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28 Gen, 2013

Per una democrazia paritaria

Manifestazione "Se non ora quando ?" per la dignita' e i diritti della donne

Sala della Mercede piena oggi pomeriggio per l’iniziativa “Un’agenda per la democrazia paritaria”, un evento voluto da 50 associazioni che si battono per la democrazia di genere e che hanno inteso radunare in una stessa platea le candidate alle prossime elezioni politiche e regionali. Eccezion fatta per l’intervento di Giulia Bongiorno, che davvero non ho condiviso mentre sosteneva che il vero cambiamento deve cominciare nelle nostre case, dove dobbiamo essere più capaci a dire dei no per liberare il nostro tempo (dunque è colpa nostra se non ce l’abbiamo? E i servizi? E il welfare? E la politica?), alto il livello del dibattito. La cornice da cui si arrivava d’altra parte era per la prima volta dopo anni davvero incoraggiante: l’alta partecipazione di donne alle scorse primarie del centro-sinistra, una grande affermazione delle candidate, il 40% di donne presenti nelle liste del Pd il 50% in quelle di Sel. Tutto (quasi) risolto allora? No, ovviamente. Molto c’è ancora da fare: per una rappresentanza politica davvero paritaria, per la piena attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, per una par condicio di genere che faccia giustizia della rappresentanza anche nei media. Prendete il Lazio, ad esempio. Il consiglio regionale di Franco Fiorito era composto di 10 donne e basta, su 73 consiglieri: una vergogna. Ma come andrà questa volta non è dato saperlo… non è detto che sarà un successo si direbbe con una parafrasi: le candidate in lista sono messe nella condizione di prendere davvero le preferenze necessarie ad arrivare alla Pisana? La prossima legislatura regionale dunque una legge dovrà approvare fra le prime: la legge elettorale con la doppia preferenza di genere (sul modello della Campania). Solo così anche nel Lazio assisteremo a una democrazia paritaria: migliore, più pulita, in grado finalmente di legiferare e governare per tutte e per tutti.

27 Gen, 2013

Il dovere della memoria

via tasso

Con le luci spente al Colosseo sta finendo anche questo 27 gennaio, Giornata della memoria. Il bilancio non è certo dei migliori: come da copione Berlusconi stasera ci ha fatto sapere che è stato frainteso, ma questa mattina l’ancora leader del Pdl aveva inaugurato a modo suo il ricordo della Shoa. “Per tanti versi Mussolini ha fatto bene ma il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”, ha detto trascinandosi dietro le critiche di mezza Italia (speriamo un pò più di mezza per la verità) e soprattutto alimentando una volta di più quel clima odioso, di rimozione e giustificazione, che tanti danni continua a fare alla democrazia del nostro Paese. Un silenzio “tragico e assordante” da parte del Pdl è seguito alle parole di Berlusconi, ha twittato nel pomeriggio Nicola Zingaretti. Zitto è rimasto anche il leader della Destra Francesco Storace, candidato della destra (stavolta minuscola) alla presidenza della Regione Lazio; ma il suo silenzio non stupisce. L’avete visto l’altro giorno a Unomattina quando incalzato dalla bravissima giornalista di Repubblica Alessandra Longo sorrideva alla parola fascista? Qualche giorno prima aveva sostenuto di non aver bisogno di dirsi antifascista… sono un democratico ha ironizzato. Brividi, al pensiero delle prossime elezioni. Brividi se poi pensate che la Resistenza è tutt’altro che esigenza del passato a Roma e in Italia: striscioni – negazionisti – sono comparsi anche oggi a via degli Annibaldi e in piazzale della Radio. Scritte antisemite erano spuntate invece ieri sui muri del carcere nazifascista di via Tasso. Io ci andavo a scuola, vicino all’odiosa prigione, il campo da calcio confinava con le pareti esterne di via Tasso e così ogni tanto il pallone finiva proprio addosso a quei muri… era ogni volta come una tirata alla giacca, alla memoria. A via Tasso ci andiamo con la classe di mio figlio quest’anno, una quarta elementare. La palestra della sua scuola è intitolata a una giovane vittima delle Fosse Ardeatine e così ripercorreremo la sua vita, la sua storia, la sua memoria. Per non dimenticare.

