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Un bracciante afgano di 36 anni precipitato durante la raccolta delle olive ad Albano e ora ricoverato con un pesante trauma cranico, un operaio romeno di Velletri arrivato in ospedale con una mano quasi tranciata di netto da una motosega. Due fatti, entrambi avvenuti lo scorso week-end in provincia di Roma, che non possono essere considerati episodi minori ma la spia di quanto andiamo dicendo da tempo: la Regione Lazio non è esente da quell’odioso fenomeno di sfruttamento del lavoro che passa sotto la voce “caporalato”.

Di fronte a una situazione sommersa di tale gravità, che – è bene sottolinearlo – oltre ai lavoratori svantaggia le imprese “sane”, noi possiamo e dobbiamo fare la nostra parte.

Da tempo insieme ad altri numerosi Consiglieri della maggioranza ho depositato una proposta di legge che intende proprio sconfiggere il caporalato in agricoltura; le tristi morti di quest’estate nel sud e nel nord Italia e la risposta immediata del ministro Martina devono adesso funzionare da stimolo anche per il Lazio, che in tempi brevissimi è in grado con l’assessorato all’Agricoltura di recepire a livello regionale il decreto nazionale e di dare finalmente il via in Consiglio all’iter di una legge che può rappresentare un’avanguardia nel panorama della legislazione regionale.

I tempi sono maturi per far fare all’agricoltura del Lazio un passo in avanti di civiltà, nel campo dei diritti dei lavoratori agricoli e dello sviluppo delle imprese legali.

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