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11 Ott, 2017

Ius Soli, aderisco al digiuno a staffetta. In ballo c’è la nostra civiltà

In occasione della giornata di mobilitazione a sostegno dello Ius soli prevista per il prossimo venerdì 13 ottobre davanti a Montecitorio dirò anche io “oggi tocca a me”, aderendo al digiuno a staffetta che da giorni vede impegnate centinaia di persone nel nostro Paese.

“Cittadinanza day” è stata appellata quella giornata, promossa da insegnanti, maestri e professori delle nostre scuole, luoghi dove l’uguaglianza e già nei fatti, dove la comunità dei più piccoli è coesa e priva di qualsivoglia paura o diffidenza. È soprattutto per questo che quel giorno mi unirò alla mobilitazione: perché da rappresentante politica e istituzionale ogni giorno provo a dare il mio contributo verso una società giusta ed uguale, e proprio per questo, in primo luogo da cittadina sento il dovere di dare forza a un movimento collettivo, animato da chi si sta impegnando per dire al mondo degli adulti che lo Ius Soli e lo Ius Culturae sono la scelta più ragionevole e saggia per un Paese che sa guardare avanti, che ha qualcosa da dire alle nuove generazioni ma sa anche imparare da loro.

Non c’è responsabilità più grave per chi oggi ha il compito di indicare una strada per il futuro del Paese che trincerarsi dietro le proprie paure, alimentare un sentimento divisivo in una società che chiede ed ha bisogno di solidarietà, senso di comunità ed inclusione. Spero – conclude – saremo in tanti e tante a dimostrare al mondo che l’Italia è un paese civile e coraggioso, e ad indicare al Parlamento e al Governo l’unica strada possibile: l’approvazione dello Ius soli prima della fine della legislatura.

10 Ott, 2017

Non-cittadinanza, concerto senza musica

Franco Lorenzoni, Comune-info

Decine di ragazze e ragazzi sono seduti in semicerchio. Ciascuno di loro ha in mano uno strumento musicale perché insieme compongono l’orchestra della scuola. C’è molta gente intorno che si è assiepata curiosa, perché tutto ciò accade a Roma, a Colle Oppio, in un luogo generalmente assai trafficato. La professoressa che dirige l’orchestra comincia a muovere le mani per dare ritmo al concerto ma dagli strumenti non esce alcun suono. Tutti guardano stupefatti il silenzio concentrato di ragazze e ragazzi che, immobili, suonano un non musica.

Così in una giornata di sole, di fronte al Colosseo, professori e ragazzi della Scuola secondaria di primo grado Giuseppe Mazzini hanno mostrato cosa sia per loro la non cittadinanza: un concerto muto, privo di suoni.

In tutta Italia martedì 3 ottobre, in occasione della Giornata della memoria delle vittime delle migrazioni, si sono svolte centinaia di iniziative sul tema delle migrazioni, della cittadinanza, del diritto di tutte e tutti i bambini e ragazzi di essere considerati cittadini italiani (qui una galleria fotografica, ndr).

Dalla Scuola primaria di via Bosio a Chieti alla Scuola Don Milani-Colombo di Genova, dalla Collodi di Perugia alla Amari-Roncalli-Ferrara di Palermo, al Neruda, Oberdan e Padre Semeria di Roma, sono centinaia gli Istituti comprensivi che il 3 ottobre hanno organizzato iniziative inaugurando il mese di mobilitazione sulla cittadinanza che si concluderà il 3 novembre. Ci sono state anche iniziative come quelle realizzate ad Iglesias o dalla scuola Rinascita di Milano che hanno suscitato polemiche da parte di partiti e giornali che vi hanno visto una strumentalizzazione politica dei bambini da parte degli insegnanti.