23 Gen, 2013

Il diritto allo studio davvero

diritto allo studio

E’ una delle prime sfide lanciate da Nicola Zingaretti: dotare la Regione Lazio di una nuova legge sul diritto all’istruzione, per dare uguali opportunità a tutti gli studenti di realizzare ciò che vogliono fare nella vita, secondo le loro competenze e perché no… i loro sogni. Da settimane ormai insieme a Roberto Tavani sto lavorando al gruppo giovani e diritto allo studio del comitato Zingaretti: abbiamo fatto decine di incontri, l’ultimo dei quali insieme allo stesso candidato del centro-sinistra alla guida della Regione Lazio, insieme agli studenti, le associazioni giovanili, le rappresentanze nei cda e nei senati accademici. Un confronto che ha già prodotto diversi documenti e che è già entrato, coi suoi contenuti, nel programma di Nicola. I dati che ereditiamo dalla giunta Polverini sono spaventosi: il fondo regionale per le borse di studio azzerato, più di 6000 aventi diritto restati senza borsa, una penuria mostruosa di alloggi per studenti, una tassa regionale (tutta a carico della popolazione studentesca) salata eppure che non trova corrispondenza nei servizi erogati. Così davvero il “nuovo inizio” di cui parla il programma di Zingaretti passerà anche dalla piena attuazione del diritto allo studio nel Lazio: per fermare l’esodo di intelligenze, cultura, saperi che sta via via colpendo la nostra regione, per rendere pienamente operativo quel patrimonio di università, centri di ricerca, scuole di alta formazione che sono un patrimonio vero di questo pezzo d’Italia, troppo spesso trascurato e non messo a sistema. Tutto a partire dal metodo della partecipazione, il pre-punto programmatico della nostra campagna elettorale, partita ormai da settimane e che non si arresterà neppure dopo il voto. Per saperne di più puoi andare sul sito www.nicolazingaretti.it, per partecipare subito ti consiglio di digitare http://immagina.ideascale.com/.

20 Gen, 2013

Una nuova avventura

Gian Paolo Manzella, Marta Bonafoni, Nicola Zingaretti, Cristana Avenali
Gian Paolo Manzella, Marta Bonafoni, Nicola Zingaretti, Cristana Avenali

Il 18 gennaio 2013 Nicola Zingaretti ha annunciato la mia candidatura nel suo listino per le elezioni regionali del  Lazio. Si tratta di una nuova e bella avventura, che per me vuol dire certamente cambiare passo ma sempre nella direzione dello stesso cammino: quello di chi intende cambiare le cose, in meglio e insieme. Ho deciso con entusiasmo di accettare la candidatura per due ragioni fondamentali. La prima ha a che fare con quello che sono e che ho sempre pensato: mai interna alla politica sono da sempre un’innamorata della bella e buona politica e mi preoccupa e addolora il distacco che c’è, forte e profondo, tra un grandissimo pezzo della cittadinanza e le nostre istituzioni. La seconda ragione ha molto a che fare con il mio mestiere di giornalista e con la vergogna che ho sentito montare nel dover raccontare dei Fiorito e dei Maruccio, e delle scorrazzate in auto-blu della Polverini, mentre gli ospedali venivano chiusi dai tagli, le fabbriche dalla crisi, la cultura dall’ignoranza. Ho deciso di mettere a disposizione della vittoria di Zingaretti la mia passione e la mia biografia: per i giovani, il reddito di cittadinanza, il diritto allo studio. Per gli omosessuali, dichiarando guerra finalmente e sul serio all’omofobia, primo passo verso la conquista dei diritti per tutte e per tutti. Per le donne e la parità di genere, che passa da un sacco di possibili cose da fare: il rafforzamento dei consultori (altro che la Tarzia), dei centri antiviolenza, la promozione di politiche del lavoro giuste e la lotta al precariato. Tutto attraverso dei processi realmente partecipativi, con la chiamata alla responsabilità dei movimenti come dei partiti, delle associazioni, come dei comitati come della gente comune. Solo così potremmo davvero pensare di poter rifondare la politica, e con essa la società. Il vivere insieme.

