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20 Ott, 2013

Trasformare la Città creando opportunità, dalle Caserme alla Creatività

Lunedì 28 ottobre, ore 16.00
Auditorium Parco della Musica
Viale Pietro de Coubertin, 30 – Roma

Ne discutono:
Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio
Ignazio Marino, Sindaco di Roma Capitale
Giovanni Malagò, Presidente del C.O.N.I.
Giuseppe Gerace, Presidente del II Municipio – Roma Capitale
Francesco Ghio, YEA-Contest
Maria Libera del Vecchio, YEA-Contest

Con il patrocinio di Regione Lazio, Roma Capitale e C.O.N.I.

Con la partecipazione, fra gli altri, di Consorzio Tiberina – www.unpontesultevere.com – Associazione Amici del Tevere

www.yea-contest.it ; e-mail: info@yea-contest.it

caserme_auditorium

20 Ott, 2013

Inaugurazione Fattoria Sociale Tenuta della Mistica

Domenica 27 ottobre,  dalle ore 10,30
Fattoria Sociale Tenuta della Mistica
Via Tenuta della Mistica, snc – Roma

Collocata in uno degli scorci più belli della campagna romana, all’interno della splendida cornice della Tenuta della Mistica, 33 ettari di terreno tra Tor Sapienza, Tor tre Teste e Torre Maura, già sede di diverse iniziative di solidarietà, incastonata tra alberi di ulivi e verdi prati,  il 27 ottobre la Cooperativa Agricoltura Capodarco  inaugura la  Fattoria Sociale “Tenuta della Mistica”.

L’appuntamento è domenica 27 ottobre a partire dalle ore 10,30 e per tutta la giornata.  Si alterneranno momenti di approfondimento, con le Istituzioni Pubbliche e le associazioni del territorio sul tema dell’uso sociale delle terre pubbliche e momenti più ludici con degustazioni guidate dei Vini della Cooperativa Agricoltura Capodarco, laboratori, visite all’orto biologico e per i più piccoli l’Agricaccia al tesoro.

Per informazioni contattare:   tel 06.94549191  cell 339.4311180

il programma è anche consultabile dal sito : www.agricolturacapordarco.it

18 Ott, 2013

Una storia di non ordinaria onestà

Ci sono anche storie buone, storie di persone perbene, storie dove non si viene sfruttati o licenziati o sottoposti a mobbing. Storie di editoria.  Storie come quelle di A, che sta per amica (cara). Lei me l’ha raccontata, io le ho chiesto di scriverla per condividerla. Tutta vostra.

Ero al sesto mese di gravidanza quando fui chiamata per un colloquio dal mio attuale datore di lavoro, un piccolo editore di cui non farò il nome. Le mie amiche mi avevano consigliato di camuffare la pancia (“potresti semplicemente essere una ragazza in sovrappeso”, mi avevano detto), perché altrimenti mi avrebbero chiuso la porta in faccia prima ancora di farmi accomodare.

Mi presentai a quel colloquio con una maglia fucsia, stile Barbapapà. Il colloquio durò il giusto necessario, e si concluse con un “Siamo interessati. Le faremo sapere”.

Passavano le settimane, continuavano i colloqui da altre parti, ma quel “Le faremo sapere” sembrava non avere un seguito. Alla fine, una email: “Sto cercando di organizzare un incontro con il mio socio e con l’editor, così da vederci tutti insieme”.
Passarono altre settimane, e alla fine l’incontro fu fissato. Ricordo ancora quel pomeriggio. Mi ero ritrovata davanti a due giovani editori e a una navigata editor. Mi avevano riempita di domande, com’era giusto che fosse. Avevano già un ufficio stampa, ma volevano investire sulla promozione aggiungendone un altro. Dopo un’oretta circa, ci eravamo salutati. Uno dei due mi aveva dato appuntamento la settimana successiva per “definire il tutto”.

Era stato allora che, spaesata, gli avevo indicato il mio pancione. Lui aveva sorriso e mi aveva chiesto quando andassi in maternità. Gli avevo detto che da fine maggio a fine ottobre mi sarei dedicata al bambino che stava per nascere ma che comunque avrei potuto iniziare a prendere confidenza con le nuove pubblicazioni. “Perfetto – mi aveva detto – facciamo partire il contratto da novembre”. Io, ai tempi, lavoravo per un editore da cui stavo scappando a gambe levate, per cui avrei potuto fare le cose con comodo. E così fu.

La settimana successiva, come da accordi, uno dei due editori prese un foglio di carta intestata della casa editrice – che ancora conservo – su cui scrisse che mi incaricava di seguire il loro ufficio stampa a partire dal mese di novembre di quell’anno, per un minimo di due anni.

