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15 Ott, 2013

Una storia romana. Luca Zingaretti legge “16 ottobre 1043”

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MartedÌ 22 ottobre, ore 21
Portico d’Ottavia
Largo 16 ottobre 1943 – Roma

Settant’anni fa nostra madre sfuggì ad Auschwitz. Il 16 ottobre di 70 anni fa oltre mille ebrei, tra cui 200 bambini, furono rastrellati tra le strade di Roma e deportati nei campi di sterminio nazisti.

Tra loro c’era anche Ester Della Torre, la nostra bisnonna. Nostra madre, quasi per caso, si salvò dalla deportazione, con la sorella e i genitori.
Grazie a questo caso, noi oggi esistiamo.

È una storia romana che, insieme ai miei fratelli Angela e Luca, raccontiamo per la prima volta. Per questo abbiamo organizzato una serata per ricordare.
Luca Zingaretti legge “16 ottobre 1943”, tratto dallo scritto di Giacomo Debenedetti.

In piazza lanceremo una raccolta di fondi per regalare libri sulla Shoah ad alcune biblioteche delle scuole di Roma.
L’appuntamento è per martedÌ 22 ottobre, alle ore 21, davanti al Portico d’Ottavia, in Largo 16 ottobre 1943, a Roma.
Venite in tanti, portate le famiglie e amici, giovani e non. Portate chi ha voglia di ricordare e chi ha bisogno di conoscere.
Grazie a tutti,
Angela, Luca e Nicola Zingaretti

14 Ott, 2013

Agricoltura, condividiamo l’impegno della Giunta

L’intenzione di questa Giunta  di abbattere la burocrazia in questo settore è una bella notizia per gli agricoltori del territorio laziale e per l’idea di futuro che appartiene al nostro Gruppo.

Per questo sosteniamo la delibera per una agricoltura più semplice che l’assessore Sonia Ricci ha annunciato di voler discutere a breve in giunta.

Riteniamo indispensabile rilanciare la produttività e la competitività delle imprese agricole del Lazio, lavorare per introdurre innovazione e nuove tecnologie, migliorare l’accessibilità ai servizi: questa è la strada maestra per uscire dallo stallo e restituire nuova linfa ad idee, progetti ed entusiasmo di tanti agricoltori che intendono investire ancora in un mestiere antico e affascinante in grado – oltretutto – di produrre crescita in termini di Pil.

Sottoscrivo a pieno le parole del Presidente Zingaretti laddove ci invita ad uscire dalla contemplazione della crisi per accendere i motori dello sviluppo, la storia dei territori, i nostri prodotti tipici, la cura delle comunità locali. Solo in questo modo potremo offrire al Lazio lo stimolo per un nuova ed effettiva ripartenza.

12 Ott, 2013

Una gioia vedere Piazza del popolo piena

Una vera gioia vedere piazza del Popolo piena di donne e di uomini arrivati a Roma da tutta Italia per difendere la nostra Costituzione. Lavoro, diritti, scuola, pace, giustizia, ambiente, futuro e quel pensiero continuo e assillante negli slogan e nelle parole di tutti per i morti di Lampedusa, e quindi per l’abolizione della Bossi-Fini.

Nella piazza di oggi c’è tutto ciò che deve guidare la nostra attività fuori, ma ancor prima dentro le istituzioni. Questo è ciò che dobbiamo fare. Non occorre cambiare la Costituzione, occorre cambiare il Paese nel segno dei principi della nostra Carta costituzionale. Faccio mio lo slogan pronunciato dal palco da Gustavo Zagrebelsky ‘andiamo avanti, non ci faremo spiaggiare’. Nella piazza ‘la via maestra’ ho visto le energie per farcela.

11 Ott, 2013

Femminicidio: un decreto in chiaro-scuro con molte criticità

Il decreto legge approvato oggi dal Senato, non rappresenta in nessun modo il punto d’arrivo del nostro impegno contro la violenza di genere, ma piuttosto segna un punto di passaggio verso quella che deve essere la vera battaglia, culturale, educativa e non solo di stampo legislativo-repressivo contro il femminicidio.

Questo decreto legge nasce da un’idea sbagliata di “stato di diritto” mettendo insieme la violenza sulle donne, il furto di rame sui binari, l’uso dell’esercito contro i No Tav, le frodi fiscali e molto altro, lasciando irrisolte molte delle perplessità espresse dalle donne e dalle associazioni in queste settimane.