14 Gen, 2013

Primarie si può?

PRIMARIE CS: GIA' 1MLN VOTANTI, LEADER ENTUSIASTI

Ultimamente ho partecipato a un’assemblea, una di queste che si riuniscono la sera “già cenati”. Nella fattispecie l’assemblea di cui vi racconto era una delle tante convocate in questo periodo per parlare delle elezioni a Roma e del futuro della nostra città. Con una caratteristica specifica: riunito e seduto in cerchio nella sala di un’associazione culturale, al Quadraro, non c’era neppure un esponente dei partiti del centrosinistra capitolino, né dei militanti di quel vasto movimento d’opinione che ha ormai preso comunemente il nome di “movimento arancione”. Ma allora, vi starete chiedendo, di che parliamo visto che tutto quanto si sta muovendo intorno alle elezioni a Roma ultimamente ruota o intorno alle segreterie di partito o all’interno delle assemblee arancioni? Beh, il punto è che io non credo sia così, penso che non tutto si esaurisca in quella dimensione, e appunto l’assemblea del Quadraro ci racconta questo: c’è un pezzo dei movimenti romani, c’è una sinistra diffusa, ci sono anche dei singoli cittadini, che stanno provando a prendere voce per lanciare un allarme… ma com’è possibile che il 2012 finisca senza che ci sia una parola chiara sulle candidature del centrosinistra per il Campidoglio? “Paura” è allora la parola che fra le prime è risuonata in quell’assemblea: paura che Alemanno – o chi per lui, a destra – possa miracolosamente riprendere fiato, nella confusione che regna sovrana dall’altra parte. Paura che le troppe dinamiche tutte interne ai partiti possano alla fine portare all’individuazione di un candidato molto forte per pochi e indigesto per tutti gli altri, circostanza che peraltro non sarebbe neppure una novità dalle nostre parti. Paura infine che l’eccessivo frazionamento possa far passare in secondo piano l’esigenza di una svolta radicale per Roma, una nuova strada che passi anche da parole d’ordine quali la laicità, l’antimafia sociale o ancora la soluzione vera e progressiva al problema della casa posto con tanta forza dalle occupazioni abitative. Priorità, per l’assemblea del Quadraro, che alla fine del suo confronto in un lunedì sera dove ci si parla seduti in circolo e “già cenati” ha inteso in definitiva contrapporre a queste tante paure una voglia, quella di poter contare, attraverso le primarie. Lo slogan partorito alla fine da cittadini e movimenti suonava più o meno così: “il sindaco è mio, e lo decido io”. Sarebbe bello.

(articolo pubblicato sul numero di gennaio 2013 del Paese Sera)

13 Gen, 2013

Solo volti e voci maschili: ancora?

udi

Comunicato dell’Unione Donne in Italia

Elezioni 2013 
SOLO VOLTI E VOCI MASCHILI : ANCORA?

Assistiamo preoccupate e sconcertate a questa campagna elettorale che con i suoi toni e i suoi contenuti sembra non tenere conto della maturità e responsabilità civica di tante cittadine e cittadini che si aspettano risposte adeguate alle difficoltà del presente. E chiedono soluzioni realistiche con parole di verità: la verità dei fatti che, come sappiamo, hanno a che fare col quotidiano.
Quei fatti ci parlano sì di risanare i conti, ma anche di individuare le priorità evitando di aumentare le disuguaglianze tra chi ha troppo e chi troppo poco. Ci mostrano ogni giorno l’assenza di etica pubblica e lo spreco di risorse per arricchimenti personali sempre più spregiudicati.
Ma ci dicono innanzitutto della mancanza di lavoro, in primo luogo per donne, giovani, ragazze e ragazzi; evidenziano una concezione totalizzante e disumana del lavoro che si è affermata negli ultimi decenni della globalizzazione e che col suo precariato diffuso contamina il presente e taglia possibili progetti di vita, rendendo il generare sempre più impossibile: è il futuro di tante/i che in questo modo rischia di venire ucciso.
Ci parlano della necessità di servizi essenziali efficienti e sufficienti (asili nido, scuole, consultori, case di accoglienza e centri antiviolenza, ospedali…).
Pongono l’urgenza di un modello di sviluppo che va rivisto alla radice, nel rispetto di tutti gli esseri umani e dell’ambiente. Inoltre quei fatti mettono drammaticamente davanti ai nostri occhi la difficoltà di costruire relazioni sane, rispettose, tra donne e uomini: continua infatti la violenza maschile sulle donne, una violenza diffusa, che arriva fino al femminicidio, con atteggiamenti di colpevole complicità da parte di molti, informazione inclusa. E il silenzio della politica e uno stato assente,

