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16 Dic, 2013

I primi nove mesi da Consigliera Regionale

Una mia intervista per la newsletter di Arci Solidarietà

1. Come valuta i suoi primi nove mesi di lavoro in Regione? Quali sono le esperienze più significative di questi primi mesi di lavoro?

Sono stati mesi di lavoro intenso, a tratti frenetico. Il primo impatto è stato senza dubbio con la dimensione dell’istituzione Regione Lazio. Un ente grandissimo che abbiamo trovato stracarico di centri decisionali e di potere: una specie di superfetazione dei livelli e delle competenze che mal si conciliava con i moltissimi compiti e le responsabilità a cui è chiamato un ente come la Regione. Da subito ci è stato chiaro che nessuna “buona politica” sarebbe stata possibile senza prima mettere in campo un serio processo di “semplificazione”, per questo ritengo che il primo grande passo fatto dal Presidente Zingaretti, quello di ridurre le direzioni regionali, che sta proseguendo ora con la riduzione delle società regionali, sia stata e sia la condizione necessaria per il nostro governo del Lazio. Delle fondamenta solide ma nuove, per ri-costruire una Regione piegata dal malgoverno degli ultimi anni e – naturalmente – dalla crisi economica.
L’altro impatto che ho avuto una volta entrata in Consiglio Regionale è stato senza dubbio quello con i numeri, i conti, il “buco” ereditato dalla passata amministrazione: 22 miliardi di debiti. Una cifra mostruosa che accompagna come un convitato di pietra la nostra azione di governo: da quel deficit occorre rientrare, per ridare fiato alle imprese, alle famiglie, ai cittadini della nostra Regione. Occorre chiudere quel buco e contestualmente dare il via a un nuovo modello di sviluppo per il Lazio, che si affranchi definitivamente dalla stagione degli sprechi, dello sperpero delle risorse, del malaffare.
Non c’è dubbio infatti che il terzo impatto che ho avuto nel mio nuovo ruolo di consigliera regionale sia stato con quelli che io chiamo “i fantasmi di Fiorito e di Maruccio”, la rappresentazione plastica di come la politica nel nostro Paese fosse arrivata a un livello talmente basso da portare alla rottura quasi definitiva del rapporto fra i cittadini e le istituzioni, fra i rappresentati e i loro rappresentanti, un rapporto tutto da ricucire. La vera sfida da vincere nei prossimi cinque anni.

2. Nella sua esperienza personale e professionale di “giornalista libera, indipendente e di sinistra” come lei stessa scrive, c’è sempre stato un impegno sociale al fianco dei più deboli, per l’inclusione e per il rispetto dei diritti di tutti. Cos’ha portato con sé in Consiglio Regionale e cosa pensa che la sua esperienza può portare nella politica istituzionale?

Intanto dico questo: io credo che lo stare al fianco dei più deboli, considerare il loro benessere come l’unità di misura indispensabile delle scelte da prendere, sia il miglior metodo di governo possibile. Solo garantendo i diritti a chi meno se li è visti riconosciuti fino ad oggi potremo dire di averli garantiti davvero a tutti, di aver costruito una società giusta ed inclusiva nonché una piena cittadinanza. Per troppo tempo anche in questa Regione abbiamo assistito alla stagione dei “diritti per sottrazione”, i diritti sì “ma fino a un certo punto” e ciò ha contribuito insieme alla crisi ad incattivire le nostre città e le relazioni fra noi e i nostri concittadini.

Mi chiedete dunque cosa ho portato di mio dentro la politica istituzionale. Credo di aver portato innanzitutto la voglia di cambiare e migliorare il mondo non dall’alto di una postazione acquisita, ma insieme alle moltissime intelligenze collettive e alle ottime pratiche che ho incontrato nei miei lunghi anni di cronista e giornalista: è il pensiero che letteralmente mi assilla ogni volta che mi siedo alla mia scrivania nell’ufficio della Pisana. È necessario non chiudersi, intraprendere quotidianamente la fatica dell’incontro e del confronto, spingere per la migliore sintesi, la più avanzata, e solo allora mettere in campo le decisioni prese, abbiano queste la forma di una nuova legge, di un tavolo regionale, di un progetto da finanziare. Per me questo è il metodo, tra l’altro a mio modo di vedere anche l’unico praticabile ora che le risorse a disposizione degli enti locali sono pochissime: solo un’alleanza vera, basata su un nuovo rapporto di fiducia fra istituzioni e partiti da una parte e associazioni, movimenti e società civile dall’altra, ci può mettere nella condizione di vincere la nostra sfida per un futuro più giusto e migliore. Secondo me la politica oggi o fa questo o – davvero – perde la sua ultima occasione.

