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In Italia le interruzioni di gravidanza sono sempre più difficili, con molte donne costrette ad emigrare in un’altra regione o addirittura fuori dal paese per ottenere quello che la legge 194 in teoria garantisce. Lo affermano i medici della Laiga, (Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194), riuniti in congresso oggi e domani a Napoli, che annunciano anche la nascita di una rete di avvocati che avranno il compito di sostenere pazienti e camici bianchi.

In alcune Regioni obiettori al 90%. I ginecologi obiettori di coscienza sono in numerosi in molte Regioni, un problema che a volte rende complicato interrompere una gravidanza non desiderata. “In alcune zone come Lazio, Campania, provincia di Bolzano i medici obiettori sono oltre il 90%, e questo spesso costringe le donne ad andare in un’altra regione – spiega la presidente Silvana Agatone – per le interruzioni nei primi tre mesi solo il 64% degli ospedali italiani è disponibile, mentre la legge prevederebbe che fossero il 100%. Per quelle superati i 90 giorni, che si fanno in presenza di gravi patologie del feto o rischi per la mamma, le strutture disponibili sono molte meno, e cominciano i pellegrinaggi che portano addirittura all’estero”.

Secondo Agatone le statistiche del ministero della Salute, che parlano di pochi aborti a settimana per i medici non obiettori, sono falsate. “Ci sono centri che fanno 70 interruzioni a settimana, e altri che mettono a disposizione al massimo due posti letto – spiega – nelle seconde è ovvio che risulta che i medici hanno fatto pochi aborti, ma quello che non si vede è che probabilmente le donne sono state costrette ad andare da un’altra parte’.

La rete di legali che sostiene le donne. Per questo Laiga ha inaugurato una rete nazionale di avvocati aiuterà le donne che hanno avuto difficoltà nell’accesso all’interruzione di gravidanza. “Attualmente i medici non obiettori applicano con preoccupazione la legge 194 – spiega la presidente Silvana Agatone – non solo perché le strutture non forniscono i mezzi ed il personale necessario, ma anche perché si opera tra mille difficoltà anche burocratiche e organizzative. A tutela delle scelte degli operatori, sarà presentata una rete di avvocati presenti su tutto il territorio nazionale, pronti a seguire l’iter di eventuali denunce nei confronti dei ginecologi e del personale non obiettore e a salvaguardia delle donne cui non siano riconosciuti i propri diritti riproduttivi”.

Formazione dei camici bianchi. A questa rete, spiega Agatone, se ne affiancherà un’altra di tutte le associazioni coinvolte nella tutela della salute riproduttiva della donna. “Questo servirà a concretizzare alcune richieste che riteniamo urgenti – sottolinea ancora Agatone – dalla formazione dei giovani, che nelle scuole di specializzazione non viene fatta, all’introduzione nei turnover dei medici non obiettori, all’aumento della prevenzione attraverso la contraccezione d’emergenza all’uso in tutta Italia della Ru486”.

La soluzione nel Lazio. Nel Lazio l’obiezione di coscienza ha raggiunto livelli mai visti tra ginecologi, anestesisti e infermieri. Ora le nuove linee guida sul funzionamento dei consultori familiari potrebbero cambiare la situazione. Con un decreto, il presidente Nicola Zingaretti ridefinisce, ha ristretto il diritto a non applicare la legge sull’aborto.

Obbligo di prescrivere la pillola del giorno dopo. Il decreto, infatti, se da una parte impone a chi lavora nei servizi territoriali l’obbligo di prescrivere tutte le forme di contraccezione, e senza potersi appellare ad alcuno scudo “morale” nemmeno per la pillola del giorno dopo, dall’altra ricorda ai medici i loro doveri verso la legge 194. Nessun medico può rifiutare ad una donna la prescrizione di un contraccettivo, pillola del giorno dopo e spirali.

Valeria Pini, La Repubblica

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