Educare ai valori non è fare strumentalizzazione politica

Su questo è necessario fare chiarezza. Le Indicazioni nazionali per il curricolo, che sono legge dello stato dal novembre 2012, prescrivono che a scuola noi insegnanti si educhi alla cittadinanza e in quel documento ufficiale si nomina persino la “cittadinanza attiva”. Ci sono raccomandazioni votate dal Parlamento Europeo e fatte proprie dal MIUR che invitano con forza noi insegnanti a lavorare sulle competenze di cittadinanza. Ora, se non vogliamo giocare con le parole, è evidente che nel nostro lavoro il considerare tutte le bambine e i bambini, tutte le ragazze e i ragazzi cittadini a tutti gli effetti è premessa indispensabile per dare coerenza al nostro impegno professionale e senso al nostro mestiere di educatori.

Sono sempre stato avverso a forme di educazione ideologiche, che pretendano di fare aderire passivamente bambini e ragazzi a ciò che pensiamo noi insegnanti. So quanto la retorica e certe volte anche l’ostentazione di buoni sentimenti sia sterile e lontana da quell’educazione al senso critico e all’approfondimento senza pregiudizi, che dovrebbe essere al centro di ogni pratica educativa attiva, laica e democratica.

Ma proporre i valori in cui crediamo è opzione che tutti i giorni noi non possiamo non fare. Anche se volessimo non esplicitare le nostre posizioni, il nostro corpo parla e bambini e ragazzi sono giudici di coerenza sempre in allerta. Sanno bene, infatti, che se uno parla di democrazia e poi non ascolta e non dà mai la parola ai ragazzi, il messaggio che manda è un altro.

Ecco dunque un caso esemplare su cui misurarci. Io, come tante e tanti altri insegnanti provo da anni, a volte con fatica e difficoltà, a dare dignità e spazio a ciascuno dei bambini con cui lavoro, a considerare tutti portatori di uguali diritti. Come posso allora non schierarmi riguardo al diritto di cittadinanza senza contraddire il fondamento stesso del mio educare? Mi trovo di fronte a due leggi dello stato in contraddizione tra loro e non posso non scegliere, non dire apertamente da che parte sto, assumendomene responsabilità e conseguenze.

Concretamente, con i ragazzi con cui lavoro, sto cercando di raccogliere dati significativi, allargare il discorso e approfondire. Collezioniamo storie ascoltate o lette e tabuliamo dati, perché la statistica e la matematica ci aiutano a comprendere la realtà.

Scopriamo così in quinta elementare che ad Atene, dove nacque la democrazia, non votavano le donne, gli stranierei e gli schiavi. Che in Italia le donne votano solo dal 1946 e che ci sono voluti decenni dopo l’unità d’Italia per arrivare al suffragio universale, che poi il fascismo negò per vent’anni. Scopriremo nelle prossime settimane che oggi, rispetto alla popolazione residente nel nostro paese, coloro che possono esercitare il diritto di voto sono diminuiti in percentuale perché gli stranieri, anche quelli che vivono qui da anni e contribuiscono con il loro lavoro e le tasse che pagano alla ricchezza del nostro paese, non hanno la cittadinanza e dunque il diritto al voto.

Ragioneremo, discuteremo di tutto ciò. Forse metteremo in mostra scoperte, pensieri, dubbi, domande, come abbiamo sempre fatto.

Ho detto e dirò loro che mi batto per lo ius soli e lo ius culturae, perché ritengo che come tutti abbiamo doveri da rispettare, anche i diritti devono essere uguali per tutti coloro che risiedono nel nostro paese, anche se vengono da lontano e hanno genitori stranieri.

Questo faccio e questo ritengo sia il mio dovere fare come insegnante, senza nascondermi dietro a una presunta neutralità del sapere, perché cultura è approfondimento, sviluppo di capacità critiche, relazione viva con la realtà ma anche scelte e opzioni individuali che vanno condivise. Devo dire che dopo il 3 ottobre mi sento in buona compagnia.

