte regnava Ananke: l’inalterabile Necessità, ovvero il fato. A Corinto, Ananke condivideva un tempio con Bia, la Violenza. L’Europa ha per gli Ateniesi i tratti di questa Necessità.

Forse capirebbero, i Greci, come mai a Roma s’è riunito venerdì un vertice di ministri dell’Economia e del Lavoro, tra Italia, Spagna, Francia, Germania, per discutere il lavoro fattosi d’un colpo cruciale, e nessuno di essi ha pensato di convocare la più impoverita delle nazioni: 27 per cento di disoccupazione, più del 62 per cento giovani. Sono i tassi più alti d’Europa. Forse avevano qualcosa da dire, i Greci, sui disastri della guerra che le istituzioni comuni continuano a infliggere con inerte incaponimento, e senza frutti, al paese reo di non fare i compiti a casa, come recita il lessico Ue.

La Grecia è la macchia umana che imbratta l’Europa, da quando è partita la cura d’austerità. Ha pagato per tutti noi, ci è servita al tempo stesso da capro espiatorio e da cavia. In una conferenza stampa del 6 giugno, Simon O’Connor, portavoce del commissario economico Olli Rehn, ha ammesso che per gli Europei è
stato un “processo di apprendimento”. In altri paesi magari si farà diversamente, ma non per questo scema la soddisfazione: “Non è stata cosa da poco, tenere Atene nell’euro”; “Dissentiamo vivamente da chi dice che non è stato fatto abbastanza per la crescita”. Poi ha aggiunto piccato: “Sono accuse del tutto infondate”.

O’Connor e Rehn reagivano così a un rapporto appena pubblicato dal Fondo Monetario: lo stesso Fmi che con la Banca centrale europea e la Commissione è nella famosa troika che ha concepito l’austerità nei paesi deficitari e dall’alto li sorveglia. L’atto di accusa è pesante, contro strategie e comportamenti dell’Unione durante la crisi. La Grecia “poteva uscirne meglio”, se fin dall’inizio il debito ellenico fosse stato ristrutturato, alleggerendone l’onere. Se non si fosse proceduto con la micidiale lentezza delle decisioni prese all’unanimità. Se per tempo si fosse concordata una supervisione unica delle banche. Se crescita e consenso sociale non fossero stati quantità trascurabili. Solo contava evitare il contagio, e salvaguardare i soldi dei creditori. Per questo la Grecia andava punita. Oggi è paria dell’Unione, e tutti ne vanno fieri perché tecnicamente rimane nell’euro pur essendo outcast sotto ogni altro profilo.

Addio alla troika dunque? È improbabile, visto che nessun cittadino può censurare i suoi misfatti, e visto il sussiego con cui è stato accolto il rapporto del Fondo. L’ideale sarebbe di licenziarla fin dal Consiglio europeo del 27-28 giugno, dedicato proprio alla disoccupazione che le tre Moire della troika hanno così spensieratamente dilatato. Il Parlamento europeo non oserà parlare, e quanto alla Bce, le parole di Draghi sono state evasive, perfino un po’ compiaciute: “Di buono, nel rapporto FMI, è che la Banca centrale europea non è criticata”. Il Fondo stesso è ambivalente, ogni suo dire è costellato di ossimori (di asserzioni acute-stupide, etimologicamente è questo un ossimoro). Il fallimento c’è, ma è chiamato “necessario”. La recessione greca è “più vasta d’ogni previsione”, ma è “ineludibile”. Il fato illogico regna ancora sovrano, solo che a gestirlo oggi sono gli umani.

In realtà c’è poco da compiacersi. L’Unione non ha compreso la natura politica della crisi  –  la mancata Europa unita, solidale  –  e quel che resta è un perverso intreccio di moralismi e profitti calcolati. Resta l’incubo del contagio e dell’azzardo morale. Condonare subito il debito, come chiedevano tanti esperti, significava premiare la colpa. E poi all’Europa stava a cuore proteggere i creditori, dice il rapporto del Fondo, più che scongiurare contagi: dilazionare le decisioni “dava tutto il tempo alle banche di ritirar soldi dalle periferie dell’eurozona”. La Banca dei regolamenti internazionali cita il caso tedesco: 270 miliardi di euro hanno abbandonato nel 2010-11 cinque paesi critici (Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia, Spagna).