Sono convinta che la vera battaglia contro la violenza di genere e il femminicidio non possa essere fatta se non partendo da percorsi di educazione, sensibilizzazione e prevenzione sulla violenza di genere e mettendo in campo investimenti sostanziali nei centri antiviolenza e per le case delle donne che al momento rappresentano le uniche strutture in grado di accogliere le donne che denunciano la violenza.

Queste sono le vere azioni concrete che possono determinare un cambiamento profondo della società e che hanno bisogno di investimenti non simbolici o rituali.

11 Ott, 2013

Costituzione: domani sarò in piazza per sostenere la via maestra del nostro Paese

Sarò in piazza domani  e sono convinta mi troverò insieme ad una moltitudine di donne e uomini,  per sostenere la difesa e l’applicazione della Costituzione. Condivido a pieno le preoccupazione rilanciate da Don Ciotti, Stefano Rodotà, Maurizio Landini e tanti altri, contro alcun tipo di revisione costituzionale, come quelle allo studio in questi mesi.

“Costituzione: la via maestra” è  anche il mio slogan contro ogni progetto di  revisione costituzionale che possa indebolire l’ossatura del nostro sistema democratico. Nella nostra Carta costituzionale c’è scritto già tutto – dalla difesa del lavoro, all’uguaglianza tra uomini e donne,  all’accesso all’educazione. Credo che lo sforzo più grande vada fatto nel rendere pieni di significato concreto i 139 articoli, e non nel riformarli in modo blando.

11 Ott, 2013

Notte rossa contro il femminicidio: io ci saro’

Questa sera saro’ al Teatro Lo Spazio di Roma per “La notte rossa contro il femminicidio”. Sarò li tutta la notte e saremo in tante e tanti a dare vita a questa iniziativa contro la violenza di genere.

Un’occasione unica – attraverso la maratona di spettacoli e performance come “Storie di donne morte ammazzate” dodici storie di donne vittime di violenza maschile per far parlare le donne coinvolgendo anche gli uomini.

Condivido pienamente e rilancio con forza l’idea delle organizzatrici della  Notte rossa di dover lavorare sulla cultura, l’educazione e il coinvolgimento di tutti per contrastare  la violenza di genere e il femminicidio. Per liberare la nostra societa da questi crimini contro le donne, non e’ sufficiente – seppur molte importante – approvare nuove norme legislative.

Occorre come dicono le donne della “notte rossa” rivolgersi anche agli uomini. Quegli uomini “violenti” che sono stati prima di tutto figli, fratelli, alunni. Ed è l’educazione che arriva dalla famiglia, dalla scuola, dalle istituzioni a determinare la differenza.

11 Ott, 2013

La nuova destra

Quando calcava le piazze elettorali del Lombardo-Veneto rilanciando gli slogan leghisti contro l’invasione degli immigrati Beppe Grillo non scherzava. Le dure parole nei confronti dei disperati del mondo, ripetute ieri contro l’emendamento dei parlamentari a 5stelle per l’abolizione del reato di clandestinità, sono le stesse urlate negli ultimi venti annidai microfoni leghisti.
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10 Ott, 2013

Obiezione di coscienza, pagano le donne

In Italia la possibilità di abortire è sancita dalla legge 194, voluta dai cittadini col referendum. Ma 7 ginecologi su 10 sono obiettori di coscienza, e quindi farlo in ospedale è sempre più difficile. Così molte italiane vanno all’estero, fanno su e giù per la Penisola o ricorrono all’aborto clandestino.

Da 540 a 1.330 sterline per l’aborto farmacologico, da 670 a 1.770, a seconda delle settimane, per quello chirurgico. Prenotazioni 24 ore su 24, sette giorni su sette, online. Le italiane che si rivolgono al British Pregnancy Advisory Service sono migliaia, tanto che in Inghilterra le richieste seguono solo quelle delle irlandesi. E poi la Svizzera, la Francia, con gli ospedali di Nizza che non accettano più nostre connazionali, perché ormai sono la metà di quelle che richiedono un intervento. E chi non può permettersi di pagare, fa il suo pellegrinaggio su e giù per la Penisola tentando di mendicare un diritto, fino ad arrivare alla clandestinità. Fino a morire.

«Ero alla decima settimana, ma all’ospedale di Palermo mi hanno detto che non ero più in tempo. A causa della lista d’attesa avrei di certo superato le 12 settimane e cinque giorni previsti come limite. E così solo partita da sola, con un treno, verso nord», la voce di Maria si incrina «fa male, ti fanno sentire in colpa. Abortire è doloroso, farlo in Italia ancora di più». Perché nel nostro Paese la possibilità di abortire è sancita da una legge, la 194, voluta dai cittadini che si sono espressi con un referendum, ma farlo è sempre più difficile.