Iniziative diverse ci fanno sentire in buona compagnia

Antonella Marinelli, che insegna nell’Istituto Tecnico agrario, agroindustria e agroalimentare di Villa d’Agri, in provincia di Potenza, racconta di un laboratorio prezioso fatto il 3 ottobre: “Nessuna retorica, distanti dagli slogan di stucchevole terzomondismo, nessun cedimento al pietismo. Un racconto vero, obiettivo, asciutto, ma non per questo privo di emozioni”. Poi, ringraziando Samel Ibrahim, ragazzo egiziano di dicotto anni, che ha narrato coi suoi silenzi a una platea muta di attesa, il lungo viaggio che l’ha portato in Italia, aggiunge: “Lo Ius Soli nelle classi esiste già. (…) Non permetterò a nessuno di politicizzare questa battaglia, perché in un paese civile nel 2017 sinistra progressista e destra liberale dovrebbero viaggiare all’unisono e capire che questa è una battaglia di civiltà. (…) Non pieghiamo la testa colleghi, noi non rischiamo di perdere voti, noi educhiamo alla cittadinanza globale per il ben-essere di TUTTI e dico TUTTI i nostri ragazzi (…) La nostra scuola percorre i sentieri di una civiltà pudica e dirompente nel contempo”.

Un’insegnante di Palermo, che si firma Penny nel suo blog, dal Convitto Nazionale aggiunge: “Gli occhi dei bambini raccontano belle storie. Dicono la verità. Quella che noi non siamo capaci di raccontare. (…) Dicono che sono amici. A loro interessa il nome. Solo quello. Non da dove vengono. Né cosa possiedono. Se litigano vogliono giustizia. La stessa. Pari diritti. Lei vuol fare la pipì, scappa anche a me…” (qui l’articolo completo I bambini conoscono l’uguaglianza, ndr).

Dal Liceo artistico classico musicale Marco Polo di Venezia a quello di via Ripetta a Roma, che si è mobilitato insieme ai licei Morgagni, Augusto e Kennedy, ci sono diverse scuole superiori che sempre più si stanno coinvolgendo sia per la persuasione di insegnanti motivati che per una mobilitazione che cresce tra gli studenti. La rete studenti medi ha ad esempio proclamato per la mattina del 13 ottobre mobilitazioni in tutta Italia ed altri collettivi studenteschi si stanno muovendo.

Venerdì 13 ottobre è stato infatti indetto un CittadinanzaDay in occasione del quale a Roma piazza Montecitorio si trasformerà in Piazza della cittadinanza per una manifestazione organizzata #ItalianiSenzaCittadinanza e l’Italia sono anch’io, a cui ha aderito la rete di Insegnanti per la cittadinanza insieme a numerose associazioni. Secondo i promotori “questo il momento per votare una legge che sancisce il principio che “chi cresce in Italia è italiano”, vuole riconoscere la ricchezza interculturale dell’Italia di oggi, miglior antidoto alle preoccupanti derive razziste e ai discorsi d’odio”.

Con un manifesto in cui sopra l’impronta di una mano di molti colori campeggia la scritta “L’unica razza che conosciamo è quella umana”, è convocata per venerdì 20 ottobre a Piazza Castello una manifestazione cittadina organizzata dal Comitato Torino mano nella mano contro il razzismo, che comprende decine di associazioni, sindacati e gruppi. Allo slogan “L’Italia siamo già noi” segue un appello piemontese per lo Ius soli e lo Ius culturae, che riprende l’Appello degli Insegnanti per la cittadinanza, già sottoscritto da oltre 5.500 docenti di tutta Italia e di cui si continuano a sollecitare adesioni.

A Roma il 21 ottobre, a Piazza Vittorio, si manifesterà di nuovo contro ogni forma di razzismo e nelle prossime settimane sono previste numerose iniziative pubbliche (Contro ogni forma di razzismo, ndr).

Uno sciopero della fame a staffetta per imporre la discussione della legge

907 insegnanti il 3 ottobre hanno attuato uno sciopero della fame simbolico che ha dato il via ad uno sciopero della fame a staffetta, che sta coinvolgendo decine di parlamentari e persino rappresentanti del governo. Un piccolo spiraglio per l’approvazione della legge si è dunque aperto. Possiamo ancora dare una mano partecipando e sostenendo questa nuova tappa della mobilitazione aderendo qui.

