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donne_zingaCaro Presidente,

noi donne di Roma e del Lazio nei due anni passati siamo state impegnate in modo durissimo a contrastare i numerosi attacchi alle nostre libertà; in particolare abbiamo condotto una strenua battaglia contro la proposta di legge Tarzia (già bloccata nella precedente Legislatura di Storace) che puntava ad annullare l’autodeterminazione delle donne introducendo principi di federalismo eversivo per varare politiche integraliste, reazionarie e incostituzionali. La proposta Tarzia per la soppressione dei consultori pubblici è stata l’emblema della maggioranza che ha governato la regione Lazio caratterizzata da politiche antisociali e da logiche privatistiche in molti ambiti: dagli asili nido alla riforma dell’assistenza, dal Piano famiglia alla modifica della Consulta femminile dalla scuola all’occupazione, al cosiddetto Piano regionale contro la violenza. Tutto questo è stato il contrario esatto delle politiche che devono essere fatte e di cui abbiamo bisogno. Alle politiche antisociali si è affiancata inoltre una gestione corrotta delle istituzioni regionali senza precedenti, che ne ha decretato lo scioglimento.

Le due caratteristiche dell’era Polverini si tengono insieme, anzi sono chiaramente funzionali.

Quella maggioranza, che ha tentato in tutti i modi – e grazie alle donne senza successo – di imprimere un cambiamento culturale permeando tutte le decisioni della passata giunta regionale in modo autoritario, ha violato in tema di diritti delle donne, un principio fondamentale della nostra Costituzione repubblicana: della parità e della laicità, sancite nei primi 11 articoli e in particolare negli artt. 3, 7 e 8, per ottenere così un ritorno delle donne a un ruolo familiare ancillare e di welfare gratuito.

È fondamentale rimettere al centro dell’azione politica e legislativa regionale il rispetto dei principi costituzionali e del diritto all’autodeterminazione.
Pertanto chiediamo che il nuovo presidente, la maggioranza del consiglio e la nuova Giunta che sarà eletta lo assuma come metodo decisionale nel futuro lavoro da svolgere. Tale metodo assume per noi particolare importanza quando si trattano temi che riguardano i diritti delle donne, la loro vita, la loro salute, la loro libertà e scelta religiosa.
Augurandoti un pieno successo ci aspettiamo dunque dalla prossima amministrazione regionale un segnale forte di discontinuità, non solo nel riconoscimento dell’importanza politica delle nostre lotte, della soggettività politica delle donne del movimento e dell’associazionismo femminista e femminile, ma soprattutto chiediamo la presa d’atto della centralità delle questioni che noi abbiamo posto e poniamo nel riconoscimento della nostra autodeterminazione in tutte le sue declinazioni.

Ci auguriamo, in altri termini, che la prossima giunta regionale faccia sue le nostre istanze e si apra alla partecipazione qualificata delle donne riconoscendo il valore del loro sapere nelle analisi, nelle proposte, nel contribuire alle scelte regionali.

Per questo riteniamo fondamentale introdurre alcune analisi di genere sui principali temi e suggerimenti relativi alle scelte politiche e amministrative del governo della Regione.

Quando le donne stanno bene, tutto il mondo sta meglio (Amartya Sen)

1. I consultori, la prevenzione e il diritto all’autodeterminazione nella regione Lazio
Non vogliamo la modifica della legge 15/76 che istituisce i consultori familiari del Lazio, ma vogliamo che sia garantita l’applicazione di tale legge stanziando i fondi necessari da vincolare in bilancio per le spese di funzionamento dei consultori ed evitare che tutti i fondi finiscano a copertura del deficit della sanità.

Vogliamo:

– dare valore ai principi metodologici consultoriali che hanno come obiettivo la consapevolezza delle donne rispetto ai processi di tutela della propria salute e la loro autodeterminazione.
– assicurare con continuità il finanziamento dei consultori pubblici per garantire la piena realizzazione degli obiettivi di prevenzione e di promozione della salute per la donna, la coppia, gli adolescenti, siano italiani, migranti, rom.
– ricollocare il consultorio familiare al livello che lo caratterizza, che è quello della promozione della salute e dell’assistenza primaria, eliminando attribuzioni improprie e confusione tra i livelli di intervento.
– dare indicazioni alle ASL affinché tutelino e valorizzino le attività preventive in particolare sulla contraccezione e la salute riproduttiva dei consultori e non riducano il numero dei presidi, come sta già avvenendo. Bisogna stanziare i fondi necessari se non per aprirne di nuovi , almeno per ristrutturare quelli esistenti con particolare riguardo alla necessità di rafforzarne la presenza in tutte le province, in modo che, pur non raggiungendo il numero previsto dalla normativa (1 ogni 20.000 ab), possano almeno mantenere una distribuzione territoriale in grado di coprire il bisogno di salute della popolazione di riferimento, con èquipes complete di operatori competenti.