Sette ginecologi su dieci sono obiettori di coscienza, in continuo aumento e con percentuali che superano l’80 per cento nel Sud. A Napoli quanto è morto il ginecologo del Policlinico Federico II hanno dovuto interrompere il servizio, a Roma solo un medico su dieci non è obiettore, e in molti presidi, come quelli di Treviglio o Montichiari, il tasso di obiezione arriva al cento per cento.

«La legge diventa inapplicabile e il problema non riguarda solo le interruzioni volontarie di gravidanza, ma soprattutto gli aborti terapeutici» spiega Lisa Canitano, ginecologa dell’associazione Vita di donna, no profit che fornisce assistenza e consulenza per la salute delle donne. «Sono madri che desiderano la gravidanza, ma davanti a gravi malformazioni vogliono interromperla e lo fanno con molta sofferenza». La legge prevede che si possa effettuare dopo i 90 giorni, causa ‘rischio psicofisico materno’, ma «servono medici ospedalieri, non si possono chiamare da fuori, e accade che molti obiettori proibiscano l’intervento anche solo se loro sono di turno e fanno altro».

Una follia considerando che l’amniocentesi, un esame che serve proprio per diagnosticare eventuali anomalie, è effettuato anche in strutture cattoliche come il Policlinico Gemelli di Roma. E a farlo sono medici obiettori, che trovano molto nobile praticare una ricerca così sofisticata. Peccato sia un esame che presenta complicanze, compresa la morte del feto. Eppure se una donna assume questo rischio e sfortunatamente si riscontra una malformazione, lo stesso medico obiettore si rifiuta di praticare l’aborto. Contraddizioni del Belpaese in cui l’esercizio di convinzioni etico-religiose compromette l’erogazione di una prestazione medica sulla carta garantita.

La scelta di abortire un figlio che si voleva è orribile, ma girando per le corsie e le associazioni la realtà da affrontare lo è ancora di più. «Devi sperare in un parto prematuro e sperare che muoia. Ti costringono a passare dal parto oppure devi fare la pazza. Un dottore mi ha detto: ‘si butti in un pronto soccorro, faccia la pazza e vedrà che dopo la perizia psichiatrica la fanno abortire’, si rende conto? E io Luca lo desideravo, lo volevo, avevo già preso le tutine azzurre». La storia di Linda è la storia di tante future mamme costrette a vivere un dramma o a emigrare all’estero in cerca di cure.

Sottovoce una ginecologa racconta che un po’ di tempo fa una paziente è dovuta andare in Grecia e pagare 4 mila euro per abortire. «Le si era rotto il sacco a quattro mesi. Quando accade ci dovrebbe essere l’aborto terapeutico perché il bambino non sopravvivrà e la madre rischia di morire, ma in un noto ospedale cattolico della Capitale, in cui tutti erano obiettori, si sono rifiutati di intervenire. E hanno detto no anche i medici di altri ospedali laici. Meglio non mettersi nei guai con una paziente a rischio. Alla fine è arrivata una dottoressa greca, si sono accordate per il pagamento. Per abortire se ne è andata ad Atene».

E dire che stando ai dati della relazione ministeriale 2012 sullo stato d’attuazione della legge 194, gli aborti sono in calo: meno quattro per cento solo nell’ultimo anno e le minori italiane si classificano al primo posto come le più accorte tra le ragazzine europee. Sembrerebbe una buona notizia, quasi miracolosa considerando le poche campagne informative sulla contraccezione, se non fosse che gli aborti spontanei sono in aumento, 75 mila nel 2011 quelli dichiarati all’Istat, uno su tre pare frutto di interventi casalinghi finiti male. E nell’Italia dell’interruzione volontaria di gravidanza legale si ritorna alla clandestinità. Le ultime stime, mai aggiornate dal 2008, parlano di ventimila aborti illegali. Quelli reali forse sono il doppio o anche di più. Perché chi non ha i soldi per spostarsi alla ricerca di un diritto negato, non ha scelta.