Per chi crede nella convivenza tra diversi come valore fondante di ogni educazione e democrazia degna di questo nome, l’idea che la scuola possa essere protagonista di una costruzione culturale coerente con i principi della nostra Costituzione, non può non sentirla come urgente e necessaria.

14 Ott, 2015

“Si poteva fare di meglio, ma ora siamo cittadini”

“Se posso riassumere il sentimento della maggioranza delle seconde generazioni che hanno seguito in diretta il dibattito commentandolo su Facebook direi che la sostanza è stata questa: aula deserta o piena purché approvino la riforma”, spiega Mohamed Tailmoun, 44 anni di origine libica ma arrivato in Italia quando aveva 5 anni. Oggi lavora come mediatore culturale e fa parte della Rete G2 seconde generazioni, associazione fondata nel 2005 da figli di immigrati e rifugiati nati o cresciuti in Italia.
Leo Lancari, Il Manifesto

28 Feb, 2014

La cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia è un tema non più rimandabile

In occasione dello ‘sciopero dei migranti’ che domani 1° marzo vedrà iniziative e manifestazioni in diverse città per protestare contro sfruttamento e razzismo ed affermare nuovi diritti in materia di immigrazione, sentiamo ancora più forte il dovere di occuparci di un tema non più rimandabile: il conferimento della cittadinanza ai bambini nati e cresciuti nel nostro Paese.

Per questo abbiamo depositato una mozione sulle cosiddette seconde generazioni che vuole definire nell’intero territorio regionale una politica di accoglienza fondata sulla parità dell’accesso ai diritti per tutti.
In particolare, chiediamo di verificare quanti Comuni del Lazio si siano dotati di un regolamento per il conferimento della cittadinanza onoraria ed inoltre appurare quanti di questi abbiano già provveduto a darla ai minori stranieri nati in Italia.

Infine prevedere nei Comuni che ancora non lo abbiano fatto la concessione della cittadinanza onoraria a tutti i nati in Italia e non ancora maggiorenni. Solo garantendo pari dignità a tutti i minori potremo parlare di giustizia e crescita culturale e sociale.

Lo dichiarano in una nota congiunta Marta Bonafoni, consigliera del Gruppo Per il Lazio e Gianluca Quadrana, consigliere della Lista Civica Zinagaretti.

21 Feb, 2014

Mozione ius soli

Conferimento della cittadinanza onoraria ai minori, figli di genitori stranieri, nati e cresciuti nei Comuni del Lazio

Premesso che

– il tema del conferimento della cittadinanza agli immigrati, in particolar modo a quelli di seconda generazione, nati e cresciuti in Italia al pari dei figli dei cittadini italiani con cui quotidianamente vivono e crescono, è argomento ormai non più rinviabile non fosse altro per le dimensioni demografiche che ha assunto;

– nella Convenzione Europea sulla Nazionalità, conclusa fra gli Stati membri del Consiglio d’Europa il 6 novembre 1997, ancora in attesa di essere ratificata dal nostro Paese, è previsto che ciascuno Stato, nell’ambito del diritto domestico, faciliti l’acquisizione della cittadinanza per le persone nate nel territorio e ivi domiciliate legalmente ed abitualmente;

– va data piena applicazione alle finalità della L.R. 14 Luglio 2008, n. 10, Disposizioni per la promozione e la tutela dell’esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immigrati.

Considerato che

– a partire dalle due proposte di legge lanciate dalla  campagna “L’Italia sono anch’io” in cui 22 grandi e autorevoli organizzazioni della società civile hanno raccolto firme per dimostrare come siano maturi i tempi per una radicale riforma delle leggi relative al conferimento della cittadinanza, che ormai risalgono al 5 febbraio 1992 (legge 91) ancora basate sullo ius sanguinis;

– il Parlamento è attualmente impegnato per definire una nuova disciplina in materia di cui presto si dovrà discutere in aula;

– numerosi Comuni e Province hanno già conferito la cittadinanza onoraria a minori nati o cresciuti in Italia dimostrando di voler anche formalmente prendere atto delle profonde modificazioni sociali e strutturali intervenute grazie ai processi migratori di cui è stato investito il Paese intero.