noi vogliamo uno stato “materno”

capace cioè di prendersi cura soprattutto di chi è più debole, più sfortunato, più discriminato, ma che sappia anche valorizzare questo paese con le sue storie, competenze, passioni civili senza escludere nessuna/o.
Dopo tanti anni di dibattito promosso nel nostro Paese dalle donne e dai loro movimenti sulla democrazia paritaria, sull’incompiutezza del nostro tessuto democratico a motivo della scarsa presenza delle donne là dove si decide e dell’insignificanza per la politica dei loro saperi, ascoltiamo molte promesse e poche proposte che ci riguardano perché

questa campagna elettorale parla ancora una volta con voci e volti maschili,
soprattutto in televisione, soprattutto sui media.

Forse è per questo che i nostri bisogni, le nostre idee, i nostri contenuti sono completamente assenti nel dibattito elettorale. Questa assenza è la testimonianza della distanza che ancora esiste tra le donne, la loro vita, i loro problemi e la politica istituzionale. Ancora? Sì, purtroppo ancora!

Noi dell’ UDI denunciamo tutto questo con forza.

Lo denunciamo come un impoverimento della politica, un danno per la democrazia.

Un rischio per tutte e tutti

14 Dic, 2012

Olive democratiche

RaccoltaOlive

Questo mese vi racconto di un flash mob tutto particolare che vedrà riunirsi intorno a due parole d’ordine fondamentali – sostenibilità ambientale e qualità della vita – un gruppo di uomini e di donne che hanno voglia di mandare un messaggio ai governarti attraverso un’azione antica almeno quanto la pratica dell’agricoltura: la raccolta delle olive. Non è uno scherzo, né un fatto da prendere tanto alla leggera. Proprio per niente. Loro, un gruppo di giovani riuniti intorno alla società agricola Co.R.AG.GIO., la chiamano Agricoltura Urbana Multifunzionale. Funziona così: esiste a Roma un grande uliveto, di proprietà del Comune, che giace senza cura e senza un progetto che lo valorizzi. Solo che la natura mica si ferma di fronte alla scarsa lungimiranza degli uomini, e così su quei grandi alberi le olive stanno crescendo eccome, belle e numerose, pronte (soltanto qualcuno lo volesse) ad essere raccolte, a costituire quindi un piccolo patrimonio per la comunità. A guardarla dall’alto, tipo da una ripresa aerea, questa storia già così somiglia a un mezzo miracolo: un uliveto, rigoglioso, che cresce dentro Roma nonostante la montagna di cemento che da anni senza tregua invade l’Agro Romano! Ebbene di fronte a questo ben di Dio i nostri giovani agricoltori hanno pensato di non voltare la testa, anzi di rilanciare e di far diventare quel pezzo di terra un simbolo, ma anche il segno concreto di una possibilità di riscatto per l’economia romana, per il suo bisogno di lavoro sempre più stringente sotto la crisi, e contemporaneamente un modello di sviluppo davvero alternativo, democratico, che coinvolga la cittadinanza in progetti condivisi e realmente partecipati. Così potrebbe avvenire anche per l’oliveto del Comune di Roma abbandonato al suo destino. Questo l’elenco delle opportunità che il ricorso a un’Agricoltura Urbana Multifunzionale potrebbe consegnare alla comunità: spazi per le persone e per la formazione, fattorie didattiche, ristorazione di qualità e accessibile, acquisti a filiera corta, lotti per gli orti urbani, spazi per lo sport, agricoltura biologica con impiego di energie rinnovabili, recupero delle attività artigianali, avvicinamento al mestiere degli agricoltori. Al di là del flash mob, quando l’ho letto, questo progetto legato alla valorizzazione di un uliveto pubblico romano una cosa mi ha evocato: un pezzo di un programma di governo. Nuovo e giusto.