Lo sanno bene negli ospedali delle periferie dove le più giovani, le migranti, le prostitute arrivano in fin di vita, con emorragie e infezioni. Farmaci abortivi di contrabbando, ambulatori clandestini gestiti dalla mafia cinese, istruzioni su internet su come poter trovare medicinali a base di misoprostolo lamentando dolori all’ulcera o reumatismi, spiegazioni su quante pillole prendere e su come espellere il feto nel bagno di casa. Molte ragazzine italiane fanno così, che i consultori sono sempre meno e se entrano in un pronto soccorso per essere dimesse i sanitari devono avvertire i genitori. Del resto se la pillola del giorno dopo, che non è un farmaco abortivo, ma contraccettivo, non viene prescritta ad una deputata dal medico di Montecitorio, figurasi ad una donna fragile e in difficoltà. E non va meglio con l’Ru486, la pillola abortiva. «Ero alla quinta settimana e avevo deciso che la pillola sarebbe stato il modo più veloce e meno invasivo per terminare questa gravidanza indesiderata.

Impossibile trovare informazioni chiare su cosa fare per reperirla. Finalmente tramite un’ostetrica e Vita di donna riesco a capire che devo recarmi al San Camillo, unico ospedale a Roma, ma molto presto e con delle analisi delle urine che attestino la gravidanza. Quanto presto non si sa, suggeriscono le sette. Arrivo presto, ma c’era gente dalle cinque del mattino e le persone che visitano per prendere la pillola sono solo dieci, ma la danno solo a cinque. Dopo quattro ore, mi fissano un appuntamento due settimane dopo, cioè quando avrei rischiato di andare oltre il tempo massimo», racconta Anna, giovane madre di due bimbi. «L’Italia scandalosamente è all’ultimo posto nel ricorso alla metodica farmacologica tra i Paesi dove si pratica l’aborto legalmente. In barba alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità» tuona Mirella Parachini dell’associazione Luca Coscioni.

Per il Movimento per la Vita meglio così perché «lascia sole le donne, inducendole a sofferenze molto simili all’aborto clandestino». Di certo è inaccessibile a gran parte delle donne e le poche che riescono ad assumerla devono rimanere in ospedale tre giorni. Tre giorni di ricovero che pesano sulle casse di un Sistema Sanitario Nazionale già in crisi. Eppure in Svizzera la stessa pillola, al costo di 600 euro, viene data in uno studio privato. «Prendi la prima pasticca davanti al dottore, firmi un foglio e la seconda la assumi dopo tre giorni a casa tua in Italia» spiega Anna.

Oltre a non garantire a ogni donna le stesse possibilità di accedere alla legge, l’alta percentuale di obiettori comporta poi costi aggiuntivi per le strutture: perché se i medici regolarmente assunti rifiutano di praticare l’aborto, allora l’ospedale deve ricorrere agli esterni con la chiamata ‘a gettone’.Una spesa che solo in Lombardia ammonta ogni anno ad oltre 300 mila euro.

Ad ammettere che ci sia «qualche criticità», è lo stesso ministro della Sanità Beatrice Lorenzin che ha parlato di una «distribuzione inadeguata del personale» fra le strutture sanitarie all’interno di ciascuna regione. Avvierà un monitoraggio e cercherà una via per la ridistribuzione del personale, ma la situazione pare più complicata. Il Movimento 5 Stelle è arrivato a chiedere di modificare la legge e prevedere che ogni struttura ginecologica pubblica assuma la maggioranza del personale tra i non obiettori, ma bisognerebbe capire che fare con il personale già assunto e soprattutto ci sarebbe il rischio di una modifica restrittiva della legge.

Che fare poi se un medico nel tempo cambia idea e diventa obiettore? Fino ad oggi oltre alle convinzioni personali, sembra che molti lo facciano per ragioni di carriera, una scelta per non essere discriminati. «Se si assumono medici con la condizione di fare interruzioni di gravidanza poi non li si può licenziare perché fanno obiezione, ma se fossero militari e diventassero testimoni di Geova il problema non si porrebbe. Evidentemente l’esercito è molto più “Stato” rispetto alla sanità, che troppo spesso è terra di nessuno» nota una ginecologa esasperata dalla situazione. Una terra di nessuno in cui si lascia al caso l’applicazione di una legge.

Silvia Cerami, L’Espresso

10 Ott, 2013

Sì della camera al decreto. Tempi stretti per il senato

Alla fine ci sono riusciti e il decreto femminicidio è passato alla camera ieri con 343 voti favorevoli per approdare adesso al senato con tempi strettissimi per l’approvazione entro il 14 ottobre. Un testo arrivato alla camera già modificato, grazie all’apertura della viceministra del lavoro e con delega alle pari opportunità, Cecilia Guerra, e grazie al lavoro che le parlamentari hanno svolto direttamente in commissione giustizia, modifiche però che ancora non convincono del tutto.
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