Il 4 novembre di due anni fa, i suddetti giovani editori stipularono con me un contratto a tempo determinato come ufficio stampa part time. Il livello e la retribuzione che mi venivano riconosciuti mi stupirono: non mi stavano sottopagando e non mi stavano sfruttando. Mi riconoscevano esattamente quanto un ufficio stampa con esperienza dovrebbe – in teoria – vedersi riconosciuto in busta paga. Pensai che era troppo bello per essere vero. Mi sbagliavo: era tutto verissimo.

Oggi, due anni dopo l’inizio della mia collaborazione con quella piccola casa editrice, mi ritrovo incinta di una gravidanza a rischio. Sono stata costretta a un mese di riposo forzato a letto e a un ricovero ospedaliero. Ah, dimenticavo: il tutto quando sono in scadenza del secondo contratto a tempo determinato. Sono sincera: non ho dubitato nemmeno un attimo che non mi avrebbero rinnovata, ma ho pensato che magari, viste le mie condizioni, avrebbero preso tempo facendo slittare il rinnovo, così da poter stipulare un nuovo determinato. Siamo così abituati a questi trucchetti, che sembra anormale il contrario.

Invece, qualche giorno fa, gli editori dissero che “la mozzarellina era in scadenza e che non avrebbero più apposto alcuna data sopra la confezione” (indossavo una maglia bianca e in casa editrice dissero che sembravo un’ovolina di bufala). “Certo – disse uno di loro – che pizza, ci tocca sopportarti a vita così!”. Tradotto, contratto a tempo indeterminato. Il mio primo contratto a tempo indeterminato dopo anni di contratti a progetto, collaborazioni occasionali e accordi alla volemose bene.
E no, non stiamo parlando di un medio editore. Stiamo parlando di una piccola casa editrice indipendente con una ventina di titoli l’anno. Lì dentro sono tutti assunti, tutte donne, eccezion fatta per i due editori e un collega.

Quando mi capita di chiacchierare con altre colleghe uffici stampa mi dicono che è impossibile che non ci sia la fregatura sotto. No, la fregatura non c’è. È soltanto una storia di non ordinaria onestà.

Loredana Lipperini

17 Ott, 2013

Iniziato l’iter per la legge contro la violenza sulle donne

Oggi è iniziato l’iter in Consiglio regionale della legge che istituisce la rete contro la violenza di genere nella Regione Lazio, contestualmente all’Osservatorio su questo tema proposto dall’assessore Ciminiello. Nel  corso dei lavori in commissione Cultura sarà sempre presente il “posto occupato”: una sedia lasciata vuota per rappresentare simbolicamente tutte le donne uccise dai propri compagni o ex compagni, un numero che è arrivato già oltre i 100 dall’inizio di questo anno.

Il nostro impegno sarà di garantire la massima partecipazione per rendere la legge proposta dal consigliere Lupi un testo scritto insieme alle donne e alle associazioni che da anni si battono contro la violenza e i femminicidi. Lo sguardo sarà fisso sul reperimento dei fondi, quindi sulle risorse, da destinare a politiche di contrasto alla violenza di genere, in tutte le sue espressioni.

Il femminicidio non può essere più relegato all’interno di pacchetti sicurezza, per questo è fondamentale che la discussione oggi sia iniziata proprio dalla commissione Cultura: la violenza va combattuta innanzitutto attraverso la prevenzione nonché attraverso la promozione di una corretta relazione fra donne e uomini.

17 Ott, 2013

Approvata la mozione a sostegno delle Officine ex-Rsi

La vicenda riguarda i 33 lavoratori delle officine ex-RSI che si occupavano della manutenzione dei treni-notte ex Wagon Lits, ed è cominciata nel 2008 con l’acquisto da parte della Barletta Srl  delle officine. Sembrava  l’inizio di un rilancio, ma così non è stato e quello che è seguito negli anni è stato un processo di lenta agonia che ha portato, nel febbraio 2012, alla cessazione delle attività dell’azienda.

Gli operai rimasti senza occupazione hanno iniziato insieme ad altre figure professionali (architetti, economisti, giornalisti) a dar vita ad un percorso di studio per promuovere iniziative  capaci di rilanciare l’attività produttiva dell’area e impedire allo stesso tempo che su di essa si concentrassero attenzioni speculative. Oggi sul tavolo ci sono progetti e servizi di pubblica utilità che possono coniugare occupazione, conoscenze competenze degli stessi operai per riversarle nell’economia territoriale.

Sono questi i punti focali della mozione che ho presentato insieme a Cristiana Avenali e Rosa Giancola che il Consiglio regionale ha approvato sottoscrivendo la richiesta d’impegno da parte della Giunta regionale per riconoscere e ampliare quanto già fatto.