(articolo pubblicato sul numero di dicembre 2012 del Paese Sera)

13 Dic, 2012

Fermenti al voto

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Nonostante l’incertezza, nonostante il quadro tutt’altro che definito (o forse a ben vedere proprio in ragione di quello) che segna l’avvicinamento alle prossime elezioni amministrative a Roma, c’è una bella fibrillazione in città, fra i comitati cittadini e i movimenti che guardano con ansia e interesse al le prossime scadenze elettorali. Basta guardare sotto e oltre i titoli dei giornali, le dichiarazioni e gli schieramenti per accorgersene, basta anche solo partecipare a una qualche mailing-list per essere travolti da una mole notevole di messaggi che dicono tutti – dal proprio punto di osservazione – la medesima cosa: vediamoci, parliamone, e proviamo a contare davvero qualcosa ora che si apre la campagna elettorale. L’assunto per tutti è uno: far sì che quella partecipazione tanto sbandierata dal centro-sinistra nell’era pre-Alemanno, e restata lettera morta fino alla disfatta elettorale che ha consegnato la città alla destra, stavolta brilli di luce vera, e proficua, già nella fase della costruzione dei programmi e del consenso. Certo, per qualcuno questo ragionamento dovrebbe portare senza dubbio alla creazione di una lista, magari anche di un candidato espressione stessa del variegato mondo dei comitati cittadini, altri invece pensano sia più giusto e realistico concentrarsi su un’azione efficace di pressing (o lobbying, per dirla all’americana), per una presa di parola che riesca a pesare sul tavolo dei candidati sindaci… differenze non da poco, ma poco rilevanti ai fini del nostro ragionamento. Quella che ci interessa ora è un’ altra angolatura della questione, il “fermento” che vive e sopravvive in città nonostante il combinato disposto tra la crisi e il cattivo governo degli ultimi anni. Roma è una città “viva”, si legge ad esempio nell’appello per La Roma che vogliamo firmato tra gli altri da Berdini, Scandurra, Asor Rosa, Ferrarotti, una città ricca di “fermenti” che prendono di volta in volta la forma dei gruppi d’acquisto solidali, degli orti urbani, dei comitati per la riduzione dei rifiuti o in difesa dell’Agro Romano, dei ciclisti urbani. Una galassia composita, a tratti dispersiva o peggio persa nelle proprie beghe e divisioni, ma certamente portatrice di saperi e competenze costruiti in anni di resistenza dal basso, e disinteresse della politica. Sarebbe bello e utile riuscire a far diventare tutto questo “maggioranza” senza consegnarlo nella mani di Grillo.

(articolo pubblicato sul numero di novembre 2012 del Paese Sera)

