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Apprendo con sgomento la decisione di queste ore di procedere al definitivo distacco delle utenze presso lo stabile di Cinecittà dove si trova la casa rifugio Lucha y Siesta. Un atto cinico che arriva nel momento meno opportuno, quando è in corso una trattativa per l’acquisto dello stabile che vede anche la Regione Lazio in pista, con una proposta seria e credibile.

Perché questa accelerazione, perché si vuole svuotare l’immobile proprio ora che una soluzione che accontenti tutti sembra davvero alle porte?

Con l’annunciato distacco delle utenze previsto per martedì 25 febbraio ancora una volta si vuole far vincere la burocrazia anziché la politica, si intende far prevalere una logica contabile e fredda che passa sopra la vita delle persone, in questo caso di donne le cui esistenze sono già state segnate da violenza e soprusi.

Il Comune di Roma, anziché accelerare l’uscita delle donne ospiti di Lucha destinandole peraltro a soluzioni provvisorie e scollegate da seri percorsi di presa in carico, si unisca alla voce della Regione per chiedere la sospensione del distacco. Dentro Lucha oltre alle donne ci sono bambine e bambini, inseriti nelle scuole del territorio. Un trasferimento comporterebbe per loro un trauma e un deragliamento dei loro studi e della loro rete di affetti e amicizie. È la stessa logica sostenuta in Campidoglio giovedì scorso dall’assessora Mammì a proposito del rinvio degli sgomberi delle occupazioni.
Perché qui si dovrebbe usare una misura diversa?

Ci auguriamo quindi che tutte le istituzioni si uniscano in coro, da qui alle prossime 48 ore, per stoppare l’ennesimo atto contro Lucha y Siesta. Qua non va sgomberato lo stabile, va invece sgomberato il campo dal sospetto che le attiviste di Lucha e l’intero territorio stanno rilanciando ora: non è che dietro questa accelerazione c’è l’interesse di qualche speculatore pronto ad accaparrarsi l’edificio?

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