Rilevato che

– l’articolo 3 della Costituzione Italiana stabilisce che tutti i cittadini hanno parità e dignità sociale e che sono uguali davanti alla legge senza discriminazioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali;

– a livello europeo l’Italia possiede la legislazione più restrittiva in materia di accesso alla cittadinanza, soprattutto se confrontata con quella di Paesi come Germania, Francia, Spagna, Irlanda e Belgio;

– i minorenni nati o cresciuti nella regione Lazio ammontano secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno a quasi 66 mila unità che frequentano ormai abitualmente le scuole e gli istituti di formazione esistenti;

– Milano,Torino, Bologna, Napoli, Pordenone, Crotone, Catanzaro, Perugia, Savona, Arezzo, Cremona, Ferrara, Salerno, La Spezia: sono soltanto alcuni degli oltre 160 Comuni che negli ultimi mesi hanno voluto anticipare la riforma della legge sulla cittadinanza – da tutti questi consigli comunali definita anacronistica – stabilendo che tutti i bambini sono cittadini, a prescindere dalla provenienza;

– l’elenco si allunga di settimana in settimana e include intere province come Pesaro-Urbino, Grosseto, Ravenna, Piacenza, Livorno e centri più piccoli come Sesto San Giovanni, Aversa, Cantù, Scandicci, Nichelino, Sant’Arcangelo di Romagna.

Impegna il Presidente della Regione Lazio e la Giunta

– a verificare quanti Comuni del Lazio si siano dotati di un regolamento per il conferimento della cittadinanza onoraria;

– a verificare quanti Comuni del Lazio abbiano già conferito la cittadinanza onoraria ai minori stranieri nati in Italia;

– a proporre a tutti i Comuni compresi nella Regione Lazio che ancora non lo hanno fatto, a promuovere iniziative atte a conferire la cittadinanza onoraria ai minori nati in Italia e a far sentire, almeno simbolicamente, i minori immigrati più favorevolmente accolti in funzione di migliori e più condivisi processi di inserimento sociale;

– a far sì che tale processo, che va compiuto in tempi rapidi, porti a definire nell’intero territorio regionale, una politica di accoglienza fondata sulla parità dell’accesso ai diritti.

04 Set, 2013

Dopo i fatti di Ostia, necessario lo scioglimento di Forza Nuova

E’ l’ennesimo atto ignobile contro la ministra Kyenge, su cui ancora una volta e ancora con più forza esprimo la mia condanna   chiedendo misure ferme contro i responsabili.

Gli ignobili atti di Ostia,  come l’esposizione di manichini e striscioni, non offendono solo un ministro della Repubblica italiana, ma tutte le donne e gli uomini ancorati ai principi di democrazia e uguaglianza.

Si tratta di azioni che non possono essere tollerate, per le quali il Gruppo Per il Lazio chiede  interventi fermi a partire dallo scioglimento dell’organizzazione di estrema destra Forza Nuova. Un gesto concreto questo, anche per esprimere vicinanza a Cecilie Kyenge, alla quale vanno la nostra solidarietà  è il nostro pieno sostegno.

24 Giu, 2013

Seconde a chi?

Giovani donne di seconda generazione tra cittadinanza e politica
Giovedì 27 giugno, dalle ore 12.00 alle ore 13.30

Sala “Caduti di Nassirya”,
Senato della Repubblica
Palazzo Madama – Roma    

Melina è una ragazza diciannovenne nata in Italia cui è stata rifiutata la cittadinanza perché è stata in Ecuador (il paese di origine dei suoi genitori) per meno di un anno quando ne aveva quattro. E’ questa una delle ultime delle centinaia di storie, circolate nella rete, di discriminazioni e cittadinanza negata.