Tutto questo riguarda anche l’applicazione della L.19478 e una scelta chiara sugli obiettori di coscienza che nella Regione Lazio hanno raggiunto numeri vertiginosi, sottraendosi nel frattempo a qualunque azione preventiva o integrativa a cui sarebbero tenuti, visto che percepiscono lo stesso stipendio degli altri medici.

Questo comporta anche affrontare tutta la filiera della gravidanza, parto (con tutto il problema della necessità di affrontare e ridurre i cesarei) il puerperio e le politiche collegate.

2. Diritto alla salute
La politica della passata giunta regionale è stata quella di smantellare la rete ospedaliera senza creare nuove situazioni di accoglienza e di cura, aumentare i ticket sanitari, spingendo sempre più all’utilizzo di strutture private. Tutto questo fa parte di una politica generalizzata di demolizione del welfare e un attacco al diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione.

Le donne sanno benissimo come tutto questo ricada principalmente su di loro in termini di aumento non solo di spesa ma di lavoro di cura.

Vogliamo che sia possibile ripensare insieme un nuovo modello sanitario che parta dai bisogni di tutte e tutti e che non abbia come unico orizzonte il risparmio della spesa pubblica, ma il benessere collettivo. La sanità pubblica è l’unica vera garanzia che sul corpo delle donne non si faccia mercato .
Non vogliamo sentirci dire che i soldi non ci sono e accorgerci, com’è successo, che il denaro pubblico, ovvero il nostro, viene sperperato non solo con la corruzione e il malaffare ma anche con campagne finalizzate alla promozione dell’immagine personale (Polverini: “voi mi state a cuore”), il che rappresenta uno spreco oltre che una beffa.

Riteniamo che questo modus operandi, oltre la diminuzione delle risorse per la sanità, abbia ulteriormente e aggravato in modo insostenibile il debito sanitario della Regione, con la probabilità di scelte drammatiche che ricadranno in modo insostenibile su molte cittadini ma di cui le donne portano il carico maggiore.
Per questo chiediamo forme di decisione che prevedano la partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini e forme costanti di controllo sull’operato politico e tecnico dei direttori delle asl.
Vogliamo che le nomine a capo delle ASL non siano dettate dalla spartizione partitica ma da una comprovata professionalità e che ogni anno ci sia una verifica politica e amministrativa, anche a livello comunale, dell’operato dei direttori delle ASL.

Primum vivere: Dalla crisi non si esce contro le donne né senza le donne

3. Contrasto alla violenza maschile sulle donne
La nostra regione registra dati preoccupanti sulla violenza maschile nelle sue molteplici forme. Vorremmo Impegni precisi nell’assunzione e applicazione della Convenzione No More! che presuppone politiche sistemiche per affrontare un fenomeno multiforme e multifattoriale: dalla prevenzione alla formazione per gli operatori e operatrici in tutti gli ambiti, dalla forze di polizia, al personale sanitario; il potenziamento dei centri in tutti i capoluoghi di provincia e non solo ma anche la generalizzazione di servizi, come lo sportello H24 al P.S. del S. Camillo messo a rischio dalle inadempienze della precedente amministrazione. La Regione ha il potere di legiferare e programmare e dare linee di indirizzo a comuni e province oltre che alle Asl e noi ci aspettiamo che lo faccia.

Va affrontata in modo sistematico il fenomeno della tratta a fini di sfruttamento sessuale e lavorativo (che nella nostra regione trova un epicentro molto importante); è necessario un impegno istituzionale a tutti i livelli e in modo coordinato che si deve intrecciare alla battaglia per l’eliminazione dei luoghi di detenzione illegale come i CIE che aggiungono violenza a violenza.

Consapevoli del legame perverso tra razzismo e sessimo, noi tutte consideriamo prioritario il contrasto a questi fenomeni , a livello istituzionale, popolare e culturale.
Anche per questo chiediamo l’ impegno per una graduale eliminazione dei campi Rom ; politiche efficaci per il contrasto alla criminalità e alle mafie; il riconoscimento necessario delle esperienze delle associazioni che da anni agiscono in queste direzioni.