3. In una sua nota del 9 settembre 2013 – dopo aver partecipato alla conferenza stampa di presentazione del documento di Arci Solidarietà Onlus e Associazione 21 luglio sulla questione abitativa dei rom a Roma – ha annunciato la convocazione di un tavolo tra la Regione e le associazioni per proporre una revisione della Legge Regionale 82 del 1985.
A quasi trent’anni dall’approvazione della Legge, quale pensa sia e come pensa possa raggiungersi un punto di equilibrio e una relazione virtuosa tra il terzo settore e le istituzioni? Come pensa che si possa arrivare a forme di partecipazione reale e di collaborazione tra il terzo settore e la politica che vadano al di là delle emergenze?

In parte ho già risposto a quest’ultima domanda raccontandovi il bagaglio personale che ho portato con me in Regione. Volentieri approfondisco ciò che intendevo dire rifacendomi all’esempio della Legge 82 dell’85. Alla fine del 2007 sono stata fra coloro che – intorno al dramma dell’omicidio della signora Reggiani – hanno assistito con lucida impotenza a un intero mondo che cadeva a pezzi. Sulla logica dell’emergenza (una delle malattie più gravi di cui soffriamo) è venuto giù tutto: la capacità di discernimento, la responsabilità della politica, la stessa agibilità di parola, infine la distinzione tra destra e sinistra. Tutto questo è accaduto sui rom e contro i rom, è scattata la criminalizzazione di un’intera etnia: da parte della gente, dei giornalisti, della politica, delle istituzioni. Mi sono molto interrogata, in seguito, rispetto a quei fatti, e ho capito che molte erano le responsabilità che ci avevano portato a quel punto così basso di civiltà, e alcune arrivavano anche da molto lontano.
Credo che istituzioni e terzo settore sui rom (e con i rom) abbiano un’eccezionale occasione di “riscatto”, per tornare a discernere, ad esempio, tra chi delinque e chi no, per tornare a dare il giusto nome alle cose (da quanti politici anche del centro-sinistra sentite ancora parlare di “nomadi”?), per lavorare insieme con un metodo nuovo: che veda le istituzioni nel ruolo di garanti delle decisioni e della successiva programmazione, e le associazioni – con il loro bagaglio di esperienze e competenze – riunite intorno a uno stesso tavolo senza le divisioni anche aspre del passato ma accomunate da un obiettivo.

Nel caso della legge 82 questo obiettivo si chiama superamento dei campi. Solo così, solo togliendo i rom dall’angolo delle politiche ghettizzanti e inserendoli nel contesto più largo dei diritti sociali delle persone, solo proponendo conti alla mano soluzioni alternative e più convenienti per le amministrazioni, potremo dire di aver gettato le basi di un nuovo modello di civiltà e di convivenza.
Non credo sarà facile, sarà un lavoro da portare avanti con cura e passione, ci prenderemo tutto il tempo necessario.
Intanto con piacere vi annuncio che è prossima l’istituzione ufficiale del Tavolo regionale di attuazione della “Strategia nazionale per l’inclusione dei rom e dei sinti”. È un primo passo verso la direzione giusta, un adeguamento a cui la Regione Lazio era chiamata ormai da quasi due anni, un altro ritardo che finalmente colmiamo.

16 Dic, 2013

“Liberi o meglio morire”. I senza speranza del Cara

Qualcuno prende il microfono e spiega: “Se parliamo, se ci lamentiamo, se la prendono con noi: non ci picchiano, questo no. Però se qualcuno di noi ha il colloquio per il permesso la settimana successiva, questo viene rimandato di mesi”. Ecco perché alcuni rispondono di no alle domande, non vogliono essere fotografati, forse. Più in là dalla folla, di fronte al cancello presidiato dai militari italiani, si ferma un pullman, da lì scendono altre persone e mano a mano scaricano grandi quantità di cibo: semola, patate, uova, verdura: “Immaginate voi di mangiare ogni giorno per un anno: riso e maccheroni, maccheroni e riso”, spiega Ahziz.
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12 Dic, 2013

Ambulatorio Medicina Solidale Tor Bella Monaca: ripristinare subito acqua e riscaldamento