A partire dall’ossimoro “lo straniero nato in Italia” – così recita l’art.4 dalla legge in vigore sulla cittadinanza – si può stilare un elenco infinito di paradossi creati dalla legge che (s) regola la vita di un milione di ragazze e ragazzi, figli di genitori stranieri, ma nati e/o cresciuti in Italia, non definibili con la categoria di stranieri né tanto meno di immigrati, ma al contempo non considerati giuridicamente come cittadini italiani.

Ci sono imprenditrici e imprenditori con un percorso scolastico nelle nostre scuole e università che investono nel nostro mercato del lavoro, ma sono senza cittadinanza. Ci sono ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori stranieri con permesso di soggiorno regolare che possono ritrovarsi da un momento all’altro in un Cie perché i genitori hanno perso il lavoro. Ma questi stessi giovani sono l’altra Italia, che studia, lavora, crea e arricchisce culturalmente e economicamente il nostro Paese.

Nel marzo di quest’anno un gruppo di giovani di seconda generazione (che ha sostenuto la campagna L’Italia sono anch’io per una proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma della cittadinanza: più di 110.000 firme raccolte) lancia una petizione on line, con l’obiettivo di “suonare la sveglia” ai neoeletti. Il risultato? Sedicimila firme in pochi giorni.
Un milione di giovani nati o vissuti in Italia aspetta da anni una nuova legge sulla cittadinanza per avere gli stessi diritti dei cittadini italiani. In particolare, dopo le grandi battaglie del 900 per il diritto al voto, in Italia le giovani donne di origine familiare straniera non possono partecipare alla vita politica perché a loro questo diritto è ancora negato, non avendo la cittadinanza.

E’ proprio questo intreccio di problemi che affronta il progetto Seconde a chi? Giovani donne di seconda generazione tra cittadinanza e politica, che sarà presentato giovedì 27 giugno 2013 ore 12-13.30, sala “Caduti di Nassirya”, Senato della Repubblica, Palazzo Madama, Piazza Madama 11, Roma

Il progetto si inserisce nel progetto europeo “More women in european politics” ed è gestito per l’Italia da Sinistra Ecologia e Libertà, e da una validissime equipe di ricercatrici, composta da donne di seconda generazione e italiane.

Nella conferenza stampa verranno trattate dall’equipe del progetto e dai parlamentari le questioni legislative e politiche in merito alla riforma della cittadinanza e alle discriminazioni in atto, verranno illustrate le azioni del progetto tendenti a valorizzare la ricchezza culturale – testimoniata da più di 40 siti e blog – delle soggettività, delle iniziative e delle lotte per i propri diritti delle giovani donne di origine familiare straniera.

Introducono:
Elettra Deiana, Giorgia Bordoni, Samia Oursana, Rosa Jijion

Partecipano:
i deputati Sergio Boccadutri, Khalid Chaouki, Celeste Costantino, Marco Furfaro, Marisa Nicchi;
le senatrici: Loredana De Petris, Alessia Petraglia
Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti

Abbiamo invitato:
Cécile Kyenge, Ministra per l’integrazione
Josefa Idem, Ministra per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili
Giorgio Sorial, deputato M5S
Mario Marazziti, deputato Scelta civica per l’Italia.

L’invito viene esteso alle associazioni interessate

per informazioni e conferme:
Stefania Vulterini, vulterini@tiscali.it, 347/8419378 ufficio stampa

Isabella Peretti, perettiisabella@hotmail.com, 347/6983202, collaboratrice del progetto

N.B. Agli uomini è richiesto di indossare giacca e cravatta

L’accesso alla sala è consentito fino al raggiungimento della capienza massima
Entro il 26 giugno va compilata la lista dei partecipanti e dei giornalisti per l’accredito: si prega di confermare la propria presenza

16 Giu, 2013

Nojian, nata su un barcone

E’ nata su un barcone in legno di pochi metri, il primo pianto in mezzo al mare, nel pieno di una traversata dalla Turchia, solo un telo nero a nascondere il parto agli occhi degli altri 159 compagni di sventura. Ha solo due giorni ma la piccola Nojian – che significa “nuova vita” – sta bene, pesa più di due chili e ora di lei si occupano i pediatri e le ostetriche dell’ospedale di Locri.