Ma la vera macchia umana è più profonda, e se non riconosciuta come tale sarà ferita che non si rimargina. È l’ascia abbattutasi sull’idea stessa dei beni pubblici, guatati con ininterrotto sospetto. È qui soprattutto che salari e lavori sono crollati. E la democrazia ne ha risentito, a cominciare dalla politica dell’informazione. Il colmo è stato raggiunto la notte dell’11 giugno, quando d’un tratto il governo ha chiuso radio e tv pubblica  –  l’Ert, equivalente della Bbc o della Rai  –  con la tacita complicità della troika che esigeva licenziamenti massicci di dipendenti pubblici. Non che fosse una Tv specialmente pluralista, ma perfino chi era stato emarginato (come l’economista Yanis Varoufakis) ha accusato i governanti di golpe. Le televisioni private, scrive Varoufakis, sono spazzatura: “un torrente di media commerciali di stampo berlusconiano: templi di inculcata superficialità” da quando inondarono gli schermi negli anni ’90.

Il giorno dopo l’oscuramento di Ert (2700 licenziati) c’è stata una manifestazione di protesta a Salonicco. Tra gli oratori l’economista James Galbraith, figlio di John Kenneth, e il verdetto è spietato: cinque anni di crisi son più della Seconda guerra mondiale condotta dall’America in Europa, più della recessione combattuta da Roosevelt. E la via d’uscita ancora non c’è.

Perché non c’è? Galbraith denuncia un nostro male: la mentalità del giocatore d’azzardo. Il giocatore anche se perde s’ostina sullo stesso numero, patologicamente. Continuando a ventilare l’ipotesi dell’uscita greca l’Europa ha spezzato la fiducia fra gli Stati dell’Unione, creando una specie di guerra. Ci sono paesi poco fidati, e poco potenti, che non hanno più spazio: i Disastri di Goya, appunto. Non è stata invitata Atene, alla riunione romana, ma neppure Lisbona: la sua Corte costituzionale ritiene contrari alla Carta due paragrafi del piano della troika, e da allora anche il Portogallo è paria. “Ci felicitiamo che Lisbona prosegua la terapia concordata: è essenziale che le istituzioni chiave siano unite nel sostenerla”, ha comunicato la Commissione due giorni dopo la sentenza, rifiutando ogni rinegoziato. Mai direbbe cose analoghe sui verdetti della Corte tedesca, giudicati questi sì inaggirabili.

Macchie simili non si cancellano, a meno di non riscoprire l’Europa degli esordi. Non dimentichiamolo: si volle metter fine alle guerre tra potenze diminuite dopo due conflitti, ma anche alla povertà che aveva spinto i popoli nelle braccia delle dittature. Non a caso fu un europeista, William Beveridge, a concepire il Welfare in mezzo all’ultima guerra.

Le istituzioni europee non sono all’altezza di quel compito, attualissimo. Tanto più occorre che i cittadini parlino, tramite il Parlamento che sarà votato nel maggio 2014 e una vera Costituzione. È necessario che la Commissione diventi un governo eletto dai popoli, responsabile verso i deputati europei. Una Commissione come quella presente nella troika deve poter esser mandata a casa, avendo generato rovine. Ha perso il denaro, il tempo e l’onore. Ha seminato odio fra nazioni. Ha precipitato un popolo, quello greco, nel deperimento. Si fa criticare da un Fmi malato di doppiezze. È affetta da quello che Einstein considerava (la frase forse non è sua, ma gli somiglia) il sommo difetto del politico e dello scienziato: “L’insania che consiste nel fare la stessa cosa ripetutamente, ma aspettandosi risultati differenti”.