In particolare si chiede di sostenere il progetto di riconversione e riutilizzo dell’area delle Officine ex-RSI all’interno del quale hanno trovato posto un “Centro per il riutilizzo” coordinato dall “Associazione Operatori di Porta Portese” e di “Rete Nazionale Operatori dell’Usato” e dal centro studi “Occhio del riciclone” che forniscono  competenze a giovani disoccupati e agli operai ex-RSI, un percorso per dar vita ad uno spazio di co-working ed un  progetto di co-housing con lo studentato autogestito “Mushrooms” con  alloggi e servizi per gli studenti.

Questo potrebbe diventare un esempio concreto del nuovo modello di diritto allo studio innovativo e partecipato di cui si sta facendo promotore il Tavolo per il “diritto allo studio” attivato presso l’Assessorato Formazione, Ricerca, Scuola e Università e che può fungere da esempio per una nuova modalità di erogazione di servizi, alloggi, biblioteche, prestito di libri e quant’altro puntando anche su forme di collaborazione e di autogestione di spazi pubblici nel territorio.

Innanzitutto abbiamo chiesto alla giunta l’impegno a salvaguardare i livelli occupazionali delle Officine. Pensiamo inoltre che qualcosa di concreto possa essere fatto da subito anche per sostenere il Centro per il riutilizzo: a questo potrebbe essere destinata parte dei fondi già stanziati dalla Regione Lazio al Comune di Roma per la raccolta differenziata.

16 Ott, 2013

Léonarda, espulsa durante la gita scolastica

La polizia frontaliera ha fatto fermare il bus della scolaresca, prelevato la ragazzina, che è stata portata in aeroporto e imbarcata sul volo per Pristina. La professoressa e gli studenti: «Trattamento inumano»

Léonarda, 15 anni, è stata arrestata mentre era in gita scolastica con i compagni. Come rom illegalmente residente in Francia, doveva essere espulsa verso il Kosovo insieme al resto della famiglia Dibrani, madre e sei figli. Il padre era già partito. Gli agenti della Paf (Police aux frontières, le guardie di confine) hanno fatto fermare il bus della scolaresca, prelevato la ragazzina, l’hanno portata in aeroporto e imbarcata sul volo per Pristina.

Tutto è successo ieri mattina. La famiglia kosovara era immigrata in Francia nel 2009 e non aveva i requisiti per la regolarizzazione, anche se li avrebbe maturati fra due mesi. Viveva a Levier, nel sud-est, vicino al confine svizzero. I figli parlano perfettamente il francese e, secondo il blog che ha denunciato l’episodio, frequentano da tre anni le scuole. In effetti, Léonarda frequentava il collège e ieri partecipava a una gita scolastica a Sochaux organizzata dalla scuola media André-Malraux e dal liceo Touissant-Louverture di Pontarlier. Per questo, quando la polizia è arrivata al domicilio della famiglia, non l’ha trovata. Gli agenti si sono informati e hanno telefonato alla professoressa di Storia e geografia che accompagnava i ragazzi. Questo il racconto dell’insegnante, madame Giacoma: «Il linguaggio dell’agente era dei più fermi e dei più diretti. Mi ha detto che non avevamo scelta e che dovevamo imperativamente far fermare l’autobus dove eravamo perché voleva recuperare una delle nostre alunne in situazione irregolare: Léonarda Dibrani. Gli ho detto che non poteva domandarmi una cosa del genere perché la trovavo totalmente inumana».

Ma la professoressa ha dovuto ottemperare. Ha cercato di spiegare a Léonarda la situazione: «Dopo i miei colleghi hanno spiegato la situazione a certi studenti che credevano che Léonarda avesse rubato o commesso un reato. Ragazzi e professori sono stati estremamente scioccati». La prefettura si difende dando un’altra versione: secondo le autorità, la madre voleva raggiungere il padre in Kosovo. I posti in aereo si erano resi disponibili ieri e gli agenti sono intervenuti su richiesta della famiglia per recuperare la ragazzina.

Fin qui la cronaca. Il problema è però subito diventato politico. Per molti esponenti del volontariato, dei partiti della gauche e dello stesso Partito socialista, si tratta della classica goccia che fa traboccare un vaso già colmo, dove il vaso è la linea dura sui rom del ministro socialista degli Interni, Manuel Valls, in perfetta continuità con quella dei suoi predecessori di destra. Lo scandalo è enorme, le polemiche violentissime. E pochi minuti fa, dopo un’intervento del premier Jean-Marc Ayrault, Valls è stato costretto ad annunciare l’apertura di un’inchiesta amministrativa. Qualche testa sicuramente cadrà. Resta l’ambiguità di un ministro di sinistra che fa una politica di destra e con metodi muscolari. E che proprio per questo è l’unico membro veramente popolare del governo più impopolare degli ultimi anni.