11 Dic, 2012

Dopo l’estate, ritorna l’acqua

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Questo mese parto raccontandovi i fatti miei, o meglio del mio indirizzo di posta elettronica, uscito dalla fisiologica boccata d’aria d’ogni estate (cioè i contatti che vanno, anche loro, in vacanza) con un massiccio e gradito ritorno: da più parti infatti il “bentornata” mi è arrivato con un appello del Coordinamento romano acqua pubblica, il CRAP, che mi invitava a mobilitarmi per un’altra firma, un altro referendum, per una nuova battaglia. Ancora?!, direte voi se siete digiuni del nuovo obiettivo che i comitati si sono dati. Ancora sì, risponderebbero loro, netti e anzi concitati con i loro comunicati settembrini, perché un anno e più è passato dalla vittoria referendaria del giugno 2011 eppure l’esito di quella consultazione è ben lungi dall’essere stato rispettato. Ecco allora l’esigenza di un nuovo referendum, stavolta propositivo, per spingere la Regione Lazio verso una gestione del servizio idrico pubblica e partecipata e blindare così la vittoria del primo quesito, felicemente travolto a suo tempo dai sì del popolo dell’acqua. Il punto però non è il merito della nuova consultazione che pure deve raggiungere 50 mila firme, né tanto meno lo stato di pinguedine della mia posta, il punto è come spesso ci capita da queste parti un punto di domanda: come sta il popolo dell’acqua? Non benissimo, raccontano senza reticenze dal CRAP: più difficile è stato ed è infatti questa volta organizzare i banchetti, più difficile veder decollare quel meccanismo di coinvolgimento individuale, davvero uno a uno, che aveva fatto la fortuna del referendum un anno fa. “Evidentemente anche tra noi è scattato il meccanismo della delega”, ragionano allora nel Coordinamento, ammettendo i limiti che sta incontrando sul lungo periodo quel meccanismo di democrazia diretta che aveva fatto la magia della primavera scorsa. Una stanchezza e uno sfilacciamento dati dal tempo che passa senza che si possa cantare vittoria. Perché è così: se è vero che sull’acqua i movimenti si sono trovati a costruire in Italia un nuovo “paradigma culturale” è altrettanto vero che il loro percorso si è mosso in un contesto difficilissimo, frutto della sommatoria tra la crisi globale e le risposte arrivate dai “governi tecnici”. Per questo anche per i movimenti per l’acqua è fondamentale che col voto del 2013 torni la politica, per questo non è per niente indifferente il risultato che uscirà da quelle urne.

(articolo pubblicato nel numero di ottobre 2012 del Paese Sera)

30 Nov, 2012

Le sabbie mobili del passato

palazzo

Vista dal punto di osservazione di questa nostra rubrica non c’è dubbio che vi sia un’ulteriore partita dentro la partita che porterà alle amministrative del 2013. Detta con una semplificazione certo brutale ma calzante: come si schiereranno i movimenti romani innanzitutto alle primarie del centro-sinistra quindi nella sfida finale per il governo della città? E’ questo un interrogativo che sta attraversando in queste settimane le assemblee e le discussioni delle moltissime realtà che animano le occupazioni e i comitati capitolini. Al di là del nome del candidato, che pure è questione fondamentale se non oggi dopodomani, il punto del dibattere sta proprio nel come agire all’interno della costruzione di una possibile alternativa per Roma: ponendo quali temi, costruendo quali alleanze. Importante in questo senso mi è sembrato durante l’estate un dibattito che si è tenuto nella vastissima Festa dell’Unità voluto dal segretario romano del Pd Marco Miccoli. “Le occupazioni che parlano alla città” era il suo titolo e radunate sul palco davanti a una bella folla di persone c’erano alcune delle esperienze più significative di ieri e di oggi: i braccianti che ormai da 35 anni occupano le terre di Decima con la Cooperativa Agricoltura Nuova, i giovani di Scup, il Valle naturalmente, il Nuovo Cinema Palazzo che a San Lorenzo ha fermato l’apertura di un casinò proprio nel cuore della città, infine gli operai ex Rsi costretti da mesi a occupare l’ex fabbrica di Portonaccio per affermare il loro diritto al lavoro e il diritto di tutti ad avere una mobilità vera e sostenibile. Tutti temi fondamentali (un nuovo modello di sviluppo, l’accesso allo sport popolare, la cultura, la legalità, il lavoro) che sono anche altrettanti capitoli di un possibile programma di governo. Ma scritto da quanti e quali attori? Il punto di partenza per tutti pare essere il “modello Acea” ossia quell’ampia e composita coalizione sociale che ha permesso di arginare l’assalto di Alemanno all’acqua dei romani, ma più si va avanti più appare chiaro che quel modello non basta. La sfida del governo di Roma pretende anche altro, innanzitutto che tutti i soggetti coinvolti siano capaci di ripensarsi nell’oggi, con lo sguardo al futuro e al tempo stesso non restando incastrati nelle sabbie mobili della recriminazione sugli errori passati. Che sono stati errori di tutti, magari non equamente distribuiti, ma di tutti. 

(articolo pubblicato nel numero di settembre 2012 del Paese Sera)