Non può e non deve accadere a Roma. Da ieri l’ambulatorio di Medicina Solidale  e delle Migrazioni attivo presso via Aspertini nel sesto municipio, nei locali dell’ex centro anziani, è senza acqua e senza riscaldamento; l’Acea si è infatti presentata presso i locali di Tor Bella Monaca staccando l’utenza e – da quanto ci riferiscono gli operatori sanitari dell’ambulatorio  – portando anche via con se il contatore. Oggi a Roma la temperatura ha raggiunto i 5 gradi centigradi, sempre oggi nell’ambulatorio di Medicina Solidale erano previste le visite neonatali, pediatriche e ostetriche quindi la prima conseguenza del distacco dell’Acea ha comportato che questa mattina bambini anche molto piccoli e donne incinte sono state accolte dentro locali freddi e privi di acqua, senza la possibilità di essere visitati.

La situazione del Servizio di Medicina Solidale è complessa e si trascina da tanti, troppi anni senza trovare una soluzione. E’ arrivato il tempo in cui tutti i soggetti coinvolti, a partire dal Comune di Roma, il Policlinico di Tor Vergata e lo stesso sesto municipio si siedano intorno a un tavolo per mettere in sicurezza un servizio ambulatoriale che assiste in media 10000 pazienti l’anno tra cui 2000 bambini, tutti concentrati nelle fasce più fragili della popolazione e in uno dei territori più complessi della città di Roma.

Nel più breve tempo possibile, in ogni caso, faccio appello affinché l’Acea riattivi immediatamente il servizio idrico in via Aspertini: ciò che è accaduto è inaccettabile e disumano. A quanto pare per una bolletta di 40 euro non pagata si colpiscono donne e bambini in uno dei loro diritti costituzionali più importanti: il diritto alla salute.

12 Dic, 2013

Poveri Cie, due giorni senza capire e farsi capire

Un assenza, quella del mediatore, che ha reso impossibile alla signora comprendere le informazioni di base: orari e regole; quali erano i propri diritti; a quali servizi poteva avere accesso; persino dove era capitata e come poter uscirne. E invece a causa dell’assenza di un mediatore che parlasse la sua lingua è stata due giorni, dal trattenimento all’udienza con il giudice di pace, senza poter parlare con qualcuno.
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11 Dic, 2013

L’ultimo miracolo di Mandela, storica stretta di mano tra Obama e Castro

Lungo le mani dell’Uomo passa la corrente della storia e fa cadere muri che sembravano infrangibili, rende possibile quello che fino a ieri era inconcepibile e scavalca rancori, anche in una stretta di mano, come quella che proprio Madiba Nelson Mandela offrì nel maggio del 1990 a F. W. DeKlerk, all’ultimo pretoriano all’Apartheid, sotto lo sguardo estatico e sbigottito dei bianchi e dei neri.
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10 Dic, 2013

Iniziato oggi il percorso d’esame della legge 328

E’ iniziata oggi in commissione Politiche Sociali e Salute l’esame del testo di legge sul “Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio”, per il recepimento della legge quadro 328 sui servizi sociali. Si tratta di un passaggio fondamentale per la nostra Regione per tre ordini di ragioni: in primo luogo perché è una norma attesa da 13 anni dai cittadini, dalle famiglie e dalle associazioni del nostro territorio che a questo punto ci chiedono di dare finalmente risposte ai loro bisogni e alle loro istanze.

In secondo luogo una legge che interviene in maniera così importante sul sociale è una fondamentale risposta alla crisi economica che anche il Lazio sta vivendo e che consegna sempre più ampie fasce di popolazione alla marginalità e alla solitudine.

Infine, la legge sul sistema integrato dei servizi sociali ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e quindi nell’integrazione con le politiche per la salute. Per questi motivi, ci aspetta un grande lavoro in Commissione, a partire dalle audizioni.

E’ in questo ambito che dovremmo essere capaci di conciliare ulteriori approfondimenti della legge con i tempi rapidi per la sua approvazione.

10 Dic, 2013

“Io, fuori sede, senza un posto per dormire”

“I posti ci stanno, perché non ce li danno?”. Il cartellone di dieci metri, nero e arancione, è la prima cosa che vedi appesa al dormitorio De Lollis, a due passi dalla Sapienza. Ma i ragazzi che da tre settimane lo occupano, e che da molto più tempo cercano di denunciare lo “scandalo degli alloggi”, come lo chiamano loro, questa sera non hanno voglia di parlare.
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