4. Sostegno al lavoro femminile
La disoccupazione e la perdita di lavoro e di attività produttive, anche nel Lazio, è drammatica. Serve una politica che ponga questa emergenza al primo posto; la criticità del lavoro delle donne e il basso tasso di occupazione rende necessario un Piano per il lavoro che tracci un quadro organico degli interventi per favorire l’occupazione delle donne. Bisogna avere particolare attenzione alle giovani precarie e disoccupate che, come e più dei loro coetanei, non possono costruire il loro futuro e sono impedite persino nelle loro possibilità procreative; e le donne adulte sempre di più sono a rischio di disoccupazione e di povertà con le loro famiglie. Occorre che gli interventi non siano più parcellizzati e dispersi in mille rivoli ma che sia chiaro quanto la regione vuole complessivamente investire e come vuole destinare i fondi.

Occorre altresì favorire ed incentivare l’imprenditoria femminile, campo nel quale anche le donne migranti si sono distinte con grande vivacità, e sostenere il reddito delle donne, native e migranti; va sostenuta la formazione e l’imprenditoria in agricoltura e nel rispetto dell’ambiente.

Va altresì seguito il principio stabilito dallo strumento del bilancio di genere con una “misurazione” puntuale di tutte le decisioni che vengono assunte dall’amministrazione regionale che, come ovvio, non incidono in egual misura sulla vita degli uomini e su quella delle donne.

Non c’è bisogno di sottolineare che le politiche sociali, di welfare e di cura, sono il primo tassello fondamentale grazie al quale le donne possono costruire il proprio sviluppo personale e professionale senza dover pagare costi altissimi e insostenibili per la propria realizzazione e autodeterminazione.

5. Investimento sull’istruzione e la cultura
La cultura e i beni culturali sono una risorsa preziosa e pregevole di questa regione. La ricerca, l’università e l’innovazione tecnologica sono un patrimonio necessario su cui investire e attraverso il quale creare lavoro qualificato. Roma è il cuore più grande di questa ricchezza immensa. Sappiamo che questi giacimenti culturali soffrono di gravi abbandoni e noncuranze inaccettabili, invece di essere volano di ricchezza e lavoro. In questo abbandono collettivo richiamiamo l’attenzione su gioielli dimenticati: le istituzioni delle donne che soprattutto a Roma sono risorse nazionali.

E’ di fondamentale importanza pertanto il riconoscimento del valore della conoscenza, conservazione ed elaborazione del pensiero e dell’azione politica, sociale e culturale delle donne a Roma e del femminismo. Bisogna dare sostegno ai luoghi delle donne e ai loro archivi, istituzioni fondamentali per la conoscenza storica, per le molteplici culture rappresentate, che con la loro sedimentazione di memoria possono aiutare giovani, ricercatori e studiosie a ripensare un passato e costruire un futuro che renda possibile una nuova civiltà delle relazioni tra uomini e donne .

Anche per questo chiediamo che nei primi 100 giorni sia approvata dal Consiglio regionale, la riforma elettorale inserendo la doppia preferenza di genere per l’elezione del Consiglio, della giunta e di tutti gli organismi della regione Lazio.
Nei 5 anni di questo mandato proponiamo di fare le nomine in modo paritario (50e50 ovunque si decida) di uomini e donne competenti, con percorsi amministrativi trasparenti e verificabili.

Chiediamo di abolire la riforma Polverini Tarzia e ridefinire compiti e composizione della Consulta femminile.
In sintesi chiediamo di partire dalla consapevolezza che la regione Lazio è abitata da uomini e da donne, più donne che uomini, di decidere tenendo conto del nostro sapere e dei nostri diritti, di scegliere di qualificare l’ambiente, la cultura e la scienza, di qualificare il welfare per creare lavoro qualificato. Per donne e per uomini.

Siamo certe della tua attenzione e aspettiamo fiduciose una risposta

Le donne di Roma : Casa Internazionale delle Donne, Udi, Consulta dei consultori, Assemblea permanente donne contro la proposta Tarzia*, Be Free, Cora, Il Cortile, Coordinamento donne contro il razzismo

*L’Assemblea è costituita da numerose realtà associative, sindacali, degli ordini professionali, collettivi, singole donne. Significativo è che nel Lazio CGIL e UIL, oltre a moltissime altre istituzioni competenti e del settore, abbiano preso posizione contro la proposta di legge Tarzia.

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